Archivio mensile:Dicembre 2012

Palpeggiamento del sedere? Violenza sessuale a tutti gli effetti.

La riduzione della fattispecie legale di “congiunzione carnale”, vigente fino all’anno 1996, alla fattispecie legale di “atti sessuali”, cioè, il passaggio, della fattispecie legale di “violenza sessuale”, dalla compenetrazione di corpi (per vie usuali o inusuali) al contatto tra (parti qualunque) di corpi, la successiva riduzione della fattispecie legale (plurale) di “atti sessuali” alla fattispecie giurisprudenziale (singolare) di “atto sessuale”, per giunta, nella versione, bastante, di unico tocco ( su sfondo genericamente sessuale):

mentre avvicinano il fatto (di reato) al pensiero, e, per conseguenza, avvicinano a questo l’oggetto del giudizio penale (sed cogitationis poenam nemo patitur);

mentre inibiscono la riflessione tecnica su esso (fatto):

in un tocco, invero, è impossibile distinguere l’evento dalla condotta e viceversa, l’effetto dalla causa e viceversa, l’”atto” dalla violenza emanante e viceversa, e, per ciò, distinguere(ex art 609 bis ss cp) la fattispecie legale di “violenza sessuale” per “costrizione” dalla fattispecie legale per “induzione” e viceversa (e di fatti la giurisprudenza, in tale impotenza cognitiva, anzi, in tale volontà decognitiva, ha ripiegato, anzi ha deliberatamente eletto, nel “dissenso” della “vittima”, il surrogato della “violenza materiale”: si leggono insensatezze da parata, si legge, nella sentenza in epigrafe, di “violenza sessuale…. a maggior ragione….”: come se la violenza giuridica, materiale e causale immancabilmente, forza reale, abbisogni di “ragione”, forza logica, per porsi ed esporsi, come se la materia fosse logica e la sua legge, materiale, fosse legge logica….)…

mentre, si diceva, quelle riduzioni (e le loro evoluzioni), polverizzano il reale giuridico e la sua tecnica, esse dilatano spaventosamente la repressione giudiziaria e sociale della sessualità, la rimandano alla “mortalità” neotestamentaria, anzi, alla ineffabilità veterotestamentario del tabù (in Genesi, peraltro, Dio onnivorante volle per sé tutto l’eros degli umani)….

ebbene, questo ritorno sociogiuridicogiudiziario fu tra i doni, fatti alla Chiesa, recentemente evocati dal Berlusconi elettorale in cerca di contraccambi?

Fu uno dei tanti, invero, poiché il pur libertino Berlusconi, nel suo “ventennio”, legiferò per se non più che per la Chiesa cattolica proibizionista islamica (su sesso a tocco, sopra detto, su pornografie mentali anzi virtuali, prostituzioni razziste o classiste, turismi sessuali “antinazionali”, su intensificazioni delle fattispecie delle procedibilità delle incarcerazioni dei castighi delle interdizioni…) ….e per i suoi tribunali…

<< 20 Dicembre 2012
Palpeggiamento del sedere? Violenza sessuale a tutti gli effetti.
Confermata la condanna nei confronti di un uomo che aveva molestato una collega di lavoro. Assolutamente respinta la tesi difensiva, secondo cui i gesti compiuti, in ben due occasioni, erano da catalogare semplicemente come volgari. Assolutamente volgare, e deprecabile da un punto di vista morale, ma, soprattutto, sanzionabile penalmente. E anche in maniera grave… (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 49459/12; depositata il 20 dicembre) Perché il palpeggiamento del sedere, perpetrato da un uomo nei confronti di una donna, è da catalogare come violenza sessuale a tutti gli effetti (Cassazione, sentenza n. 49459, Terza Sezione Penale, depositata oggi). Volgarità… A sorprendere l’uomo, finito sul banco degli imputati, è proprio la durezza della condanna emessa in Tribunale e confermata poi in Appello: a lui, difatti, è stato addebitato il reato di violenza sessuale. Motivo? Il compimento, «in due occasioni diverse», di «atti sessuali» nei confronti di una collega, atti consistiti nel «palpeggiamento del sedere» della donna. Plausibile tale linea rigida? A rispondere negativamente, ovvio, è proprio l’uomo, che, proponendo ricorso per cassazione, contesta la pronunzia di secondo grado, puntando l’indice innanzitutto sulla ricostruzione dei fatti, fondata «esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa e di quelle di due testi ritenute di riscontro», e sulla mancanza di una «effettiva istanza di punizione» nella denuncia presentata dalla donna. Ma elemento decisivo è, sempre secondo l’uomo, l’eccessivo peso dato ai gesti da lui compiuti, inquadrabili sì come «comportamenti volgari» ma «privi della necessaria connotazione di atti sessuali». …o bestialità? Nessun fondamento, però, viene riconosciuto alla tesi proposta dall’uomo. Anche perché la vicenda è assolutamente chiara così come lapalissiana è l’offesa subita dalla vittima: vi è un «rilevante numero di riscontri probatori dei fatti denunciati», e dalla denuncia presentata dalla donna emerge un «chiaro intento punitivo» nei confronti dell’uomo, e poi, sottolineano i giudici, è cristallino anche il «danno morale patito» dalla donna e «documentato anche da apposita certificazione medica». E quest’ultimo passaggio permette, in conclusione, anche di affrontare l’aspetto più rilevante della linea difensiva dell’uomo, ossia la scarsa gravità dei comportamenti tenuti nei confronti della collega di lavoro. Su questo fronte i giudici si mostrano tranchant, chiarendo, in maniera netta, che «il palpeggiamento del sedere integra il reato di violenza sessuale», a maggior ragione quando «la vittima non ha possibilità di sottrarsi alla condotta posta in essere dall’aggressore», come avvenuto in questa vicenda quando la donna, con «le mani impegnate a portare i piatti», non aveva avuto alcuna possibilità di reagire. Assolutamente consequenziale, e logica, la conferma, quindi, della condanna nei confronti dell’uomo così come stabilita in Corte d’Appello>>.