Archivio mensile:Giugno 2013

Cassazione penale: nella concussione ex art 317 cp, la “induzione” può essere “costrizione”??!!

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sezione sesta, indicendo apposita seconda udienza previo rinvio della prima dopo la sua conclusione, ha invitato la parte a discutere se, nella concussione ex art 317 cp, la “induzione”  potesse essere  “costrizione”??!! Dopo il 319 quater sarebbe stata tenuta ad applicare la prescrizione del reato, maturata tra il primo ed il secondo grado del giudizio??!!  

1. sorgerebbe  questione, secondo la Corte, sul fatto se,  la concussione imputata a Tizio  sia della specie per costrizione o per induzione;

1.1 ma la questione parrebbe risolta ex ante, prima che sia posta ( e, anzi, che sia  ponibile), dalla imputazione, che rivolge all’imputato concussione della seconda specie:

dacchè era “notizia di reato”, dalla fase della sua “registrazione” (ex art 335 cpp),  allorchè,  peraltro,  non fu  mutata (pur potendo  esserlo: art 335 cit);

dopo questa,  nella fase della “descrizione sommaria del fatto….”,  ex art 292 cpp;

dopo questa, nella fase della “sommaria enunciazione  del fatto”  ex art 415 bis cpp (ove ancora non fu mutata, pur potendo esserlo: vd  disp cit);

dopo questa, nella fase della “enunciazione in forma chiara e precisa del fatto” (e stavolta quale  “imputazione”),  ex art 405-417 cpp;

dopo questa, della fase della “enunciazione in  forma chiara e precisa del fatto” ( in forma di “imputazione” presentabile al giudizio di merito) ex art 429 cpp (ove ancora non fu mutata, pur potendo  esserlo:  ex art 423 cpp);

dopo questa, nella fase della imputazione ritenuta (pur potendo non esserlo, potendo essere modificata ex artt 516 , 521.2 cpp) quale contenuto di prima sentenza, ex art 533 cpp, di seconda sentenza ex art 605 cpp;

1.2 e tal “sedimento”, della concussione per induzione, (per tale “traversìa” processuale), nella  imputazione,  non parrebbe  rimovibile (o modificabile) nella fase del giudizio di codesta Corte, per giunta sospinto (solo) da ricorso del difensore, quindi non “peggiorabile” (rispetto ad alcun profilo giuridicamente rilevante) per l’imputato;

1.3 non lo parrebbe, a meno che fosse negata la sedimentazione procedimentale del “fatto” (attribuito), negato che sia avvenuta, e  che, quindi, si imponga;

1.3.1 ciò che non sarebbe inipotizzabile, ma nel regime della disgregazione delle forme delle essenze del processo, della loro proliferazione accidentale, eventuale, occasionale (retto unilateralmente, creativamente, paragiuridicamente);

1.4 ed alla condizione che sia disgregato il “fatto”, la sua forma e la sua essenza giuridiche (la sua stessa conoscibilità giudiziaria, supponente la prefigurazione normativa);

 ed alla condizione che siano disgregate le sottoforme e le sottoessenze giuridiche  di esse (nella concussione, ad esempio, le azioni di costrizione o di induzione, i gerundi dell’abuso di qualità o di poteri del PUIPS, che le modella[va]no, gli eventi da essi generati…), disgregate insieme ai loro tipi e prototipi normativi (la costrizione è, nell’ordinamento giuridico generale e storico, iussiva, mentre la  induzione  è suasiva, e, anche per ciò, esse,  sono reciprocamente irriducibili);

1.5 ed alla condizione che siano disgregati tipologicamente gli impianti (stessi) delle previsioni, con i loro referenti materiali e teorici: la concussione sta(va) dentro una “norma a più fattispecie” (equivalenti ed) alternative, inattuabili simultaneamente,  inconfondibili formalmente, infungibili attivamente, la fattispecie per costrizione e la fattispecie per induzione:

aventi in comune la qualità dell’autore (PUIPS),  i modi della condotta ( abuso di qualità o di poteri) il presupposto di essa (metus publicae potestatis), ma aventi in proprietà  (esclusiva) le specie rispettive;

1.5.1 oggi, peraltro, le due specie,  della condotta, compongono ciascuna una fattispecie ed (e ad) una (sola)  norma (art 317, 319 quater cp) cpp (vd anche sub 3);

2. orbene solo alle or dette  condizioni sarebbe ponibile la questione de qua ; ma, esse, infrangerebbero, col subordinamento giuridico de quo,  l’ordinamento “generale” del codice (Libro Primo);

3. che l’ art 319 quater cp abbia preso il proprio “fatto” dall’art 317 cp, lo abbia denominato “induzione indebita…”  togliendolo al genere della concussione, facendone un altro genere (parente o affine  a quello della “corruzione”); che esso, oggi,  esponga  una fattispecie incriminatrice dell’indotto, oltre che dell’induzione, e dei loro autori, non pare neutralizzare l’efficacia della superiore argomentazione;

3.1 la successione  di leggi ex art 2.4 cp nella “concussione per” induzione, malgrado la sottrazione  di questa al genere originario e la sua (probabile)  immissione (quale specie) in altro genere  non può essere dubitata:

le fattispecie precettive sono conformi, conformi sono anche le loro situazioni oggettive e soggettive, punitorie e tutorie, di contesto e di  contorno;

difformi sono le fattispecie sanzionatorie ( e, ovviamente, i loro portati  effettuali, quando siano elementi di fattispecie sostanziali modificative od estintive: ad es. quella de qua agitur, della  prescrizione); ma proprio tale difformità, nella restante conformità, parrebbe indicare la successione sub 3.1;

3.2 d’altronde, la successione di leggi non ha nemmeno toccato la monosoggettività, della fattispecie precettiva e sanzionatoria della induzione (tanto che, questa, può divenire  eventualmente plurisoggettiva ex art 110 cp);

3.2.1 ciò,  nonostante che anche la fattispecie dell’indotto,  e del suo autore, sia, oggi, precettiva e sanzionatoria (parrebbe stare qui l’indice del mutamento del genere della induzione, non concussione ma “corruzione”, nella crescita della pariordinazione della induzione e dell’indotto, con i loro autori, nella decrescita della originaria subordinazione di essi, nella trasformazione  dell’indotto, e del suo autore, da evento e da soggettività passiva (da induzione) in azione ed in soggettività attiva;

3.2.2 ed anche questa, fattispecie  (che ovviamente non potrebbe regolare i fatti a sé  precedenti, soggiacendo al principio in art 2.1 cp),  è monosoggettiva (tanto da potere divenire eventualmente plurisoggettiva,  ex art 110 cp);

3.4 quella trasformazione non ha rimosso e nemmeno intaccato la immanenza morfologica e  assiologica della induzione,  sub  3.1, nella  successione di leggi ex art 2.4 cp; e questa pare ferma;

3.5 d’altronde, la  immanenza non sarebbe colpita dalla congettura (teorica) dell’avvento, con l’art 319 quater cp, di una “fattispecie necessariamente plurisoggettiva”, in luogo della precedente (solo eventualmente plurisoggettiva…);

3.5.1  sia perchè  la plurisoggettività ( necessaria, ma al pari di quella eventuale),  della materia, è attributo delle condotte (esecutive) dei reati, in specie monosoggettive, solo eventualmente plurisoggettive, per quanto sub 3.2, 3.2.2); 3.5.2 e per ciò la congettura sarebbe errata, si avrebbe in effetti una fattispecie ad eventi convergenti, e (in concreto) interagenti, da azioni monosoggettive (eventualmente plurisoggettive), all’esito delle quali la plurisoggettività sommerebbe  descrittivamente gli autori d’esse (ed i rispettivi eventi), ma non definirebbe la struttura della fattispecie;

4.  d’altronde, il disattendimento di quanto sub 3, non potrebbe non condurre alla rilevazione della abrogazione della “concussione per induzione”, con  la conseguenza ex art 2.2 cp (si chiede che sia eventualmente pronunciato);

                                                                                                                                    P.  Diaz

Sull’ art.195 c.p.p.

1. Tizio è imputato del delitto di cui all’art. 372 c.p. “perché, escusso come testimone davanti al Tribunale per i Minorenni di Beta nell’udienza dibattimentale affermava il falso dicendo che Caio non entrava nello spogliatoio della palestra per cambiarsi”;

2. Tizio, professore di educazione fisica di Caio, nel corso dell’anno scolastico X/Y ha deposto sulla modalità di svolgimento del cambio abiti degli studenti durante l’ora di ginnastica e, in particolare, sul comportamento del Caio e sulla frequentazione dello spogliatoio della palestra da parte di costui;

2.1. si osservi che Tizio è stato professore di Caio per solo nove mesi (anno scolastico X-Y), mentre negli altri due anni indagati nel procedimento ove le false dichiarazioni sarebbero emerse, insegnante di educazione fisica di Caio è stato Sempronio, anche egli sottoposto a indagini per il medesimo reato ex art. 372 c.p. per avere affermato che Caio non entrava negli spogliatoi della palestra, con successiva archiviazione del procedimento;

3. il Tribunale per i Minorenni, nella motivazione della sentenza di condanna (per reato di violenza sessuale ai danni Caio) ha rilevato “la sostanziale inattendibilità” della testimonianza di Tizio (ma altresì di Sempronio e di altri) nel passaggio in cui escluderebbe che Caio entrasse nello spogliatoio della palestra per cambiarsi;

3.1. in specie, la sentenza de qua, con riferimento, tra gli altri a Tizio, afferma:

3.2. “Tutti e tre, evidentemente consapevoli che l’asserito svolgimento dei fatti all’interno degli spogliatoi della palestra prima e dopo lo svolgimento dell’ora di educazione fisica, implicava l’omesso controllo di quanto accadeva all’interno dello spogliatoio, ed in particolare i tempi di accesso dei ragazzi alla palestra, sono incorsi in incaute affermazioni, smentite persino dagli stessi compagni degli imputati”;

ora, preliminarmente si osserva:

4. il codice di rito regolamenta il procedimento che deve essere osservato quando appare che il testimone violi l’obbligo di rispondere secondo verità e, in specie, allorché il Giudice ravvisi indizi di reato di falsa testimonianza in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto;

4.1. in particolare, quando reputi che il teste abbia reso dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il Giudice, con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, ne informa il Pm, trasmettendogli i relativi atti;

4.2. in altre parole, la rilevazione della notizia di reato, la formazione del suo contenuto, la trasmissione (diretta o indiretta) all’organo della azione penale, nel caso di specie,  appartengono alla “competenza funzionale” del Giudice della deliberazione della sentenza di merito;

4.3. orbene, nella sentenza de qua, non solo il decidente non esplica tale “competenza”, in nessuna delle sue componenti, ma nemmeno (incidentalmente) ravvisa la falsità della testimonianza, tanto meno per “affermazione del falso” (come in imputazione), giacché si limita a notare che la dichiarazione dell’interessato sarebbe stata “sostanzialmente inattendibile”, qualità bene altra rispetto a quella tipizzata in art. 372 c.p.;

4.4. per cui la “notizia di reato” è rilevata da altri, per iniziativa lesiva di quella competenza, e nella misura in cui ciò rifletta anche (essendone condizione) sulla iniziativa della azione penale, la difformità di questa dal modello legale ne comporta invalidità ex art. 178, co. 1 lett. b) c.p.p. (d’altronde l’assenza del potere dell’atto porta alla inammissibilità di esso);

5. d’altronde, se la “competenza funzionale” del Giudice si fosse esplicata ex art. 207, co. 2 c.p.p. (rilevando formando trasmettendo la notizia di reato) si sarebbe esplicata ancor prima ex art. 207, co. 1 c.p.p. (avviso al teste, avvertimento di cui all’art.497, co. 2 c.p.p.); anzi non avrebbe potuto esplicarsi quella senza questa (la norma, emersi “indizi di reità” in capo al teste, impone al Giudice di far rilevare a costui che le sue dichiarazioni sono contraddittorie, incomplete o contrastanti con altre risultanze, rinnovandogli eventualmente l’avvertimento dell’obbligo di dire la verità);

5.1. questa, con quella, oltretutto, volte al perseguimento di altri scopi, quelli di rimozione della falsa testimonianza in giudizio, mediante induzione, con gli avvisi e i richiami e le sollecitazioni in art. 207,co. 1 c.p.p., della ritrattazione di essa;

5.2. ritrattazione peraltro integrante causa di non punibilità ex art. 376, co. 1 c.p.;

5.3. della quale il testimone avvisato di falsità, peraltro, aveva il diritto di avvalersi (“non oltre la chiusura del dibattimento”);

6.4. testimone che quindi aveva diritto di non essere incriminato se non a stregua e a seguito del procedimento indicato;

6.5. diritto assistito processualmente dalla comminatoria di invalidità degli atti che lo violassero ex art. 178, co. 1, lett. c) c.p.p.;

inoltre, nel merito si osserva:

7. Tizio è imputato del delitto ex art. 372 c.p. nella forma, secondo la lettera dell’imputazione, della “affermazione del falso”, ma in verità addebitando a costui non la difformità positiva tra  dichiarazione e scienza, cioè di avere finto una percezione sensoria che realmente non ha avuto, bensì di avere occultato (difformità negativa tra dichiarazione e scienza) un fatto che si assume a lui noto (“dicendo che Caio non entrava nello spogliatoio della palestra per cambiarsi”);

7.1. tuttavia, il reato imputato, nella forma de qua, sussiste materialmente allorché il testimone neghi che un fatto o una circostanza, realmente avvenuti in determinate circostanze di tempo e di modo, e a lui note, siano avvenuti in quel tempo e in quel modo (Manzini);

8.  difetta, allora, in specie, la materialità del fatto delittuoso imputato a Tizio, se costui, interrogato genericamente in merito alla presenza di Caio nello spogliatoio e non rispetto a un giorno e a un episodio specifico ad essa connesso, ha fornito risposte di tipo ponderale, aspecifiche, descrittive di una condotta consuetudinaria, peraltro mutata nel tempo, ben lungi dal contenere, le risposte cennate, una esclusione assoluta della circostanza che l’imputazione assume negata;

                                                                               Carlo Manca e Simona Todde con Pietro Diaz

Sull’introduzione della testimonianza indiretta (art. 195 c.p.p.)

Corte di Appello di Cagliari – Sez. Distaccata di Sassari, Pres Azzena, sentenza n. 674 16.10.12

il procedimento trae origine dalla denuncia presentata C, avente ad oggetto presunti abusi sessuali che il marito M. avrebbe compiuto ai danni della comune figlia, durante uno degli incontri disposti con provvedimento del Tribunale per i Minorenni;

Su l’art 195 c.p.p…

al riguardo non è condivisibile l’interpretazione dell’art 195 cpp fornita dalla difesa, secondo la quale tale norma detterebbe una rigida e assoluta sequenza cronologica, nel senso che il teste diretto dovrebbe essere sentito dopo quello indiretto…

1. Ma in verità, la difesa aveva sostenuto che teste indiretto è colui che, (immancabilmente) dedotto (solo così è deducibile) quale teste diretto (su fatti da lui visti o uditi), giacchè la testimonianza ha ad oggetto “circostanze” (art 468 cpp) quali fatti (art 499 cpp), non altre testimonianze o dichiarazioni personali, potrebbe divenire teste indiretto quando riferisca di avere appreso da altri quanto oggetto della prova), e lo diviene sempre nel corso della sua testimonianza (supposta diretta), davanti a giudice della cognizione di merito (art 195 cpp);

1.1 e aveva sostenuto che, quando accada, la testimonianza sarebbe efficace se le parti od il giudice non postulino la testimonianza diretta; che, per ciò, la sua efficacia è nella disponibilità delle parti, o del giudice, e che viene meno quando questi postulino quel mezzo di prova;

1.2 e aveva sostenuto che, per ciò, è inammissibile la deduzione (all’esordio del giudizio) della testimonianza indiretta come tale; tanto più quando sia dedotta quella diretta; perché, in questo caso, la indiretta sarebbe irrilevante ex art 190 cpp, perché non pertinente all’oggetto della diretta, o superflua, ancora ex art 190 cit;

1.3 peraltro, in specie, essa era stata dedotta per contraffare la diretta, che negava il reato, affinchè lo affermasse, mediante sostituzione della propria dichiarazione all’altra, e come emessa dalla diretta stessa, per contraffazione appunto, e per interposizione di altro mezzo (di prova), un medium che parlasse con la voce dell’altro, in una forma proceduralmente obbrobriosa, anche perché responsabilizzante il testimone diretto per dichiarazione altrui, non propria, pur essendo giuridicamente responsabile (anche penalmente) della propria (la deduzione di più testimoni sullo stesso fatto, d’altronde, vuole che abbiano il medesimo rapporto, di vista o di udito, con esso);

1.3.1 era stata dedotta, insomma, come prova illegittima, se non illecita; dedotta inammissibilmente, da dichiararsi inammissibile, se non inattendibile;

1.4 d’altronde, allorchè la sentenza (4.2, 4.3) individua la condizione (unica) di inutilizzabilità (formale) della indiretta ove non fosse addotta la diretta benchè richiesta, e lo fa richiamando apposita Cassazione, è totalmente sul modello procedurale sub 1, benché non lo intenda, con illogicità manifesta;

1.5 Illogicità, per giunta, rincarata dal richiamo di altra Cassazione, la quale nettamente subordina l’utilizzabilità della indiretta al caso che “non si faccia luogo …all’esame”del testimone diretto(vd ivi); caso estraneo a quello di specie;

1.6 ed allorchè (5) la sentenza nega che assurga a principio il divieto di testimonianza della p.g., perchè esso sarebbe limitato alle informazioni “formalmente verbalizzate” , e rileva che i familiari della bambina non avrebbero avuto obbligo di verbalizzazione, trascura che, il limite evocato, ricorre puntualmente nella specie, giacchè, i predetti, furono dedotti a testimoniare su dichiarazioni, della bambina, (iper) verbalizzate (nell’incidente probatorio); per cui l’obiezione potrebbe poggiare solo sul rilievo che, quei familiari, non sarebbero p.g.; ma sarebbero pari alla pg, davanti alla ratio del divieto su questa (che perciò, se non fosse esteso a quelli, innescherebbe irragionevolezza della disciplina ex art 3 cost, la renderebbero costituzionalmente illegittima).

Pietro Diaz