Archivio mensile:Febbraio 2015

“I GABELLIERI” (ricevuto da Antonio Urtis)

“I GABELLIERI”
visti da uno scrittore arabo
di Siviglia del Xii Secolo (*)

I gabellieri.  

Il gabelliere è la peggiore delle creature che Allah abbia messo sulla terra, simile alla  vespa che è stata creata per nuocere, e non per essere di qualche utilità.
Egli non fa  che occuparsi di far del male ai musulmani e vi si applica senza sosta, aprendo la  porta a chiunque possa far loro un torto e chiudendola a chiunque possa loro  procurare bene e profitto.
Egli è maledetto da Allah e dall’intera popolazione.
Il qadî deve fargli prestare giuramento, delimitare esattamente i suoi poteri e non lasciargli  disporre dei beni del pubblico a suo piacimento e secondo quanto gli sembri  conforme ai propri interessi. Egli gli parlerà e lo biasimerà senza ambagi.
Il vizir, in  presenza del qadî, gli fisserà la misura di ciò che egli riceverà sui prodotti soggetti a  gabella, senza che egli possa aumentarla o diminuirla. Nel caso in cui esigesse di più,  sarà punito, imprigionato e bastonato.
…..  … ( Il qadî ) sorveglierà il gabelliere e lo sottoporrà a controllo permanente, perché  questo personaggio non ha, né coscienza professionale, né religione e decide a suo  piacimento sulla proprietà del popolo.  …
Inoltre il gabelliere è il vero maledetto, lui che terrorizza la gente avvalendosi costantemente della sua autorità superiore, il che gli consente di manifestare le sue  richieste e di saccheggiare la gente ingiustamente, senza che le sue iniziative siano  ratificate in alto luogo. Non bisogna, allora, disinteressarsi di quanto lo riguarda.
Nel  caso in cui il vizir cercasse di coprirlo dicendo: «Egli agisce in tal modo per  l’interesse dello Stato!», gli si risponderà: «è dal suo denaro che il sovrano ricaverà  veramente vantaggio, ovvero dalla consapevolezza di aver bene adempiuto ai suoi doveri? Non si tratta, prima di ogni cosa, dei beni del popolo?».
(*) Dal trattato «Taghyir al – munkar» (la correzione dei torti) sulla vita urbana e i  corpi di mestiere di Ibn Abdun, scrittore arabo di Siviglia, XII secolo, sotto il regno della dinastia araba degli Almohadi.
Traduzione (quasi) letterale dall’arabo di Enrico Altieri.

Sul potere di prelievo fiscale

 

Va posto in questione “il sistema tributario” (art 53.2 cost.):
nel suo fine:
(di provvedere al) “le spese pubbliche” (quale sia possa e debba essere, costituzionalmente, la nozione d’esse);
nel suo mezzo:
il “concor(so) di tutti” ad esse (art 53.1 cost: quale sia la nozione, e la implicazione pratica, dei due termini);
nel suo limite:
“in ragione della… capacità contributiva” (art 53.1 cost), di ciascuno, posto che:
a ciascuno vanno “riconosciu(ti) e garanti(ti) i diritti inviolabili dell’uomo” (art 2 cost);
la “dignità sociale” (art 3.1 cost) ed “il pieno sviluppo della persona umana” (art 3.2 cost);
“una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia una esistenza libera e dignitosa” (art 36 cost);
la “liber(tà)”, cioè l’utilità, del”la iniziativa economica privata” (art 41.1 cost), l'”accessibil(ità)(del)la proprietà privata (ed il suo ) godimento ” (art 41.2 cost).

Porre (adeguatamente) in questione tutto ciò, potrebbe condurre, giuridicamente (e politicamente), all’abbattimento, per illiceità costituzionale, dell’iniquo (fino all’empietà) “sistema tributario” vigente.

Diaz

La Corte di giustizia UE contro l’Agenzia delle Entrate: la sostanza prevale sulla forma

La Corte di giustizia UE contro l’Agenzia delle Entrate : la sostanza prevale sulla forma

Posted on 19/01/2015 by simonetta

http://www.fiscoediritto.it/ue-internazionali/il-diritto-alla-detrazione-iva-prevale-sui-formalismi/

 

La Corte di giustizia UE, con sentenza dell’11 dicembre 2014, causa C-590/13 Idexx Laboratories Italia srl contro Agenzia delle Entrate ha affermato che il diritto alla detrazione dell’IVA afferente agli acquisti intracomunitari di beni non può essere negato per via della mancata integrazione e registrazione delle relative fatture. Ancora una volta, dunque, i giudici comunitari confermato il principio secondo cui la sostanza prevale sulla forma.

Il giudizio della Corte assume particolare rilevanza poiché, come può desumersi dalle parti coinvolte nel procedimento, la fattispecie esaminata riguarda alcune norme del nostro ordinamento, spesso (seppur non sempre ultimamente) interpretate da prassi e giurisprudenza in ossequio al principio della prevalenza della forma sulla sostanza.

La questione pregiudiziale verte sul diritto alla detrazione dell’IVA relativa agli acquisti intracomunitari di beni effettuati da una società italiana (Idexx), che gode del pieno diritto di detrazione dell’imposta afferente alla propria attività d’impresa, ma che non aveva operato nel rispetto degli obblighi previsti dagli artt. 46 e 47 del DL 331/93. La società, infatti, non aveva applicato il meccanismo del reverse charge, ossia non aveva provveduto a numerare ed integrare le fatture ricevute dai fornitori comunitari (indicandovi l’aliquota Iva applicabile e l’imposta dovuta) e ad annotare le stesse sia nel registro IVA degli acquisti intra-comunitari che nel registro IVA delle vendite intra-comunitarie.

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di verifica fiscale, aveva contestato il mancato rispetto dei suddetti obblighi e conseguentemente aveva proceduto a rettificare la dichiarazione annuale IVA, disconoscendo il diritto alla detrazione e pretendendo il versamento dell’imposta; l’Agenzia delle Entrate aveva, inoltre, applicato una sanzione pari al 100% dell’imposta.

Chiamata ad esprimersi sulla questione, la CTR Lombardia confermava la posizione dell’Agenzia delle Entrate, osservando che l’omessa registrazione delle fatture in questione costituisce “una violazione attinente non alla forma, bensì alla sostanza, integrando un’infrazione tale da giustificare la rettifica o l’accertamento”.

Forte della convinzione che gli acquisti intracomunitari –non facendo sorgere né debiti né crediti d’imposta- non producono effetti sostanziali, ma solo obblighi formali di annotazione “di una partita di giro nei due registri IVA” è ricorsa alla Corte di Cassazione.

I supremi giudici hanno rimesso la questione alla Corte di giustizia ritenendo che la soluzione della controversia risieda nell’interpretazione da dare alla sentenza Ecotrade (cause riunite C-95/07 e C-96/07 dell’8 maggio 2008)

Ebbene, come ricordato dai supremi giudici, il caso Ecotrade (i cui principi sono stati confermati in occasione della causa C-284/11 del 12 luglio 2007 EMS Bulgaria Transport OOD) ha generato, nell’ordinamento giuridico nazionale, due differenti filoni interpretativi:

– un primo filone in base al quale il diritto alla detrazione è subordinato al rispetto degli obblighi -aventi dunque natura sostanziale- di autoliquidazione dell’imposta e di duplice registrazione della fattura comunitaria debitamente integrata (in tal senso Cass. 20 marzo 2013 n. 6925, Cass. 11 settembre 2013 n. 20771, Cass. 23 ottobre 2013 n. 24022);

– un secondo filone in base al quale il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’IVA diviene esigibile (come prescritto dall’art. 19 che recepisce le  previsioni di cui all’art. 167 della Direttiva 2006/112/CE) e non a seguito del compimento delle formalità previste per l’esercizio di tale diritto, con la conseguenza che queste ultime hanno mera natura formale (in tal senso Cass. 5 maggio 2010 n. 10819; Cass. 8 aprile 2013 n. 8038; Cass. 6 settembre 2013 a cui fanno eco le posizioni assunte dall’Agenzia delle Entrate dapprima con RM 6 marzo 2009 in recepimento del caso Ecotrade e, più di recente, con C.M. 18 dicembre 2013 n. 35/E); secondo tale orientamento, dunque, il mancato adempimento degli obblighi formali non determina il venir meno del diritto alla detrazione, ma può giustificare l’applicazione di sanzione amministrative.

I giudici europei confermano che la sentenza Ecotrade deve essere interpretata nel senso indicato dal secondo filone. Invero, in ossequio al principio di neutralità dell’imposta, il diritto alla detrazione dell’IVA deve essere riconosciuto se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti e ne sia data prova certa. Ciò vale anche se il soggetto passivo non ha adempiuto taluni obblighi formali, a patto però che la violazione dei requisiti formali non abbia l’effetto di impedire che sia fornita prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali.

In caso di acquisti intracomunitari di beni, i requisiti sostanziali esigono che:

– gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo;

– il soggetto passivo sia debitore dell’IVA relativa a tali acquisti;

– i beni siano utilizzati al fine di porre in essere operazioni imponibili (o, deve intendersi, altre operazioni che danno diritto alla detrazione dell’imposta).

Certamente non è casuale che la Corte di giustizia non richiami, nel suo ragionamento, le disposizioni di cui all’art. 242 della Direttiva n. 2006/112/CE, che pone a carico di ogni soggetto passivo l’obbligo di tenere una contabilità sufficientemente dettagliata per consentire l’applicazione dell’IVA e il suo controllo da parte dell’Amministrazione fiscale. Invero, questa disposizione non può far giungere ad una conclusione diversa rispetto a quella pronunciata.

In nuce, ciò che importa, ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA, è l’effettività dell’acquisto.

Ed infatti, quando l’acquisto viene meno, viene meno anche il diritto alla detrazione ad esso connesso, come sostenuto dalla stessa Corte di giustizia nella sentenza del 13 marzo 2014, causa C-107/2013, Firin OOD.  La causa aveva ad oggetto il diritto alla detrazione dell’imposta assolta su una fattura di acconto per una cessione di beni che non si è mai perfezionata. Posti di fronte ad un simile mutamento delle condizioni esistenti al momento della fatturazione dell’anticipo, i giudici comunitari concludono che l’amministrazione finanziaria ha titolo per esigere la rettifica dell’IVA inizialmente detratta, oltretutto a nulla rilevando che il fornitore resti debitore di tale imposta e non abbia rimborsato l’acconto.

Si auspica adesso un indirizzo unitario della Corte di Cassazione che, anche successivamente al rinvio pregiudiziale, ha continuato a prendere posizioni altalenanti prediligendo a volte la forma (si veda Cass. 12 febbraio 2014 n. 3107), a volte la sostanza (si veda Cass. 21 maggio 2014 n. 11168).

Simonetta La Grutta