“I GABELLIERI” (ricevuto da Antonio Urtis)

“I GABELLIERI”
visti da uno scrittore arabo
di Siviglia del Xii Secolo (*)

I gabellieri.  

Il gabelliere è la peggiore delle creature che Allah abbia messo sulla terra, simile alla  vespa che è stata creata per nuocere, e non per essere di qualche utilità.
Egli non fa  che occuparsi di far del male ai musulmani e vi si applica senza sosta, aprendo la  porta a chiunque possa far loro un torto e chiudendola a chiunque possa loro  procurare bene e profitto.
Egli è maledetto da Allah e dall’intera popolazione.
Il qadî deve fargli prestare giuramento, delimitare esattamente i suoi poteri e non lasciargli  disporre dei beni del pubblico a suo piacimento e secondo quanto gli sembri  conforme ai propri interessi. Egli gli parlerà e lo biasimerà senza ambagi.
Il vizir, in  presenza del qadî, gli fisserà la misura di ciò che egli riceverà sui prodotti soggetti a  gabella, senza che egli possa aumentarla o diminuirla. Nel caso in cui esigesse di più,  sarà punito, imprigionato e bastonato.
…..  … ( Il qadî ) sorveglierà il gabelliere e lo sottoporrà a controllo permanente, perché  questo personaggio non ha, né coscienza professionale, né religione e decide a suo  piacimento sulla proprietà del popolo.  …
Inoltre il gabelliere è il vero maledetto, lui che terrorizza la gente avvalendosi costantemente della sua autorità superiore, il che gli consente di manifestare le sue  richieste e di saccheggiare la gente ingiustamente, senza che le sue iniziative siano  ratificate in alto luogo. Non bisogna, allora, disinteressarsi di quanto lo riguarda.
Nel  caso in cui il vizir cercasse di coprirlo dicendo: «Egli agisce in tal modo per  l’interesse dello Stato!», gli si risponderà: «è dal suo denaro che il sovrano ricaverà  veramente vantaggio, ovvero dalla consapevolezza di aver bene adempiuto ai suoi doveri? Non si tratta, prima di ogni cosa, dei beni del popolo?».
(*) Dal trattato «Taghyir al – munkar» (la correzione dei torti) sulla vita urbana e i  corpi di mestiere di Ibn Abdun, scrittore arabo di Siviglia, XII secolo, sotto il regno della dinastia araba degli Almohadi.
Traduzione (quasi) letterale dall’arabo di Enrico Altieri.

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