ISLAM IRAN ITAL e iI tabù del sesso

1. Golrokh Ebrahimi Iraee, femmina in Iran dove “il genere” è sodomizzato sociopoliticamente dal maschio, è a lui asservito (anche) come insegna della sconfitta del potere femminile dal potere maschile (entrambi storici non solo mitici). Più in particolare come insegna della appropriazione individuale della sessualità femminile procreativa, prodigiosa e arcana, allora, e offerta ad arbitrio alla comunità maschile indifferenziata. Golrokh, si diceva, nell’estremo rifugio critico fatto di un taccuino ad uso diario,annota una fantasia:
una donna che guarda un film dell’anno 2008, “La lapidazione di Soraya M.” (tratto dalla realtà giudiziaria) e che, sconvoltane, dà fuoco ad una copia del Corano:
la fonte legislativa della “repubblica” khomeinysta, che la lapidazione impartisce, a sostegno della repressione della sessualità femminile che attentasse al potere maschile; e che è (perfino) eseguita “democraticamente”, da una rappresentanza del popolo che con ritmici lanci di pietre contunda l’adultera, in piazza, finché muoia (il sistema punitivo ha diviso il lavoro: al “giudice” l’ordine della lapidazione, al popolo la sua esecuzione: giustizia del popolo- variante della nostra: in nome del popolo-).
Così la repubblica “rivoluzionaria” celebra i fasti del potere maschile, e gli accredita il consenso popolare (anche a camuffare l’infamia della sua “giustizia”).
Addì 6 di settembre 2014 il taccuino di Golrokh è scoperto, nel corso di un’ispezione delle “Guardie rivoluzionarie” nella casa dove abita col marito, l’attivista Arash Sadeghi.
Arrestata, è ripetutamente interrogata, bendata, col volto al muro e “persuasa” dall’ascolto delle urla del marito appositamente torturato nella stanza accanto. Per 20 giorni nel carcere di Evin, senza avvocati o familiari.
E’ stata accusata, da La Sezione 15 della Corte Rivoluzionaria, di “insulto all’Islam”, “diffusione di propaganda contro il sistema” di “offesa alle figure sacre dell’Islam”.
Sadeghi, dal suo canto, è stato accusato di “diffusione di propaganda contro il sistema”, “collusione contro la sicurezza nazionale” “offesa al fondatore della Repubblica islamica”. La sua colpa starebbe in una sequela di post su Facebook e mail inviate a giornalisti, attivisti per i diritti umani stranieri e all’emittente Bbc Persian.
Di seguito a processi fatti apposta in favore dell’accusatore, dove la difesa è ingrediente rituale quando non espulsa dall’aula o impedita ad entrarvi, ed “il giudice” è (im)pura emanazione del suddetto: Iraee è condannata a sei anni e mezzo di carcere. Sadeghi a quindici anni.
2. I capi di accusa e di condanna dell’una e dell’altro sono fatti di parole. Quelle del taccuino o dei post o delle mail e quelle proprie, poste in conflitto (contro il sistema, contro la sicurezza nazionale..). Lì dove esse si intersecano, sono in gioco “logiche” di potere e di critica del potere, tabù (autentici) e loro violazione. Perché l’assoggettamento della sessualità femminile ha tabuizzato talmente la esclusiva individuale maschile, che questa si è trasfigurata nell’Islam, tra le sue figure sacre. E talmente che, prima ancora dell’adulterio (che confuta quella esclusiva e la sua conquista di per sè), la sola critica (per giunta femminile) d’esso, pur se critica dell’ infame atrocità della lapidazione dell’adultera, è insulto all’Islam, offesa alle figure sacre dell’Islam. Perfino offesa del sistema, e della sicurezza nazionale.
Quando ciò avvenga, il potere socioeticopoliticogiuridico si è assolutizzato tanto quanto il divieto tabuico. Corrispondentemente ha brutalizzato la propria difesa, anticipata già nell’insulto, la parola, l’intenzione d’essa, l’essere umano in sé, incondizionatamente condannabile a morte civile o fisica.
E tanto da essere, e da apparire, orgiastico.
3. Ma chi pensasse che il Corano sia fonte della sola legge penale iraniana, non d’altri popoli, altre nazioni, altri Stati, non della legge italiana, potrebbe illudersi incautamente se non stoltamente.
Solo a mò di esempio:
per art. 600 ter cp, chi “utilizzi” minori degli anni diciotto per produrre “materiale pornografico” (o per esibizioni o spettacoli pornografici) – col pieno consenso e profitto del “minore” (e per lo più dei suoi genitori), si intende. Cioè chi simuli, non attui, sessualità (benchè lo faccia con carni ed ossa), è punibile con dodici anni di reclusione e 240000 euro di multa!
Basterebbe ciò per accorciare la distanza socioeticopoliticogiuridica dell’Italia dall’Iran, dalla sua (letale) foga tabuistica in materia sessuale.
Ma la distanza, da quella foga primordiale, pare perfino annullata, se non sorpassata, quando si osservi che, per art. 600 quater cp, se il materiale pornografico sia prodotto non “utilizzando” il “minore” in carne ed ossa, ma elucubrando “immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori…” – e “per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali..”- : il malcapitato grafico della più pura fantasticazione sulla sessualità “minorile” è punibile con la pena suddetta!
Quando ciò si osservi: sarà pari, la legge penale italiana a quella islamica? Sarà Iran, l’Italia, nella tabuizzazione della sessualità?
Ed al micidiale danno socioeticogiuridico, come per lo più accade segue la beffa:
perché quella legge, del mese di febbraio 2006, fu emanata dal Governo e dalla maggioranza parlamentare dei “libertari” berlusconiani ….

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