Archivio mensile:Novembre 2019
CAPRISTO PROCURATORE A TARANTO, ARCELOR MITTAL, “ ILVA”…
Nel corso delle indagini per l’incendio del celebre teatro Petruzzelli in Bari, la sorte di un accusato sta nel verbo di un testimone.
Che tuttavia è morente.
Lo interroga un magistrato, che non riesce ad avere risposta ne’ orale ne’ scritta.
1.Oralità o scrittura e lingua (alfabetica) italiana, della risposta, sono forme intuitivamente immancabili della “dichiarazione” del testimone.
Esse comunque si traggono dalla procedura, per la quale. gli atti del processo hanno lingua italiana (art 109).
E per la quale (argomentativamente), ove il teste sia sordo la domanda gli e’ rivolta per scritto e la risposta e’ data oralmente . Ove il teste sia muto, la domanda gli e’ rivolta oralmente e la risposta e’ data per scritto (art 119).
1.1 Perciò, la dichiarazione del testimone espressa in altre forme e’ proceduralmente inefficiente.
1.2 Peraltro, sempre secondo la procedura, ove il testimone (quello del caso è morente) sia incapace (fisiopsichicamente) di emettere una dichiarazione, e’ vietato avviarne l’audizione (art 196).
MA IN DISPREGIO DI CIO’
2.Quel magistrato ne avvia l’audizione, e constatata l’inacquisibilità di una dichiarazione orale o scritta in lingua alfabetica, anziché desistere, si intrattiene col testimone, ed affermando di avere percepito, mentre incidentalmente nomina l’accusato, un’assenziente “occhiata” del moribondo, la mette a verbale ….
2.1 Poi aggrava il dispregio, giacchè, se egli solo avrebbe percepito l’”occhiata” ed egli solo ne sarebbe stato testimone, egli indossa la doppia veste di procuratore-testimone, contro il (drastico) divieto di cui all’ art. 197 cpp..
E DOPO CIO’
3.Con un’accusa siffatta e siccomposta, porterà a giudizio l’accusato, e ne otterrà condanna. Va comunque aggiunto che, il condannato, sarà assolto in appello!
IL NOME DI QUEL MAGISTRATO? Capristo.
4.Il quale nondimeno, per quanto se ne sa, potrebbe essere omonimo del procuratore a Taranto che ( a come riferiscono le prime cronache), su Arcelor Mittal, ha concepito (oltre altro):
che nell’uso dei “mezzi produzione” industriali (forni, materie prime) la società avrebbe compiuto ( o sarebbe per compiere, con l’annunciato spegnimento dei forni) “distruzione” di essi. La condotta vietata dall’art 499 del codice penale, con la quale il suo artefice politico, B.Mussolini, si propose di tenere a bada, niente di meno, i sabotaggi (ostili al regime) propriamente clastici, devastatori, demolitori!
Neppure immaginabili in specie.
Anche perché “distruzione” ha nozione penale specifica, non ravvisabile in condotte prossime (di menomazione deterioramento trasformazione mutamento di destinazione, semplice danneggiamento etc).
E per ciò invariabilmente contiene sabotaggio.
pietro diaz
CASSAZIONE A SEZIONI UNITE (OLTRE O SENZA O) CONTRO LA LEGGE PROCESSUALE PENALE
E’ stata posta, al giudice monocratico, questione sulla persona della p.o. pc. quale testimone ex art 197 bis cpp; sulla inammissibilità o invalidità di altra specie. Sulle conseguenze della assunzione della p.o., p.c. quale testimone comune:
1.Il giorno…., figlia e genero di…, sono avvicinati dalla persona offesa, che consegna ad essi uno scritto (prodotto e in fdib.) dicente: Tieni …–….. –tra le tante cose che ignori c’è anche questo: tuo padre ha bisogno di essere curato perchè la smetta di fare del male agli altri e a se stesso e perchè finisca per me il film dell’orrore nel quale mi trovo di giorno …….. io non posso fare più niente, nemmeno evitare che la notizia, con la sua fotografia, finisca sul giornale quando verrà processato. Questa comunicazione fatta per iscritto è stata ritenuta gravemente diffamatoria e minatoria da …., e in quanto tale è stata da lui querelata. E’ stato avviato procedimento penale per reato di diffamazione. Esso è stato indirizzato dal Procuratore della Repubblica verso l’archiviazione perchè non vi sarebbe stato dolo di diffamazione, né vi sarebbero state minacce o altro reato. … ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione. L’opposizione è stata dichiarata inammissibile de plano (la difesa lo apprende sul momento per indicazione della difesa di p.c). senza che, all’opponente né al suo difensore … ne fosse data comunicazione (tuttora omessa). La p.o. p.c. risultava “testimone archiviato”, puntualmente rientrante nella specie prevista e regolata dall’art. 197 bis cpp, quale testimone assistito da un difensore, facultato a tacere o a non dire contro sé, onerato, nella dichiarazione, da conferme estrinseche della sua attendibilità, etc..
La difesa, ripetesi, ha posto la questione, premesso che, se i reati attribuiti rispettivamente ai due non fossero connessi (nei relativi procedimenti: art 12 cpp), sarebbero collegati per reciprocità di offesa e probatoriamente ex art 371.1 b) c). La pc si oppone (ambendo all’accredito della testimonianza senza conferma della sua attendibilità). Si oppone anche il PM.
1.1.Il giudice: in relazione all’audizione della persona offesa visto il consolidato orientamento delle Sezioni Unite del 2010, dispone che l’audizione della persona offesa sia effettuata nelle forme ordinarie, essendo un testimone comune in quanto intervenuta archiviazione nei suoi confronti, così come da documentazione prodotta all’odierna udienza.
1.2 perchè sarebbe testimone comune, essendo per (chiara) legge di art 197 bis cpp “testimone archiviato”? Per legge e per ripetute sentenze di Consulta, che si erano astenute dall’affermarlo poichè avrebbero dovuto svolgere attività legislativa (di abrogazione parziale della legge indicata) non spettante ad essa (vd dopo). Ed il consolidato orientamento delle Sezioni Unite del 2010 risponde alla domanda, spiega le ragioni del disattendimento della affermazione contraria (vd tra poco) ? Con esso non risponde la ordinanza. Insomma, ha una motivazione l’ordinanza che non sia aprioristicamente assertiva? Si riportano in (corsivo) gli argomenti di SSUU cit con rapidi commenti della difesa (in grassetto):
Corte di cassazione penale sezioni unite 29 marzo 2010 n 12067 premette:
la Corte costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale del comma 1 dell’art. 197 – bis c.p.p. “nella parte in cui non prevede che anche le persone indagate in un procedimento connesso ai sensi dell’art. 12 o di un reato collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc. pen. possano essere sempre sentite come testimoni – con le garanzie di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 della citata norma […] – quando nei loro confronti è stato pronunciato decreto di archiviazione ai sensi dell’art. 411 cod. proc. pen.”, nonché del comma 5 del medesimo articolo, “nella parte in cui non prevede la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle dette persone contro di esse nel procedimento conseguente alla eventuale riapertura delle indagini”, la dichiarò manifestamente inammissibile con ordinanza n. 76 del 2003, rilevando che:
–nell’assetto scaturito dalla legge 1 marzo 2001, n. 63 (che ha ridefinito i casi di connessione tra procedimenti e di collegamento tra reati, modificato l’art. 197 c.p.p. con ampliamento del novero dei provvedimenti idonei a far cessare la incompatibilità a testimoniare, in precedenza individuati nella sola sentenza irrevocabile di proscioglimento, e previsto nell’art. 197 – bis c.p.p. una particolare disciplina e specifiche garanzie per l’esame testimoniale dell’imputato sul fatto altrui) l’incompatibilità con l’ufficio di testimone per gli imputati in procedimento connesso o di reato collegato è stata esclusa a condizione che siano stati definitivamente giudicati (e sia perciò operante il divieto di bis in idem), ovvero a condizione che abbiano volontariamente assunto la veste di testimone (a seguito dell’avviso a norma dell’art. 64, comma 3, lettera c, c.p.p.) e non siano imputati dello stesso fatto (art. 12, comma 1, lettera a, c.p.p.);
e premette:
Sulla scia di tale ordinanza, che pur si muoveva nell’ambito della questione posta e opponeva essenzialmente un non possumus istituzionale, la giurisprudenza di legittimità si è consolidata nella tesi che il provvedimento di archiviazione, in quanto atto inidoneo a produrre una situazione di stabilità processuale pari a quella di un’assoluzione irrevocabile, non determina il venir meno dell’incompatibilità prevista dall’art. 197 c.p.p., e che, quindi, stante la ratio di tale norma, costituita dal principio del ne bis in idem (che non può essere posto a fondamento dell’archiviazione, provvedimento definitivo allo stato degli atti), sussiste l’incompatibilità a testimoniare dell’indagato archiviato, salvo il caso che lo stesso, previamente avvertito, abbia rinunciato ad avvalersi della facoltà, riconosciuta dall’art. 64, comma 3, lett. c) c.p.p., cui fa espresso rinvio l’incipit della lettera b) dell’art. 197 c.p.p., di non rispondere anche sui fatti riguardanti la responsabilità di altri, nel qual caso è legittima la sua assunzione come testimone assistito. Sostanzialmente in tal senso v. sez. 6, 1 febbraio 2005, n. 22402, P.M. in proc. Gilbo, Rv. 231851; sez. 5, 15 marzo 2007, n. 15804, Grimaldi, Rv. 236556; sez. 2, 10 aprile 2008, n. 26819, Dell’Utri, Rv. 240946; sez. 2, 9 luglio 2008, n. 34843, Manticello, Rv. 241298; sez. 6, 7 ottobre 2008, n. 44274, Russo, Rv. 242386.
Ebbene
– Ad avviso del Collegio, tale orientamento va rimeditato.
”rimedita(..)”, il Collegio, l’orientamento formatosi sulla scorta di una ordinanza della Corte Costituzionale che aveva dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art 197 bis cpp, perché il suo accoglimento avrebbe imposto alla Corte attività attribuita al legislatore parlamentare (cioè attività modificativa, in tutto o in parte, della legge vigente, mediante l’adozione di scelte normative discrezionali ). Rimedita il Collegio di attribuirsi il potere di compiere quella attività.
Peraltro prosegue
La citata lett. a) del comma 1 dell’art. 197 poneva un’incompatibilità assoluta per i coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’art. 12, precisando espressamente che la stessa permaneva anche se nei loro confronti fosse stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere, di proscioglimento o di condanna, salvo che la sentenza di proscioglimento fosse divenuta irrevocabile. Non la cessazione della qualità di imputato, quindi, e neppure il formarsi di un giudicato definitivo nei suoi confronti, facevano cessare l’incompatibilità, ma solo il giudicato definitivo di proscioglimento, che rimetteva peraltro il soggetto nella capacità di testimoniare tout court.
Per quanto la disposizione anzidetta parlasse solo di imputati e accennasse, per escluderne la rilevanza ai fini della cessazione dell’incompatibilità a testimoniare, a esiti del processo che presupponevano specificamente tale qualità (“sentenza di non luogo a procedere, di proscioglimento o di condanna”), con la sentenza n. 108 del 4 marzo 1992 la Corte costituzionale ebbe a dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 60 c.p.p., in relazione agli artt. 405 e 197, primo comma, lettera a), dello stesso codice, nella parte in cui – secondo il giudice rimettente – non avrebbe previsto l’incompatibilità con l’ufficio di testimone della persona sottoposta alle indagini, nei confronti della quale fosse stato emesso provvedimento restrittivo della libertà personale in un procedimento conclusosi con l’archiviazione. Osservò, infatti, la Corte che la norma di garanzia contenuta nell’art. 197, primo comma, lettera a) del codice di procedura penale doveva essere applicata alla persona sottoposta alle indagini preliminari così come essa veniva applicata all’imputato; vale a dire che il combinato disposto di tale norma con l’art. 61, primo comma, c.p.p. vietava l’assunzione come testimone delle persone sottoposte alle indagini preliminari anche se nei loro confronti fosse stato pronunciato provvedimento di archiviazione. Una conseguenza, questa, reputata coerente al sistema, dato che il presidio offerto dal principio secondo cui nemo tenetur se detegere – su cui si fondava l’esclusione dall’ufficio di testimone dell’imputato, nei cui confronti fosse stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere (revocabile a norma dell’art. 434 c.p.p.) – doveva valere anche per la persona sottoposta alle indagini preliminari nei cui confronti fosse stato pronunciato provvedimento di archiviazione, essendo prevista in tal caso la possibilità di riapertura delle indagini.
Dopo di che rileva
Quanto alle persone imputate di un reato collegato a quello oggetto di procedimento a sensi dell’art. 371 c.p.p., comma 2, lett. b) (allora contemplante la sola ipotesi del collegamento interrogatorio), non era prevista, nel regime originario, alcuna clausola specificativa della durata dell’incompatibilità, e la Corte costituzionale, con sentenza n. 294 depositata il 17 luglio 2000, interpretò tale omissione nel senso che l’incompatibilità sussisteva, in detta ipotesi, soltanto nei confronti di coloro che, e per il tempo in cui, rivestivano la qualità di persone imputate o indagate (in virtù della generale estensione prevista dall’art. 61 c.p.p.) di un reato collegato a norma dell’art. 371 c.p.p., comma 2, lett. b).
Di conseguenza l’intervenuta archiviazione del procedimento probatoriamente collegato (ovvero qualsivoglia proscioglimento, pur revocabile) produceva l’effetto di dissolvere la correlazione qualificata tra le regiudicande e, con essa, l’incompatibilità ad assumere l’ufficio di (pieno) testimone.
Nasce da qui, dalla inclinazione legislativa di Corte Costituzione su detta, in (verosimile) eccesso di potere, il viaggio della SSUU verso l’affermazione della “compatibilità” a testimoniare dell’indagato archiviato. Viaggio che tuttavia avrebbe dovuto fermarsi all’arrivo della legge n. 63 del 2001 – di attuazione del giusto processo che ha modificato, tra l’altro, gli artt. 64, 197, 210 e 371 c.p.p. e inserendo l’art. 197 – bis c.p.p., che prevede la nuova figura del testimone c.d. assistito. In pratica, l’ibrido della prassi del codice abrogato, espulso dall’ordinamento dal codice vigente perché troppo controverso nel merito, e inoltre la inadeguatezza operativa, nella giurisprudenza allora corrente, del criterio verificativo ab extrinseco del contenuto della dichiarazione, con la riforma ad opera della legge n 63 dell’anno 2001 ( richiesta dalla giurisprudenza intenta ai mezzi di prova accusatori: SSUU in commento ha selezionato la testimonianza della “persona offesa”), è stato reimmesso, nella spoglia del “testimone assistito”, dell’ ”impumone” appunto, con l’art 197 bis cit., tuttavia non togliendo, al predetto, diritto al silenzio, valore di mezzo non autoprobante ((artt. 197 bis.6, 192.3 cit.), qualità gnoseologica del risultato
E invece:
Ora, però, è proprio tale ratio del sistema che induce a meglio esaminare, per verificarne la compatibilità con esso, la particolare situazione dell’indagato di reato connesso o collegato, nei cui confronti sia intervenuto provvedimento di archiviazione. Esigenze di equità e razionalità del sistema inducono in effetti a escludere che possa bastare a giustificare una persistente esigenza difensiva con le connesse permanenti limitazioni della capacità testimoniale un semplice adempimento burocratico (iscrizione nel registro degli indagati) a seguito del quale le autorità preposte non siano riuscite ad addivenire alla formulazione di una specifica accusa meritevole di ulteriore sviluppo.
Come si vede, equità e razionalità, entità pregiuridiche, insidiano il dato legislativo costituzionalizzato dalla Consulta.
E logiche incongrue all’interpretazione del diritto, perchè sostanzialistiche, pregiuridiche, con seguenti forzature del dato giuridico:
Né può validamente invocarsi in contrario l’argomento della possibile riapertura delle indagini. Si tratta infatti di una eventualità (per esigenza di nuove investigazioni) sostanzialmente assimilabile, e anzi probabilisticamente inferiore, a quella della possibile apertura delle indagini nei confronti di qualsiasi soggetto (per notizia di reato individualmente attribuito).
Anche i timori per i possibili pregiudizi del diritto di difesa del dichiarante sono sostanzialmente analoghi
e sufficientemente scongiurati dalle garanzie di cui al comma 2 dell’art. 198 e al comma 1 dell’art. 63 c.p.p..
ma se dette garanzie si applicano al testimone mai indagato sono applicabili al testimone indagato archiviato? Letteralmente e logicamente no. E proprio ciò da’ ragione delle garanzie di cui all’art 197 bis cpp..
La tesi qui sostenuta non è contrastata, ma piuttosto confortata, dalla lettera della legge.!!! La disciplina di cui agli artt. 197, 197 – bis e 210, comma 6, c.p.p. si riferisce, invero, testualmente al solo imputato e non all’indagato. Vero è che l’art. 61 c.p.p. pone una regola generale di equiparazione dell’indagato all’imputato.
la lettera della legge non è composta da tutte le disposizioni che enuncino la norma?!!E comunque, il rilievo letterale non fu dissolto una volta per tutte da Corcost in premessa? E di fatti:
In passato la giurisprudenza costituzionale, con riferimento alla preesistente formulazione dell’art. 197 c.p.p., aveva affermato che l’incompatibilità con l’ufficio di testimone del già imputato, sancita dalla lett. a) del citato articolo, valesse anche per l’indagato/imputato nei cui confronti fosse stato emesso provvedimento di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere (Corte cost. 18 marzo 1992, n. 108).
SSUU risponde Ora, però, mentre per la cessazione della qualità di imputato per effetto della sentenza di non luogo a procedere soccorreva il dato testuale della esplicita menzione della sua irrilevanza, l’estensione della regola all’indagato archiviato si basava sostanzialmente sull’argomento del rischio di riapertura delle indagini, della cui fragilità si è già detto.
Fragile l’argomento quanto il rischio??
Tanto che E, se è vero che, dal coordinato disposto del comma 1 dell’art. 197 – bis e delle previsioni di cui alla lett. a) e alla seconda parte della lett. b) dell’art. 197 c.p.p. emerge l’utilizzo del termine imputato anche in riferimento a situazioni in cui tale qualità è stata persa, ciò non basta a ritenere assimilato all’ex – imputato, agli effetti della disciplina in esame, anche l’ex – indagato, posto che le situazioni richiamate sono strutturalmente diverse in quanto presuppongono un processo il cui impulso ufficiale si pone proprio in radicale alternatività con l’intervenuta archiviazione.
Ciò non basta? E comunque: l’archiviazione non verrebbe da impulso ufficiale? l’impulso ufficiale verso la azione sarebbe differente da quello verso la inazione (se non contenutisticamente)? come potrebbero essere in rapporto di radicale alternatività (se non contenutistica)? e comunque, non salta la congetturazione quando si osservi ciò che è in gioco, che ex imputato ed ex indagato richiedono sia prevenuta lesione pur minima di loro pur eventuali interessi difensivi? Com’è evidente, non c’è interpretazione della legge, ogni battuta è mimeticamente abrogativa d’esso.
E, in conseguenza di quanto sopra (all’incirca tutto ndr), si può addivenire alla formulazione del seguente principio di diritto:
“La disciplina limitativa della capacità testimoniale di cui all’art. 197, comma 1, lettere a) e b), all’art. 197 – bis e all’art. 210 c.p.p., non è applicabile alle persone sottoposte a indagini nei cui confronti sia stato emesso provvedimento di archiviazione”.
Cioè alla abrogazione della legge vigente…..e per il pieno recupero probatorio, sulla esclusiva base del suo verbo, del primo testimone di accusa della stragrande maggioranza dei processi: la persona offesa (basterebbe tale discriminazione per screditare senza ulteriore commento SSUU).
A parte la questione che le SSUU suppongono un procedimento di archiviazione valido e concluso e non uno, come in specie, inconcluso, per mancato avviso del al difensore …( vd sub 1) e perciò il principio enunciato, quand’anche fosse condiviso, non sarebbe pertinente alla fattispecie concreta.
Conclusione.
1.3 La motivazione della ordinanza è visibilmente (materialmente) mancante, perciò è nulla ex art 125.3 cpp. L’ordinanza comunque disapplica la legge vigente, è quindi illegittima e per ciò va riformata: si chiede che lo sia. In entrambi i casi se l’assunzione della prova non fosse stata omessa (perché assunta in forma indebita: di testimonianza comune) : art. 581.1 b) cpp; o se la prova non fosse stata erroneamente valutata (ivi); o se il risultato di prova non fosse stato interamente travisato (ivi), vertendosi su prova bisognosa di conferma della attendibilità – art 197 bis.6 cit – (che in quanto omessa –la conferma- potrebbe integrare la omissione di assunzione menzionata):
la sua assunzione sarebbe stata nulla :
per indebita riduzione dell’onere probatorio accusatorio; per indebito aggravamento dell’onere probatorio difensivo; per riflesso indebito alleviamento della valutazione giudiciale. In danno della difesa rilevante ex art 178.1 c) cpp.. Con seguente nullità che si chiede sia dichiarata.
La precedente casistica porta alla mancanza o alla insufficienza della prova d’accusa, con seguente assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste o non costituisce reato, che si chiede sia pronunciata.
1.3.1 ma se la prova fosse dichiarata inammissibile, perché (difforme da quella tipizzata) non disciplinata dalla legge (art 189.1 cpp):
la inammissibilità dell’attività (probatoria) propulsiva della successiva investe questa, da rimuoversi per conseguenza dall’insieme della attività processuali compiutesi. Si chiede che sia dichiarato.
pietro diaz
DA UN ATTO DI APPELLO AVVERSO DECISIONI DI UN GIUDICE PENALE MONOCRATICO
Ordinanza su una questione preliminare della validità del sequestro di PG di un GPS:
1 Il Giudice, rilevato quanto all’eccezione di nullità del sequestro probatorio del rilevatore satellitare per violazione degli artt.356 e 114 disposizioni e attuazioni c.p.p., che la medesima non possa essere accolta non riscontrandosi la presenza del X nel frangente in cui il predetto apparecchio era stato sottoposto al vincolo; considerato che il dato letterale all’art.114 non si presta ad equivoci nella misura in cui subordine l’avviso e la facoltà di farsi assistere da Difensore di Fiducia, senza che sia previsto in quel momento l’obbligo di procedere alla nomina di un difensore alla presenza della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini: evidenziato come sopra accennato che l’apparecchio era stato sottoposto a sequestro successivo a quello in cui la persona offesa l’aveva rinvenuto in prossimità della propria auto e consegnato nell’occasione della proposizione della querela il 22 giugno 2015 alle forze dell’ordine che avevano proceduto ai sensi degli artt.356 e seguenti, in assenza dell’indagato neppure in quel frangente identificato; rilevato che alcuna nullità del decreto di sequestro è pertanto ipotizzabile;
1.Ma non fu eccepita la violazione dell’art 114 disposizioni di attuazione, bensì degli artt. 354, 356, 97 cpp:, essendo mancato, nell’atto, il contradditorio con l’indagato ed il suo difensore di fiducia, o d’ufficio ove esso per qualunque ragione, compresa quella della assenza ex art 114 cit. dell’indagato, non fosse stato nominato. Cioè non potendosi compiere l’atto senza (almeno) realizzare la condizione del contraddittorio (attraverso la nomina or detta), pur se l’avvento del difensore al compimento dell’atto potesse essere prevenuto dalla urgenza di questo. Fu d’altronde mostrato, a stregua del verbale di p.g, , che il nome del possibile autore dell’apposizione del GPS era stato dato dal querelante prima della consegna dell’apparecchio e del sequestro (per ciò è inesatto il contrario asserto della ordinanza.). La disposizione in discorso fu estratta dal difensore della parte civile e fatta propria dal giudice, in una lettura della stessa asistematica, scissa dalla disposizione in art. 97 cpp, anzi abolitiva d’essa benchè indipendente. Disposizione chiarissima nell’imporre, mancando, per qualunque ragione, il difensore di fiducia, la designazione del difensore d’ufficio (la legge tutela la formazione in contraddittorio dell’atto, anche perché irripetibile – e quindi diretto al fascicolo di qualunque giudizio di merito- prescindendo dalla volontà dell’indagato, eventualmente contraria o inconsultabile per assenza dell’or detto).
Dunque l’ordinanza è errata, per inosservanza della legge processuale; assorbe la nullità dell’atto ex art 356 178.1 c) cpp. Se non fosse da annullare sarebbe da riformare. Con le conseguenze del caso, In proposito, quando fosse ritenuta superata, la questione, dall’ammissione, dall’imputato, della apposizione del GPS, andrebbe considerato che la nullità ha permeato di se gli atti consecutivi e dipendenti rispetto a quello che affettava.
Conclusione
1.1 L’atto di sequestro era nullo per le indicate ragioni, si chiede che sia dichiarato, riformata l’ordinanza, con le conseguenze ex art 185.1 cpp
sulla inammissibilità, ex art 468 cpp, dei capi di prova non circostanziati. Sul dovere del giudice di dichiararla. sulle conseguenze del suo inadempimento.
1, Se oggetto della prova sono “i fatti che si riferiscono all’imputazione” (artt 187.1 cpp), se “i fatti” sono quelli che identificano gli elementi essenziali del reato e gli elementi accidentali che lo aggravano, non altri (per tutti: art 417 cpp, onde il PM esercita l’azione penale formulando l’imputazione degli elementi che accusano, essenziali ed accidentali del reato), essi non potrebbero che essere, nella loro concreta espressione materiale, circostanze (perché, convertendo la fattispecie astratta in concreta, situandola nella realtà, la circostanziano appunto, distintamente rispetto ai fatti suddetti). Se le parti d’altronde enunciano il loro disegno probatorio, non potrebbero non enunciarne l’oggetto, dato appunto dalle circostanze, degli elementi essenziali e accidentali del fatto, in parola.
Imputazione e fatti che ad essa si riferiscono sono enunciati dalla parte promotrice della azione penale (ed eventualmente collateralmente da quella della azione civile), per istituire l’oggetto del giudizio rispetto al giudice e contro la difesa (dell’imputato o di altre parti: responsabile civile civilmente obbligato per la pena pecuniaria), che con esso imprescindibilmente interagiscono ciascuno secondo il proprio ufficio. L’oggetto del giudizio circostanziato anche quale oggetto della prova, in mancanza dei quali la presunzione di non colpevolezza non sarebbe nemmeno sfiorata e sarebbe immediatamente operante imponendo la definizione del processo ex art 129 cpp.
Quando ciò non avvenisse la prova a carico sarebbe inammissibile (il giudice non potrebbe ammetterla, se non inadempiendo al dovere della pronuncia or detta, oltre che al dovere di proscioglimento ex art 129 cit). Ma se il giudice la ammettesse, poiché non sarebbe possibile esercitare la prova contraria (mediante presentazione in lista fuori udienza o richiesta di ammissione in udienza), il diritto di difendersi (contro)provando, parte del diritto di difesa ex art. 24, 111.4, 495.2 cpp, sarebbe leso, e la sua lesione genererebbe la nullità in art 178.1 c) cpp.
Il discorso codicistico in tema è chiarissimo, il dissenso da esso non potrebbe che essere illegittimo. Lo è per ciò quello della ordinanza, che avrebbe dovuto dichiarare inammissibili le prove, a pena di impossibilità, da un lato, di esercizio, dal giudice, di esercitare l’attività probatoria in art 190 cpp, oltre che di inadempimento dell’obbligo di declaratoria immediata della non colpevolezza dell’imputato ex art 129.2 cpp; da altro, di impedimento alla difesa di esercitare l’attività controprobatoria in artt 468, 493, 495 cpp (esercizio presidiato dall’art 178.1 c) cpp); oltre che di lesione del suo diritto ad ottenere la pronuncia in art 129 cit. .
Tanto più chiaro, il discorso codicistico, alla luce dell’ulteriore fatto per cui, la capitolazione della prova per circostanze (degli elementi essenziali e accidentali del reato) era impossibile alla stregua della formulazione della imputazione, come sub A si è visto del tutto mancante nelle coordinate spaziotemporali. L’inammissibiltà della prova a carico non circostanziata era amplificata anche dallo stato della imputazione che la generava. Nullità della imputazione e inammissibilità della prova a carico interagivano impartendo vizio tanto potente quanto lesivo della difesa, se non fosse stato dichiarato. Non lo è stato.
1.1 Il giudice rigetta l’eccezione osservando: quanto alla asserita indeterminatezza delle circostanze sulle quali dovrebbero riferire i testi dedotti dalla Parte Civile, rigetta l’eccezione, essendo state tra l’altro indicate in relazione a ciascun teste le circostanze sulle quali dovrebbero riferire.
- La motivazione della ordinanza è visibilmente (materialmente) mancante. Se (non) siano state indicate le circostanze, lo dicono le liste dei deducenti!
Conclusione.
- per ciò l’ordinanza è nulla ex art 125.3 cpp. Si chiede che sia dichiarato.
Altrimenti:
1.3 La inammissibilità dell’attività (probatoria) propulsiva della successiva investe questa, da rimuoversi per conseguenza dall’insieme della attività processuali compiutesi. Si chiede che sia dichiarato, riformata la ordinanza.
- Alternativamente, si chiede che sia dichiarata la nullità di quella attività, per lesione del diritto alla controprova sulle circostanze di prova, ex art 178.1 c) cpp (ciò valga per la attività probatoria accusatoria compiuta con la testimonianza della persona offesa parte civile; non valga per la consulenza S, perchè l’imputato non chiese di controdedurre; né valga per i testimoni annunciati dalla pc, perché rinunciati dalla stessa); non valga per la “testimonianza” L, perché la difesa fu posta in grado di controdedurre (mediante la consulenza Mi).
E comunque, non dichiarata inammissibile la testimonianza della p.o., p.c., né annullata (in ipotesi) per quanto detto, allora: