NICOLETTA DOSIO E L’(IN)ESTINZIONE DEL (SUO) REATO

1.Militante NO TAV, docente “di latino e greco”, nell’anno 2012, sulla autostrada Torino Bardonecchia, con altri, apre le barriere del casello per favorire il transito veicolare senza pedaggio.

Processata per reati di “violenza privata” e di “interruzione di pubblico servizio” è condannata alla pena di un anno di reclusione, senza la (pur possibile giuridicamente) sua “sospensione condizionale” (la sospensione della esecuzione della pena per un certo tempo, decorso il quale senza altro reato del condannato, essa sarà ineseguibile).

Divenuta irrevocabile la condanna alla pena suddetta, posta in esecuzione, secondo legge che ne prevede la convertibilità, a richiesta del condannato, in una “misura alternativa” (“l’affidamento in prova al servizio sociale” o altra), la professoressa la rifiuta simbolisticamente.

Sempre per legge, quando ciò accada (o la richiesta non sia presentata), la pena va in esecuzione detentiva.

Ciò che e’ avvenuto fra gli scorsi Natale e Capodanno.

Ora,  a parte la semantica della operazione in sé, che cosa mostra l’accaduto?

2.La “sospensione condizionale della pena” “estingue il reato” (al modo sopra visto: art 167 cod. pen.).

Essa è applicabile quando la pena detentiva inflitta (anche da ragguaglio ad essa della pena pecuniaria) non superi una quantità data (e ricorrano altri fattori).

Ebbene, da una ventina d’anni, sostenuta principalmente dalla magistratura, è in corso una  Campagna contro i fattori della estinzione del reato (esistenti, si noti, ad opera di una legislazione anagraficamente mussoliniana, sprezzantemente detta “fascista”), condotta da belligeranti “interforze”, verso la istituzione (il contrario della estinzione, oltre che dell’abrogazione) di nuovi reati o (al meno) verso un tracimante incremento sanzionatorio di quelli esistenti.

Contro la “sospensione condizionale”, particolarmente, sono stati elevati i minimi (edittali) delle pene (insieme ai massimi), cosicchè, quale che fosse il gioco delle circostanze attenuanti, non siano raggiungibili quelli che (in concreto) la permettano.

In aggiunta, è stata avviata la revisione di una pluriennale prassi di sospensione condizionale della pena, tanto radicatasi da indurre legislativamente, oltre che l’aumento della quantità di pena sospendibile, una seconda sospendibilità – per altra condanna per altro reato- (entro la quantità di pena or detta).

Ne è  esempio la condanna impartita a Nicoletta Dosio, da chi  ha ritenuto di motivare lo spasmo sanzionatorio appellandola (si dice) “sovversiva”.

Senza neppure avvedersi di sovvertire, con cio’, non solo il suddetto fattore di estinzione dei reati ascritti -oggi peraltro, comparativamente bagatellari-, ma anche la completa irrelazione di essi al delitto in art 270 cod. pen. l’unico che avrebbe linguisticamente permesso di non sovvertire il discorso giuridico (immancabile come tale) del magistrato che ha avesse parlato di sovversivi e sovversioni:

il delitto di “associazione sovversiva”, previsto tra quelli contro la Personalità dello Stato e punito con pena da cinque a dieci anni di reclusione !

Nulla a che vedere con i reati ascritti a N. Dosio.

3.Ma il colpo di inizio della Campagna contro gli istituti di estinzione del reato (plurimillenari, storicamente sorti perché l’Istituzione punitiva non si vergognasse troppo del male “legalmente” inflitto ai sottoposti, né troppo li eccitasse alla “illegale” -ma giusta- rivolta), si è avuto con la modifica dell’art. 79 della Costituzione sulla deliberazione della Amnistia.

Il più nobile fattore di estinzione del reato per oblio (istituzionale) della sua illiceità (vera o supposta) e della sua punibilità; per amnesia sistematica , “amnistia”, d’esse.

D’altronde e in fondo, queste, le più (eclatantemente) raffiguranti la soggezione materiale e immateriale, totale, dell’uomo all’uomo; l’arresto più brutale del progresso verso la liberazione dell’uomo dall’uomo.

Con la nuova disposizione, l’ amnistia è deliberata dalla maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale: praticamente irraggiungibile (oggi, poi, ove quella maggioranza è strutturalmente inversa).

Una disposizione beffarda.

4.La campagna, poi, ha allargato il suo fronte ai fattori di “estinzione della pena”, gli Indulti, le Grazie.

Ma battendo il fronte preferito, è poi esitata nella abolizione della estinzione del reato per prescrizione.

La quale, più dell’amnistia, che assegna alla punibilità del reato un tempo di vita discrezionale (che l’istituzione politicamente individua), assegna ad essa un tempo di vita “naturale”, “ordinario “ – distribuito per tipi qualiquantitativi di reati e di pene- , precostituito alle loro nascite e costitutivo delle loro morti.

Il tempo “naturale” della illiceità e della sua punibilità, che come ogni tempo storico (delle persone delle cose dei fatti degli atti della natura stessa), non nasce se non possa morire, dovendo dare spazio a successioni.

Ebbene, questo istituto plurimillenario [Demostene, 350 circa A.C.: “si accorderanno cinque anni per sollecitare la punizione di un’ingiuria (ndr. dove, ovviamente, per “ingiuria” – injuria- si intende la violazione anche del divieto maggiore o massimo); al di là di questo tempo vi sarà prescrizione, e l’accusato sarà autorizzato ad opporre tal termine, onde non possa essere più citato” (Orat. pro Phorm.); “sarà permesso di opporsi alla giurisdizione di un tribunale incompetente per mezzo di un termine di prescrizione (Orat. In Pantoen)” : in GRASSI C., Trattato della prescrizione penale, Catania, 1910, p. 10 (citato da A. Franceschi. 2008)”], nel corso della sua storia – ove ha insistentemente sancito la mortalità dei fatti che ha seguito, e ha imposto la attualità della coscienza sociopolitica di essi- si è inopinatamente imbattuto in un potere governativo parlamentare giudiziario (unificato!), che ne ha stabilito l’immortalità!!

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