Archivio mensile:Maggio 2020

CECCANTI ? UN PAESE AFFETTO DA DIPICIEMISMO, E STRESSATO DAI RIMEDI AD ESSO: LA “PARLAMENTARIZZAZIONE” AD ESEMPIO…,

1.  Il  rimedio lo elucubra  l’esponente di un partito governativo, il costituzionalista Ceccanti,  che,   cominciando a ruminare,  già dal dì  28 aprile 2020, che “Niente impedisce al Parlamento di trovare una soluzione per conciliare libertà di culto e tutela della salute”;  lamentando l’eccesso dei dpcm (emessi dal vertice  di un governo formato dal suo partito..!), sbozzato un primo “emendamento” :

 “art 2 Al comma 1, dopo il secondo periodo è inserito il seguente:
“Gli schemi di decreto di cui al presente comma sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine di sette giorni, decorso il quale il decreto può essere comunque adottato”;


sbuca infine nel definitivo:
 
«Il Presidente del Consiglio o un ministro da lui delegato illustra preventivamente alle Camere il contenuto dei provvedimenti da adottare, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi (sic) dalle stesse formulati, ove ciò non sia possibile, per (ragioni di urgenza connesse alla natura delle misure da adottare), riferisce alle Camere ai sensi del comma 5, secondo periodo».

1.1 E dandone spiegazione informale ad alcuni colleghi:

“Ho predisposto un emendamento al decreto 19 che va in Aula giovedì per parlamentarizzare (sic)  i Dpcm.
Si tratta di una fonte (sic) che nel corso dell’emergenza ha finito per avere un rilievo sconosciuto in precedenza.
Entrando in una nuova fase appare opportuno regolarli  in modo diverso (sic): ferma la responsabilità piena del Governo sulla sua (sic) emanazione (sic), appare però opportuno introdurre un parere preventivo del Parlamento, obbligatorio anche se non vincolante, con un tempo certo di una settimana. In tal modo alcune criticità (sic) potrebbero essere prevenute dal Parlamento, senza che esso debba essere costretto ad intervenire ex post su (sic) altre fonti (sic). Una tecnica che in questo periodo ha consentito di risolvere alcune questioni (ndr quali?), ma che ha finito fatalmente per rendere molto più complesso e difficilmente comprensibile il sistema delle fonti (sic).
Il decreto 19, che era nato appunto, per riportare ordine nel sistema, darebbe così anche una soluzione stabile e ragionevole “ (sic) [ ndr: qui necessariamente si tralascia il commento di parole mezze frasi paralogismi paragiurismi paraconcettualismi …  (quelli contrassegnati). Se si avrà tempo e voglia lo si farà un’altra volta..].

E manco a dirlo: 

1.2 “Via libera dell’Aula della Camera all’emendamento del Pd, riformulato su proposta del governo, che dispone la parlamentarizzazione dei dpcm. I voti favorevoli sono stati 260, i voti contrari 211 e 9 astenuti!”

E per di più


“Insoddisfatti parlamentari di Fdi che invece chiedevano che il parere del parlamento fosse vincolante (sic) : così “Lollobrigida” ….

Or bene, i dpcm

2. Se li si va a cercare tra le fonti del diritto (art 1 Preleggi”): non li si trova. 

2.1 Se li si va a cercare nella decretazione governativa avente forza di legge (decreti legislativi, decreti legge), o “forza” di  regolamento; o nella decretazione ministeriale o interministeriale avente quest’ultima forza (artt. 14 ss L. n. 400 1988), non li  si trova.
Si trovano vaghi “decreti” del presidente del Consiglio,  di ordinaria o di “alta” (talune nomine dirigenziali) amministrazione: dunque provvedimenti strettamente amministrativi.
Se li si va a  cercare nella  Costituzione, lì dove questa assegna al Governo capacità normative (artt. 76.ss,   92 ss), non li si trova (tanto che, vd sub 2, taluno ha cautamente ritenuto che,  essi,  abbiano “fonte” in  deleghe -a pcm- da decreti legge).

Mentre si trovano,  per contro, nella dipieciemiade (plenipotenziaria) Conte (e per il, vero, , ben deflatti,  in antecedenti prassi , che, anche per trarre spunto  nomativo dai vaghi “decreti” della legge 400,  non possono che mutuarne la sostanza, di atti amministrativi (seppure, perché generalizzanti, normativizzati, come ha “insinuato” un avvocato dello Stato).

Ebbene, immaginiamoli “parlamentarizzati”(Ceccanti, sopra).

3. L’accesso del parlamento  (con l’emissione obbligatoria di  parere….) ai dpcm (atti amministrativi) non dà a questi un che di legislativo?

E arduo non  rispondere  affermativamente. Giacchè: 

4. un organo  legislativo che integri (con parere obbligatorio) un atto amministrativo non potrebbe non trasmettergli qualcosa di sé: attore (anche parziale) e atto mescolano (anche solo in parte) le rispettive nature.

Ma il mescolamento, del legislativo nell’amministrativo (e viceversa), poiché concerne attività di organi  costituzionali  (parlamento e presidente del consiglio dei ministri) è  possibile solo  se costituzionalmente previsto.

Sia perchè attribuirebbe al parlamento una (nuova) funzione normativa (bisognosa di previsione tanto quanto la funzione non legislativa del parlamento: artt. 69, 70, 76, 90, 97 etc..).
Sia perché, forse anzitutto,  darebbe immunità,  da giurisdizione ordinaria o amministrativa  (artt. 24, 28, 103, 113 Cost.) a dpcm  (eventualmente) lesivi di interessi legittimi o diritti, e dannosi (o minacciosi di danno).

Ebbene:

oltre la contaminazione delle  nature delle due attività, ha voluto anche tale conseguenza il costituzionalista, che illustrando l’emendamento ha proferito (vd sopra) : “ferma la responsabilità piena del Governo sulla sua (del dpcm) emanazione….”?

4.1Tutto ciò non mostra l’inconciliabilità al sistema giuridico della “parlamentarizzazione”  degli atti amministrativi?

 

…………………………………………


Un  commentatore del brano su esposto ha voluto:  “solo sommessamente sottolineare che i DPCM adottati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte derivano semplicemente da quanto previsto dal DECRETO-LEGGE 23 febbraio 2020, n. 6 Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20G00020) (GU Serie Generale n.45 del 23-02-2020)note: Entrata in vigore del provvedimento: 23/02/2020
Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 5 marzo 2020, n. 13 (in G.U. 09/03/2020, n. 61).

Art. 3
Attuazione delle misure di contenimento

1. Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o piu’ decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della
salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa,
il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri
competenti per materia, nonche’ i Presidenti delle regioni
competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola
regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della
Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui riguardino
il territorio nazionale.”

Si è risposto:

“Toccato il nervo più scoperto…

La previsione del dl n 6 art 3, è stata usata:

1. per dire che i dpcm sono possibili giacchè previsti dal dl n 6 art. 3;

ma, come si è osservato (anche scrivendo di Ceccanti), i dpcm hanno origine in inveterata prassi;

2. per dire che i dpcm sono legittimi giacchè “delegati” dal dl. n 6 art 3;

ma si deve obiettare:

che, essendo il “decreto legge”, atto “provvediment(o)” (così art 77 cost. ) regolativo esclusivamente di ” casi straordinari di necessità e d’urgenza” (specifici irripetibili concreti attuali);

se (esclusivamente) ciò non facesse, evaderebbe dalla sua posizione e attribuzione costituzionali!

E certo non lo fa, demandando ai dpcm (art 3 cit.) la normazione concreta, futura e perfino incerta!

Per di più (clamorosamente) smentendo la necessità e l’urgenza del provvedere!

3. Pertanto il decreto, munito (straordinariamente: art 77) del solo potere di provvedere (con urgenza) ad un caso concreto (presente non futuro!), privo quindi di ogni altro potere, è privo (tanto più) del potere di conferire poteri, a sé o ad altri (al presidente del Consiglio con i suoi dpcm?)!

Se lo facesse, innoverebbe nelle fonti del diritto costituzionalmente previste, e lo farebbe surrettiziamente, aggirando la necessità di revisione della Costituzione ex art 138 cost. .

4. Ciò è talmente vero che (l’elucubrazione del) la “delega”, dal dl ai dpcm, simula ( senza arrossire!) lo schema del “decreto legislativo” (art 76 cost.), che certo il Governo ha il potere di emanare, ma per (prevista !) delega della legge (che determini “principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetto definito”…).

Simulazione tanto più aggirante, con innovazione indebita, le necessità di revisione della Costituzione ex art 138 cost..

5. Comunque, l’evocazione dell’art 3 dl n. 6 è assai feconda.

Perchè stimola il sospetto e l’ insinuazione:

Che la menzione ( o la “delega”) dei dpcm, miri alla conversione d’essi, “atti amministrativi” – impugnabili davanti le giurisdizioni ammnistrative od ordinarie per lesioni di interessi legittimi e di diritti -, in atti legislativi ( per derivazione dai deleganti), in norme del dl (!) – inoppugnabili davanti quelle giurisdizioni.

Che essa punti, quindi, alla deresponsabilizzazione giuridica del decretante. E alla irrisarcibilità dei “decretati”.

5.1 D’altronde, se si va a vedere (qui può solo cennarsi), ogni dl da’ (strategicamente) per “fatti salvi” i dpcm emessi sulla base del precedente…!.

6. Ma non è detto che il piano avrà successo…”

pietro diaz

MA IL GOVERNO PUO’ PROROGARE CON DECRETO LEGGE “LO STATO DI EMERGENZA”

L’art 16 del decreto-legge in corso di approvazione dal governo (e/o di emanazione dal PdR?) proroga lo “stato di emergenza” oltre il 31 luglio venturo, giorno nel quale scadrebbe, secondo la previsione della Dichiarazione dello “stato di emergenza” ( del 31 gennaio passato).
Il decreto potrebbe giuridicamente contenere quella disposizione?

1.Anzitutto, esso dovrebbe trovarsi (formalmente) dinanzi allo “stato di emergenza”, sia quale stato di fatto, sia (soprattutto) quale stato di diritto.
Stati che esso (verosimilmente “a sua insaputa”, di fatti adesso li suppone) ha dissolto giuridicamente col decreto legge 23 febbraio (e col primo coevo dpcm).
E non perché l’emergenza fosse (materialmente) cessata, ma perché, esso, la ha convertita in ”stato di eccezione”, nozionalmente (certo) “emergenziale”, ma politicamente ( e giuridicamente) assai più, “eccezionale”, appunto. Lo stato nel quale il corso del diritto vigente è soppresso o sospeso, insieme al corso dei fatti e degli atti e dei poteri e dei doveri da esso regolati (e prelusi).
E dove soppressione o sospensione fanno affiorare nuovi poteri ( di fatto e facentisi diritto), “pieni poteri” (Schmitt C, Agamben G.), poichè destitutivi di quelli operanti.
Poteri, quindi, i nuovi, non derivativi (dai precedenti) ma originari, autocratici monocratici ademocratici, che esercitandosi sulle ( e puntando alle) cose ( beni economici sociali morali politici giuridici istituzionali) non possono non farlo anche (o anzitutto) sulle persone (nella totalità delle loro funzioni esistenziali ed essenziali e perfino opzionali…).

2. Per semplificare la complessità di tanto processo, basta osservare che, con la dichiarazione dello “stato di emergenza” del 31 gennaio passato (art 24 dlgs n.1 2018)- sebbene non preceduta dalla dichiarazione dello “stato di mobilitazione” (art. 23 s.l.) indebitamente (inspiegabilmente?) preterita dal Governo-, prendeva vita l’ordine giuridico (in deroga all’ordinario ma col limite del principii generali dell’ordinamento giuridico “interno” e delle norme della UE: art 24), che quale mezzo (fonte) della normazione generale e particolare (interna), adotta (e impone) l’ordinanza.

Concedendola a tutti i potenti o fungenti del Servizio nazionale della protezione civile (art.1 1. “il sistema che esercita la funzione di protezione civile costituita dall’insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare la vita, l’integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo..”), per tutti i provvedimenti necessari od opportuni al trattamento dell’”evento calamitoso” (artt. 2, 7 s.l) dalla sua apparizione alla risoluzione; al completo accudimento durante il suo ciclo (Art. 2: 1. “Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, alla gestione delle emergenze e al loro superamento”.).

Ordinanza per ordinanti (non “decretanti”!), quindi (art. 25 Dlgs cit.. 1. Per il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile; con ordinanze si provvede anche al “rientro nell’ordinario”: art. 26), dal Capo della protezione civile ai presidenti di giunte regionali di province autonome ai sindaci comunali o metropolitani) (art 5, 6 s.l.), a tutti gli operatori previsti dal Codice della protezione civile (artt 3,4,6,9,10,11,12 etc. ), istitutivo del Servizio nazionale della protezione civile , inquadrato nel Dipartimento della protezione civile, facente capo alla presidenza del consiglio dei ministri ed al suo titolare- ma esclusivamente in ruolo programmatico e concertativo, dell’attività dei suddetti, e non diversamente da essi munito del potere di ordinanza (non di decreto!), tuttavia per lo più delegato al Capo della protezione civile (art 5 s.l.)-. Microcosmo giuridico “in deroga”, autosufficiente, autorefente, esclusivamente competente (anche in senso giuridico) alla gestione dell’evento calamitoso e delle sue conseguenze; concluso e concludente in sé stesso, inevadibile da chiunque.

3. Eppure da esso, cui – ratione objecti atque subjecti- non sarebbe neppure passato per la mente di arrestare il corpo sociale, di interdirlo da ogni funzione (sebbene, molte, inviolabili per Costituzione), è evaso il presidente del Consiglio dei Ministro (sebbene vertice del Dipartimento) :

3.1 nel fatidico 23 febbraio 2020, allorchè, convocato il Consiglio dei Ministri, compose un decreto legge prefigurante misure di coercizione (personale e reale) attuabili mediante decreti del presidente (dpcm). Prefigurante quindi misure non “provvedenti” (art. 77 cit) “qui e ora”, come dovuto e atteso dal decreto legge), ma che provvederanno (che, cioè, lo faranno non per urgente e straordinaria necessità, sebbene requisiti imprescindibili della decretazione con “forza di legge”) con dpcm.. Che il decreto governativo è parso ( a più d’uno) delegare, pur non potendo né dovendo, non possedendo, esso, altro potere che quello di provvedere a “casi di straordinaria necessità ed urgenza!. Dpcm, peraltro, atti amministrativi rientranti ab origine nella competenza del Presidente del Consiglio espletante funzioni amministrative (e quindi, non generati né abilitati dallo stato di emergenza, sibbene negati da esso, per quanto detto ).

3.2 Decreti presidenziali e governativi completamente estranei, quindi, allo strumentario normativo della “protezione civile”, tanto quanto a questa ed alle attività facultate o imposte (art. 2 s.l.).
Ma comunque sia.

4. A parte la questione se, il decreto legge “provvediment(o)” , ex at 77 cost., adottabile ( si diceva) solo nei ”casi di straordinaria necessità ed urgenza”, a poco meno di tre mesi dalla scadenza dello “stato di emergenza”, cioè ben prima che possano valutarsi opportunità o necessità della proroga del termine, e comunque ben prima che possa stabilirsi quale possa o debba essere l’entità del nuovo termine, lo fosse nella fattispecie.
Qui si tocca la questione, più radicale, del potere del governo di impiegare il decreto legge quale atto (giuridico) di proroga del termine dello “stato di emergenza”, sicuramente altro da quello che lo ha deliberato e dichiarato (art 24 cit.).
Non solo perché, esso, è interno al proprio ordine giuridico cui quello è esterno. Non solo perché atto prodromico (introduttivo di quell’ordine giuridico) e’ procedimentale non extraprocedimentale.
Non solo perché, procedimentale, è attuativo dell’ordine giuridico e non innovativo (dell’ordine giuridico comune) come il decreto.
Non solo perché, procedimentale, è atto dichiarativo ( di uno stato) e non iussivo (né di stato né di atto).
Ma perché, modificando la proroga di un termine, non da altro che dall’atto (e dall’attore) giuridico indicativo di questo, non potrebbe non pervenire.
Non potrebbe che uscire dalla medesima situazione (giuridica, oggettiva e soggettiva) di potere ( di dichiarazione di uno stato per un dato tempo). Si noti in proposito che, per art 24 cit., “l’eventuale revoca anticipata dello stato d’emergenza di rilievo nazionale è deliberata nel rispetto della procedura dettata per la delibera dello stato d’emergenza medesimo”.

4.1 Restando ovviamente inconferente (irrilevante) la (eventuale) identità del soggetto (che potesse sia la dichiarazione ex art 24 cit. che il decreto legge ex art 77 cost.) Perché l’identità solo istituzionale, non funzionale, sarebbe. .

Ovviamente ripetesi.

Ma non è da escludere che il “governo Conte” la abbia ritenuta conferente…

pietro diaz

UNA CORTE DI ASSISE,  GIUDICANTE  DELITTO DI OMICIDIO  VOLONTARIO A CARICO  DI  DETENUTO IN CARCERE, INVESTITA DELLA RICHIESTA DI SOSTITUZIONE DELLA MISURA CON QUELLA DI ARRESTI DOMICILIARI, HA OSSERVATO

l’a. 299 C.P.P., comma 3, stabilisce che nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona la richiesta di revoca o sostituzione della misura deve essere notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilità, presso il difensore della P.O., o se questo manca alla P.O.; inoltre, l’a. 90 C.P.P., comma 3, prevede che se la P.O. sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa; nel caso di specie, non risulta tuttavia che parte richiedente abbia adempiuto al proprio onere notificando la richiesta in parola presso i difensori dei prossimi congiunti della P.O. che sì sono costituiti parti civili (non figurandone altri che abbiano “interloquito nel processo nominando un difensore ovvero depositando un atto contenente le indicazioni necessarie all’esecuzione della notificazione”: C. 51402/16);
ne discende, quale conseguenza, l’effetto della inammissibilità dell’istanza, che preclude l’esame del merito;
visto l’a. 299 C.P.P. ……………………………p’.q.m.dichiara l’istanza inammissibile.

———

IL difensore, reiterando l’istanza tutioristicamente notificandola alle parti civili costituite, in premessa ha obiettato:

Il ragionamento sviluppato da questo difensore per ritenere insussistente l’onere di notificazione ( e irrituale questa ) della richiesta di modificazione delle misura della carcerazione, è stato:

  1. l’area impositiva dell’onere è quella dei delitti “commessi con violenza alla persona”.

La quale violenza implica estrinsecazione di energia materiale (intenzionale in specie) verso la persona, che generi qualsiasi (di quelli tipizzati dalla legge penale, ovviamente) evento, eccetto quella della soppressione della sua vita.

1.1.Ciò non solo perché 1’ occasione e la ragione della legge, di prevenzione di reiterazione di delitti con violenza alla persona, in danno di “vittime di violenza”, implicano la permanenza di in vita, e quindi l’attualità del pericolo per l’incolumità, della                           persona offesa.

La implicano insieme alle funzioni delle misure sostitutive di quella richiesta (vd.le in art. 299. 2 bis), le prime due anzitutte, peraltro, chiaramente estensive di quelle ragioni             alle altre.

1.2 Non solo perciò, si diceva, ma perché, la permanenza in vita, è postulata (giuslogicamente e testualmente) dalle previsioni introduttive di quell’onere: in art

299.2.bis, 3. cpp..

1.3 Che prevedendo quale destinatario della notificazione della richiesta (di modificazione della misura restrittiva) la persona offesa (il suo difensore quando lo abbia nominato), la suppone in vita (tanto che, la notizia della richiesta deve essere data anche ai “servizi socio- assistenziali” , che hanno in cura -non solo morale- la persona offesa).

E tanto la suppone in vita che, ad essa, o al suo difensore, assegna un termine per la interlocuzione sulla richiesta ex art 299 cpp..

2. Se ciò è vero, ciò non è variabile con l’applicazione della previsione in art. 90 .3 cpp. Poiché:

-a parte che, essa, neppure immaginava, ratione temporis, di correlarsi a quella dell’onere sopra visto;

-a parte che il decesso, della persona offesa, “in conseguenza del reato” ha poco a che fare, penalisticamente, col decesso quale “morte” da “omicidio” (non conseguenza ma), ex art 575 cp., elemento costitutivo del reato;

– a parte che, la previsione, si propone di rinvenire eccezionalmente, nel solo caso indicato, e di attivare ove occorra, i sostituti della “persona offesa” (tanto che li indica anche in soggetti estranei alla sfera dei “successori”);

la sua applicazione sopprimerebbe le precedenti, nel testo e nelle ragioni (dunque è necessario escludere dalle facoltà o diritti dei sostituti, quella alla notificazione ed alla interlocuzione indicate).

D’altro canto:

3. le notificazioni de quibus furono previste per le persone offese, per i loro sostituti, e i loro difensori.

Esistono oggi processualmente (scilicet: formalmente) i suddetti? Giacché:

la persona offesa è deceduta, i sostituti sono parti civili costituite quali successori ex art 74 cpp; i difensori sono tali in quanto rappresentanti della parti civili…

3.1 dunque, se non risultassero, oggi, i suddetti, nelle vesti indicate, l’onere sub 1 non sarebbe adempibile, l’inadempimento non potrebbe essere addebitato all’onerato.

Pertanto….

 

pietro diaz

 

 

 

E’ STATO DETTO CHE “L’EMERGENZA” E L’”ECCEZIONE” (in seguito a questo termine è stata annessa una funzione solo retorica) GIUSTIFICHEREBBERO EVENTUALI ILLECITI PENALI COMMESSI NELLA DECRETAZIONE D’URGENZA…

TUTTAVIA

Se si intende dire che il reato di violenza privata (art 610 cp), di colui che “con violenza o minaccia” (nel caso nostro la minaccia di sanzione amministrativa e, prima del decreto legge 25 marzo n. 19, col decreto 23 febbraio n. 6,   di sanzione penale ex art 650 cp), “costringe altri a fare tollerare od omettere qualche cosa ” (nel caso nostro stare a casa o chiudere il bar) sarebbe “giustificato”, dallo stato di “eccezione” o dallo stato di “emergenza”, si potrebbe notare che :

le circostanze che escludono  il  reato (artt 59.1 , 119 cp) al pari delle “circostanze “ che costituiscono il  reato (at 40 ss cp), soggiacciono al principio di legalità (art, 1 cp 25.2 cost), e sorgono in riserva assoluta (non relativa,  checchè altri ne dica..) di (atto avente  valore e forma, ex artt  71 ss Cost.,  di)  legge.

Sia perché, se le prime non soggiacessero, ( in ipotesi) mosse da  fonti inferiori alla legge, potrebbero (anarchicamente)  disattivare le seconde e loro fonti.

E sia perché,  le circostanze di esclusione del reato rappresentano limiti di efficacia delle  circostanze di inclusione del reato, cioè, partecipano della medesima norma,   incriminatrice e  scriminatrice al contempo.  Norma della quale, quindi, una eterogeneità  di fonti sarebbe (anche fisicamente) impensabile.

Ciò posto, decreti e ordinanze, amministrativi o normativi o misti,  quando fossero più che amministrativi, possedessero maggiore forza (efficacia: di che genere non è chiaro ), comunque non modificherebbero  quella della loro fonte, stabilmente espressiva   di potere  amministrativo. Fonte  nemmeno secondaria ma “terziaria”, che (come che fosse) mai perverrebbe ad essere primaria, “legge”. E  nemmeno ad essere atto avente  forza di legge (il decreto legge ex art. 77 cost.)-  peraltro inammissibile alla normazione penale, sia esclusiva che inclusiva di circostanze del reato (vd sopra) , riservata assolutamente (non relativamente),  come detto, alla legge.

Quindi decreti e ordinanze amministrativi non giustificherebbero (o spunirebbero) i reati di violenza privata che fossero stati commessi.

Tanto meno potrebbero farlo gli stati, di “emergenza” o di “eccezione”, che li ospitassero.
Non il primo,   formalmente ( e legalmente: ex Dlgs n.1 2018) ) posto ( nella vicenda normativa antivirus)  il 31 gennaio ’20,  da  Dichiarazione del Consiglio dei ministri. Poiché, quale che sia la sua forza giuridica (la Dichiarazione è elemento prodromico  della fattispecie complessa di Protezione civile ex Dlgs cit. Elemento peraltro non unico, poiché la Fattispecie, prevede, prima d’esso,  la Dichiarazione dello “stato di mobilitazione” , in specie mancato…!),  non integrerebbe, neanche remotamente, la circostanza di esclusione del reato (in parola) che sarebbe integrata soltanto dall’attività (poterata) di  comando concreto :  “stai a casa, chiudi il bar, altrimenti….”.

Non il secondo, lo “stato di eccezione”, materialmente  sorto dalla evasione traumatica, del Consiglio dei ministri e del suo presidente, dall’ordine giuridico (emergenziale: 31 gennaio-31 luglio 2020)  instaurato con la suddetta Dichiarazione e la prima Ordinanza (3 febbraio n. 630),  dell’organo normativo (generale) d’esso ( il Capo della Protezione civile onniprovvedente,  con altri organi anche locali,  solo con  “ordinanze”),  verso l’ordine giuridico eccezionale, sovrapposto (ex auctoritate principis), al precedente, col (primo) decreto legge antivirus 23 febbraio n.6 ( e suoi dpcm), e i suoi  nuovi organi normativi (Consiglio dei ministri e suo presidente): il tema potrebbe vedersi, volendo,  illustrato in http://www.giustiziarepubblicana.org/2020/04/24/conte-antivirus-poteva-non-differenziare-popolazioni-differenziate-dal-virus-cenni-sul-passaggio-dallo-stato-di-emergenza-allo-stato-di-eccezione/.

Nemmeno esso, si diceva, per la ragione precedentemente  indicata (a parte la questione della “legittimità” di tale “stato”.

E comunque perché, un solo “stato” è previsto come circostanza di esclusione del reato, dalla legge penale in art 54 cp.:
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Ed esso è visibilmente estraneo alla specie

Pietro Diaz

NELLA DECRETAZIONE ANTIVIRUS LESIVA DI DIRITTI SOGGETTIVI E’ RAVVISABILE IL REATO DI USURPAZIONE DI PUBBLICHE FUNZIONI?

 

 

E’ stato domandato se,  la decretazione antivirus, lesiva di diritti…, abbia integrato il reato di “usurpazione di pubbliche funzioni”.

La collocazione del reato di “usurpazione di pubbliche funzioni” ( art 347 cp) tra i “delitti dei privati contro la pubblica amministrazione” (Libro II Tit II Capo II cp) porta a ritenere che l’ oggetto della “usurpazione” – cioè della assunzione di funzioni pubbliche senza previa formale investitura o la continuazione d’esse cessata o sospesa l’investitura- identifichi funzioni amministrative.

Per cui, se attenesse alla specie il dpcm, esplicante quelle funzioni, non atterrebbe il decreto legge (della vicenda normativa antivirus, si intende), esplicativo di funzioni legislative.

Ma il decretante (antivirus) per dpcm era investito di quelle funzioni. Dunque non le ha usurpate.

Semmai potrebbe discutersi se le abbia esplicate nei limiti di “norme di legge o di regolamento”, l’eccesso dalle quali – insieme ad altri elementi, di avvantaggiamento patrimoniale ingiusto di sé o di altri, di arrecamento di danno ingiusto- , costituirebbe il reato in art 323 cp. ( abuso d’ufficio). Non si potrebbe qui ovviamente.

Comunque potrebbe vedersi se essendo decollati, dalla investitura non usurpata di funzioni pubbliche amministrative essendo, attacchi a libertà facoltà diritti poteri individuali collettivi (oltre che economici anche politici: di manifestazione di riunione …), siano state invase sfere funzionali riservate ad altri poteri. Quali il legislativo (su titolarità, quelle appena elencate, riservate esclusivamente ad esso). O quali il giurisdizionale (su alcune di quelle titolarità).

Ferma la responsabilità per tutti i reati che quegli attacchi avessero commesso (in assenza di scriminanti, come altrove detto), non sarebbe inconfigurabile, almeno rispetto al legislativo, l’”usurpazione di potere politico” (art 287 cp ), d’altronde collocata, coerentemente alla specie, tra “i delitti contro la personalità interna dello stato”: Libro II Tit. I capo II cp)

pietro diaz

 

BOCCIA è DA PROMUOVERE?

“deve essere chiaro alle Regioni che le misure restrittive poste da parlamento e dal governo devono essere rispettate”. Tuttavia Saprebbe, il ministro, indicare (almeno) una misura posta da quei due organi? 1. Poichè, dalla Dichiarazione governativa (antivirus) dello “stato di emergenza” del 31 gennaio ’20, nessuno dei decreti legge governativi ha posto una misura – se non sanzionatoria di illeciti recuperati dall’ordinamento ( art 650 cp.), o appositamente istituiti (illeciti amministrativi etc)-. I decreti, nelle disposizioni dedicate alle misure (generalmente i primi due articoli) han prefigurato, mai posto, misure. Ed allora per conseguenza : 1.1 nessuna delle leggi parlamentari antivirus che han convertito in legge (alcuni di) quei decreti (in attesa degli altri), ha posto misure: ne ha esclusivamente confermato la prefigurazione. Ed è utile ricordare che Governo a Parlamento, in materia antivirus, dal quel dì ad oggi, hanno operato esclusivamente nelle occasioni normative indicate: decreti legge e conversione d’essi in legge. Pertanto: 2. Boccia lo ignorava mentre spavaldamente minacciava le Regioni? Se sì, dovrebbe dubitare autocriticamente della permanenza nel  ruolo. Se no, nasconde o rimuove che: 2.1 tutte le misure, prefigurate da decreti legge e leggi di conversione, sono state concretizzate (nei contenuti) e applicate da dpcm (decreti del presidente del consiglio dei ministri); cioè da atti unilaterali e discrezionali, (perciò) monocratici e autocratici, di taluno, che con essi, per tali caratteristiche, ha assunto, ed esercitato, “pieni poteri”. Assunto pieni poteri esercitati con atti amministrativi – nemmeno giudiziari ed ancor meno legislativi-, sebbene comprimessero o sopprimessero diritti personali (individuali o collettivi) diritti reali (spazi interclusi all’uso pubblico o privato) diritti economici, sociali , estetici, edonistici, morali, culturali, di ogni genere e specie pubblici e privati, la cui manipolazione, tuttavia, è riservata alla giurisdizione e alla legge. 2.2 Sebbene comprimessero o sopprimessero, cioè, diritti instaurati ed assegnati al Popolo (molti con il marchio della inviolabilità, cioè della intangibilità assoluta, dovunque comunque da chiunque in qualunque tempo), da una Costituzione tecnicamente antifascista (vd sua XII Disposizione transitoria e finale..). E per conseguenza compressi o soppressi da attività governativa o legislativa tecnicamente fascista? Da governo e parlamento della repubblica, che limitatisi a normare la prefigurazione delle misure in vista della loro determinazione ed attuazione dai dpcm, pieni poteri, ovviamente, han conferito al decretante… 2.3 E per colmo, tecnicamente, con l’avallo del presidente della repubblica, il quale, pur  in grado di discernere fra normazione non manifestamente incostituzionale e (manifestamente) incostituzionale, più volte la ammessa: emanando i decreti legge, promulgando le leggi di loro conversione. Ripetesi,  attribuenti “pieni poteri” al capo del governo ed ai suoi dpcm. 2.4 Quindi è  probabile che, Boccia, abbia voluto nascondere o rimuovere l’attività di (ri)produzione della monocrazia (pieni poteri) e della autocrazia (poteri discrezionali)? Un ultimo rilievo 3. Si è sostenuto che l’operare e l’operato dei dpcm sarebbero legittimi perché “delegati” dai decreti legge . E tuttavia: a parte che, se i decreti legge avessero, indirettamente o direttamente, conferito “pieni poteri”, l’attacco (tecnicamente) fascista alla costituzione antifascista non sarebbe venturo ma già avvenuto ( e difatti, in questo momento, compressione e soppressione delle libertà, come nel famigerato ventennio, sono in corso). Per cui, sostenere la legittimità dei dpcm perché “delegati” da dl, ne comporterebbe platealmente la totale illegittimità giuspolitica. A parte che l’elucubrazione sulla delega pare puntare alla conversione dei dpcm, atti amministrativi – impugnabili davanti le giurisdizioni ammnistrative od ordinarie- , in atti normativi ( per derivazione dai deleganti), in norme del decreto legge (!) – inoppugnabili davanti quelle giurisdizioni. Puntare quindi alla irresponsabilità giuridica del decretante e alla irrisarcibilità dei “decretati”. A parte che, essendo il “decreto legge”, atto “provvediment(o)” (così art 77 cost. ) in quanto norma esclusivamente situazioni apparse improvvisamente; ” casi straordinari di necessità e d’urgenza”, specifici irripetibili concreti attuali: se ciò non facesse, evaderebbe dalla attribuzione costituzionale! E certo non lo fa, demandando ai dpcm la normazione concreta, futura e perfino incerta! E con ciò inoltre smentendo la necessità e l’urgenza del provvedere! Pertanto il decreto, munito (straordinariamente: art 77) del solo potere di provvedere (con urgenza) ad un caso concreto (presente non futuro come si diceva), privo quindi di ogni altro potere, è privo tanto più del potere di conferire poteri a sé o ad altri (al presidente del Consiglio con i suoi dpcm?) ! A parte tutto ciò: se l’elucubrazione sulla delega punta a riportare, alla specie, lo schema del “decreto legislativo” (art 76 cost., che il Governo ha il potere di emanare ma per delega della legge che determini “principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetto definito”): essa dovrebbe almeno sospettare, se non immediatamente cogliere, che sta innovando nelle fonti costituzionali del diritto, senza previa (pur necessaria) revisione della costituzione (art 138 cost.)! pietro diaz