1. Il
rimedio lo elucubra l’esponente
di un partito governativo, il costituzionalista Ceccanti, che,
cominciando a ruminare, già dal
dì 28 aprile 2020, che “Niente
impedisce al Parlamento di trovare una soluzione per conciliare libertà di
culto e tutela della salute”;
lamentando l’eccesso dei dpcm (emessi dal vertice di un governo formato dal suo partito..!),
sbozzato un primo “emendamento” :
“art 2 Al comma 1, dopo il secondo
periodo è inserito il seguente:
“Gli schemi di decreto di cui al presente comma sono trasmessi alla Camera dei
deputati e al Senato della Repubblica per l’espressione del parere delle
Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine
di sette giorni, decorso il quale il decreto può essere comunque adottato”;
sbuca infine nel definitivo:
«Il Presidente del Consiglio o un ministro da lui delegato illustra preventivamente alle Camere il contenuto dei provvedimenti da adottare, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi (sic) dalle stesse formulati, ove ciò non sia possibile, per (ragioni di urgenza connesse alla natura delle misure da adottare), riferisce alle Camere ai sensi del comma 5, secondo periodo».
1.1 E dandone spiegazione informale ad alcuni colleghi:
“Ho
predisposto un emendamento al decreto 19 che va in Aula giovedì per
parlamentarizzare (sic) i Dpcm.
Si tratta di una fonte (sic) che nel corso dell’emergenza ha finito per avere
un rilievo sconosciuto in precedenza.
Entrando in una nuova fase appare opportuno regolarli in modo diverso (sic): ferma la
responsabilità piena del Governo sulla sua (sic) emanazione (sic), appare però
opportuno introdurre un parere preventivo del Parlamento, obbligatorio anche se
non vincolante, con un tempo certo di una settimana. In tal modo alcune
criticità (sic) potrebbero essere prevenute dal Parlamento, senza che esso
debba essere costretto ad intervenire ex post su (sic) altre fonti (sic). Una
tecnica che in questo periodo ha consentito di risolvere alcune questioni (ndr
quali?), ma che ha finito fatalmente per rendere molto più complesso e
difficilmente comprensibile il sistema delle fonti (sic).
Il decreto 19, che era nato appunto, per riportare ordine nel sistema, darebbe
così anche una soluzione stabile e ragionevole “ (sic) [ ndr: qui
necessariamente si tralascia il commento di parole mezze frasi paralogismi
paragiurismi paraconcettualismi …
(quelli contrassegnati). Se si avrà tempo e voglia lo si farà un’altra
volta..].
E manco a dirlo:
1.2 “Via libera dell’Aula della Camera all’emendamento del Pd, riformulato su proposta del governo, che dispone la parlamentarizzazione dei dpcm. I voti favorevoli sono stati 260, i voti contrari 211 e 9 astenuti!”
E per di più
“Insoddisfatti parlamentari di Fdi che invece chiedevano che il parere del
parlamento fosse vincolante (sic) : così “Lollobrigida” ….
Or bene, i dpcm
2. Se li si va a cercare tra le fonti del diritto (art 1 Preleggi”): non li si trova.
2.1
Se li si va a cercare nella decretazione governativa avente forza di legge
(decreti legislativi, decreti legge), o “forza” di regolamento; o nella decretazione
ministeriale o interministeriale avente quest’ultima forza (artt. 14 ss L. n.
400 1988), non li si trova.
Si trovano vaghi “decreti” del presidente del Consiglio, di ordinaria o di “alta” (talune nomine
dirigenziali) amministrazione: dunque provvedimenti strettamente amministrativi.
Se li si va a cercare nella Costituzione, lì dove questa assegna al
Governo capacità normative (artt. 76.ss,
92 ss), non li si trova (tanto che, vd sub 2, taluno ha cautamente
ritenuto che, essi, abbiano “fonte” in deleghe -a pcm- da decreti legge).
Mentre si trovano, per contro, nella dipieciemiade (plenipotenziaria) Conte (e per il, vero, , ben deflatti, in antecedenti prassi , che, anche per trarre spunto nomativo dai vaghi “decreti” della legge 400, non possono che mutuarne la sostanza, di atti amministrativi (seppure, perché generalizzanti, normativizzati, come ha “insinuato” un avvocato dello Stato).
Ebbene, immaginiamoli “parlamentarizzati”(Ceccanti, sopra).
3. L’accesso del parlamento (con l’emissione obbligatoria di parere….) ai dpcm (atti amministrativi) non dà a questi un che di legislativo?
E arduo non rispondere affermativamente. Giacchè:
4.
un organo legislativo che integri (con
parere obbligatorio) un atto amministrativo non potrebbe non trasmettergli
qualcosa di sé: attore (anche parziale) e atto mescolano (anche solo in parte)
le rispettive nature.
Ma
il mescolamento, del legislativo nell’amministrativo (e viceversa), poiché
concerne attività di organi
costituzionali (parlamento e
presidente del consiglio dei ministri) è
possibile solo se
costituzionalmente previsto.
Sia perchè attribuirebbe al parlamento una (nuova) funzione normativa
(bisognosa di previsione tanto quanto la funzione non legislativa del
parlamento: artt. 69, 70, 76, 90, 97 etc..).
Sia perché, forse anzitutto, darebbe
immunità, da giurisdizione ordinaria o
amministrativa (artt. 24, 28, 103, 113
Cost.) a dpcm (eventualmente) lesivi di
interessi legittimi o diritti, e dannosi (o minacciosi di danno).
Ebbene:
oltre la contaminazione delle nature delle due attività, ha voluto anche tale conseguenza il costituzionalista, che illustrando l’emendamento ha proferito (vd sopra) : “ferma la responsabilità piena del Governo sulla sua (del dpcm) emanazione….”?
4.1Tutto ciò non mostra l’inconciliabilità al sistema giuridico della “parlamentarizzazione” degli atti amministrativi?
…………………………………………
Un commentatore del brano su esposto ha
voluto: “solo sommessamente sottolineare
che i DPCM adottati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte derivano
semplicemente da quanto previsto dal DECRETO-LEGGE 23 febbraio 2020, n. 6
Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza
epidemiologica da COVID-19. (20G00020) (GU Serie Generale n.45 del
23-02-2020)note: Entrata in vigore del provvedimento: 23/02/2020
Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 5 marzo
2020, n. 13 (in G.U. 09/03/2020, n. 61).
Art. 3
Attuazione delle misure di contenimento
1. Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza
nuovi
o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o piu’
decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro della
salute, sentito il Ministro dell’interno, il Ministro della
difesa,
il Ministro dell’economia e delle finanze e gli altri Ministri
competenti per materia, nonche’ i Presidenti delle regioni
competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una sola
regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente
della
Conferenza dei presidenti delle regioni, nel caso in cui
riguardino
il territorio nazionale.”
Si è risposto:
“Toccato il nervo più scoperto…
La previsione del dl n 6 art 3, è stata usata:
1. per dire che i dpcm sono possibili giacchè previsti dal dl n 6 art. 3;
ma, come si è osservato (anche scrivendo di Ceccanti), i dpcm hanno origine in inveterata prassi;
2. per dire che i dpcm sono legittimi giacchè “delegati” dal dl. n 6 art 3;
ma si deve obiettare:
che, essendo il “decreto legge”, atto “provvediment(o)” (così art 77 cost. ) regolativo esclusivamente di ” casi straordinari di necessità e d’urgenza” (specifici irripetibili concreti attuali);
se (esclusivamente) ciò non facesse, evaderebbe dalla sua posizione e attribuzione costituzionali!
E certo non lo fa, demandando ai dpcm (art 3 cit.) la normazione concreta, futura e perfino incerta!
Per di più (clamorosamente) smentendo la necessità e l’urgenza del provvedere!
3. Pertanto il decreto, munito (straordinariamente: art 77) del solo potere di provvedere (con urgenza) ad un caso concreto (presente non futuro!), privo quindi di ogni altro potere, è privo (tanto più) del potere di conferire poteri, a sé o ad altri (al presidente del Consiglio con i suoi dpcm?)!
Se lo facesse, innoverebbe nelle fonti del diritto costituzionalmente previste, e lo farebbe surrettiziamente, aggirando la necessità di revisione della Costituzione ex art 138 cost. .
4. Ciò è talmente vero che (l’elucubrazione del) la “delega”, dal dl ai dpcm, simula ( senza arrossire!) lo schema del “decreto legislativo” (art 76 cost.), che certo il Governo ha il potere di emanare, ma per (prevista !) delega della legge (che determini “principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetto definito”…).
Simulazione tanto più aggirante, con innovazione indebita, le necessità di revisione della Costituzione ex art 138 cost..
5. Comunque, l’evocazione dell’art 3 dl n. 6 è assai feconda.
Perchè stimola il sospetto e l’ insinuazione:
Che la menzione ( o la “delega”) dei dpcm, miri alla conversione d’essi, “atti amministrativi” – impugnabili davanti le giurisdizioni ammnistrative od ordinarie per lesioni di interessi legittimi e di diritti -, in atti legislativi ( per derivazione dai deleganti), in norme del dl (!) – inoppugnabili davanti quelle giurisdizioni.
Che essa punti, quindi, alla deresponsabilizzazione giuridica del decretante. E alla irrisarcibilità dei “decretati”.
5.1 D’altronde, se si va a vedere (qui può solo cennarsi), ogni dl da’ (strategicamente) per “fatti salvi” i dpcm emessi sulla base del precedente…!.
6. Ma non è detto che il piano avrà successo…”
pietro diaz