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ANARCHIA DEI SOGGETTI DELLE FUNZIONI E DELLE ATTIVITA’ DI UN INCIDENTE PROBATORIO

Da un atto di appello.  

 1. Per art. 498.3 , l’esame testimoniale del minorenne è condotto dal presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti.  Nell’esame il presidente può avvalersi dell’ausilio ….di un esperto in psicologia infantile.

1.1 Il che implica che l’esame spetta alle parti, ma che è attuato dal presidente. Che il presidente non ha potere di esame ma solo di mediazione di questo. Il che solo la sequenza rispetta , malgrado tutto, la terzietà e l’imparzialità ( e la dispositività a favore delle parti) del giudice nella formazione della prova testimoniale.

1.2 E implica, nella sua prima parte,  che la disposizione (attinente il nucleo della formazione della prova testimoniale, in specie è stata pesantemente trasgredita (è’ sufficiente uno sguardo panoramico al verbale dell’incidente probatorio per constatarlo) .
1.3   Nella seconda parte, peraltro, quella concernente l’ausiliario del presidente , implica che, questi, non ha potere di esame e nemmeno di mediazione d’esso. Implica che il presidente non può farsi sostituire,  nel (la mediazione del) l’esame. Anzi,  che deve impedirgli di fare esame.
1.4 E implica che la disposizione  (attinente il nucleo della formazione della prova  testimoniale), in specie è stata pesantemente trasgredita (è’ sufficiente uno sguardo panoramico al verbale dell’incidente probatorio per constatarlo).. 

2. Per art. 499.2. 3. 6 cpp, nel corso dell’esame sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte. Nell’esame …sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte. Durante l’esame è garantita la genuinità delle risposte.  
2.1.   E  per art. 188 cpp , nella formazione della prova dichiarativa,non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata,  metodi e tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o  ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti.
2.2  Il che  implica  che la disposizione (attinente il nucleo della formazione della prova testimoniale), in specie è stata pesantemente trasgredita (è’ sufficiente uno sguardo panoramico al verbale dell’incidente probatorio per constatarlo).
3. Per art. 506 2. Cpp  il  giudice, dopo l’esame e il controesame, può rivolgere domande ai testimoni. …

3.1 Orbene, notato che , per quanto sub A. il giudice è stato esaminatore autonomo (e che è stato anche controesaminatore) va rilevato che non ha potuto essere riesaminatore.

3.2 Va cioè rilevato che l’intero procedimento di formazione della prova, siccome legalizzato, è manifestamente aberrato .
3.3 Fino al punto da render apocrifa, non autentica, la dichiarazione testimoniale, perché da altri, sia pure per interpretazione e per traduzione della sua, composta. 
Conclusione
4.Si chiede che sia rilevato e dichiarato, con riforma assolutoria, della sentenza, perché il fatto (non è previsto dalla legge come reato o) non costituisce reato (se fossero ritenuti sussistenti i “rapporti sessuali”: sent. P. 3) .   


5. Ora, le regole di formazione della prova recano in sé il divieto di violarle. La violazione delle regole comporta la produzione di prove vietate , e, quindi, la violazione di divieti di prova .
5.1 Per cui , è del tutto incomprensibile, e fallace, l’assunto magistratuale  che differenzia, nella applicazione della sanzione della inutilizzabilità ex art 191 cpp, tra prove vietate all’inizio  e prove vietate al seguito; per l’identità del valore funzionale dei due divieti, la disparità della veduta e del trattamento andrebbero portati davanti la Corte Costituzionale  per irragionevolezza. Ma se non lo fosse, l’assunto, incomprensibile e fallace:

5.2 manifestamente fallito il procedimento di formazione della prova , per quanto sub C. 1.1 , e clamorosamente fallito per conseguenza il risultato della prova, , appare inaccettabile l’asserto , in sentenza, per cui  “le risultanze agli atti depongono per la penale responsabilità dell’imputato” (pa.2) . 
Conclusione
6 . Si chiede che sia rilevato e dichiarato, con riforma assolutoria, della sentenza, perché il fatto (non è previsto dalla legge come reato o) non costituisce reato (se fossero ritenuti sussistenti i “rapporti sessuali”: sent. P. 3) .   

Peraltro , a proposito:
7. Dato l’incidente probatorio per assunzione della testimonianza della po.,   che assumendo  forma dibattimentale, subordina alle contestazioni (artt. 500 e 503 cpp) l’accesso e l’appartenenza, ad esso, delle precedenti dichiarazioni dell’assunto:
7.1 . Ha mancato la prova impiegabile, la sentenza,  che ha adottato a fondamento probatorio (esclusivamente) la sommaria informazione testimoniale, ex art 351 cpp , della p.o..
7.1 Ciò sino alla conseguenza, estrema, della mancanza di (sua) motivazione, grafica, rilevante ex art. 125.3 cpp. 
Conclusione
8.Si chiede che sia dichiarato, e annullata la sentenza.

L’imputazione: scomparizione nella parte argomentativa e deliberativa della sentenza , riapparizione nella parte dispositiva!


“delitto di cui agli artt 81 cpv , 609 bis commi 1 e 2 , n 1, per avere costretto, mediante violenza, in tempi diversi e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, … E… ( nato a    il    ) affetto da microcefalia con diagnosi “ Disturbi Specifico dell’Apprendimento ( DSA)”,  a subire atti sessuali. Atti consistiti nel costringere la persona offesa a subire rapporti sessuali di natura orale e anale.

Commesso in …, tra Luglio e Settembre …”


Da un atto di appello

Il fatto enunciato dalla sentenza,  contro l’imputazione


1. Quanto al requisito della sentenza (art. 546 cpp) consistente nella “concisa esposi

zione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata” , “con riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono alla imputazione e alla loro qualificazione giuridica “(art. 546. 1 e) n 1 cit. ),  l’unica attività  della sentenza la si rinviene  all’ultima pagina , dove “l’imputato…non ha esitato a profittarsi sessualmente di un disabile , per soddisfare turpi ed esecrabili desideri, causando nello stesso  profondo e grave stato di stress , anche in considerazione della giovane età e dell’avvenuto ripetersi degli episodi”.
2. Dove, il profittarsi sessualmente di un “disabile”,implicando il consenso o il non dissenso (naturalistici e giuridici, perchè ultrasedicenne, sebbene minorenne, e perchè avente diritto alla sessualità, seppure non abusata, “il disabile” [vd,  sulla qualificazione,  altrove] , del soggetto, sul  “profitta(mento)”, implicando condivisione del suo oggetto, interazione sessuale, bilateralità della realizzazione del sesso:
nulla ha a che vedere con la azione sessuale unilaterale,  non consentita o dissentita,  incondivisa, attuata con  violenza costrittiva del subimento (secondo imputazione) di “atti sessuali”, assoggettato  l’altro, di cui alla imputazione .
3.Ciò, ovviamente, se la terminologia della legge ha un senso e un valore giuridicamente cogenti, se essa descrive differenzia e (così) istituisce i fatti penali – se il reato de quo non è di lesione ma di modalità di lesione, se è reato a condotta non libera ma vincolata (oltre che ad evento , di subimento o di compimento, di atti sessuali, non libero ma vincolato-,  tipici;
3.1 e se essa,  come tale,  dirige l’esercizio della giurisdizione il cui ruolo,  oltre quello di dichiararla sia  quello di ricalcarla fedelmente, inscindibilmente (  senza parafrasi o perifrasi o circonlocuzioni), con immancabile  attinenza linguistica e lessicale ad essa.
3.2 Ebbene,  se  ciò è metodologicamente interpretativamente (epistemologicamente)  presupposto, allora:
3.4  la composizione del requisito sub 1, nella sentenza appellata,  conduce ad attività sessuale consentita o non dissentita, bilaterale, condivisa, non esclusiva dell’agente, del tutto irriferibile a quella in imputazione –  unilaterale costrittiva assoggettativa- , neppure allusiva d ‘essa . L’attività sessuale  di cui al comma 2 n. 1 dell’art. 609 bis cp, indotta mediante “abuso della condizione di inferiorità fisica o psichica” del partner. 

La conseguenza : error in procedendo

3.5 Segue che la sentenza è clamorosamente fuoriuscita dalla cornice fattuale e giuridica della imputazione, che ha ristrutturato  il fatto di questa.
3.5.1 E che avendolo fatto senza la mediazione del pubblico ministero  non impiegante  l’art. 423 cpp, ha invalidato sé stessa per inosservanza dell’art. 521 comma 2 cpp, comportante la nullità di cui all’art 522 cpp, da rilevarsi e dichiararsi ex art. 604cpp.
Ciò che si chiede sia fatto, mediante annullamento della sentenza appellata.

D’altro canto, sulla motivazione4.  Se nella integrazione del (sub)requisito della sentenza ex art 546 cit,  l’”indicazione dei risultati acquisiti e dei criteri di valutazione della prova adottati” (nelle  due pagine precedenti quella sub 1 della sentenza appellata)  fosse coerente al (l’esito  ricostruttivo del) fatto sub 3.4 , essa sarebbe incoerente al fatto di cui al dispositivo, corrispondente a quello in imputazione. 4.1 Se,  invece,  fosse coerente a questo, sarebbe incoerente a quello sub 3.4. .
pertanto
4.2 in entrambi i casi la sentenza, che con quella  indicazione ha dipanato la propria motivazione,   sarebbe mancante  di questa, invalida  ex art 125.co 3 cpp (peraltro, espressamente richiamato  e riaffermato dall’art. 546.3 cpp ).
Conclusione
Invalidità che si chiede sia rilevata e dichiarata , mediante annullamento della sentenza appellata. 
 Comunque
5. Nel caso in cui il corredo probatorio fosse ritenuto coerente all’apparato conclusivo della sentenza, ciò non frustrerebbe la critica d’ esso, sia per la esposizione dei risultati della prova, sia per la loro valutazione.

Difatti
5.1 La esposizione dei risultati della prova (art. 546 1 e) cpp)   è nettamente incompleta (omissis)

5.2 La valutazione della prova, la inerente criteriologia, limitata l’esposizione, come fu, al meccanico resoconto di taluni risultati di taluni mezzi di prova,  è totalmente  mancata….
5.3 Segue che la sentenza ha omesso i risultati di prova  (art 546.2 e) cpp); 
5.3.1  ha quindi omesso l’assunzione e la valutazione d’esse (art 581 co. 1 b) cpp) o ne ha errato la valutazione (ivi). 
Conclusione
5.3.2
Onde in essa, la prova diretta, se non fosse mancante, sarebbe insufficiente o contraddittoria , in violazione della regola di giudizio, assolutorio, in art.. 530.2 cpp
Si chiede che, in riforma assolutoria della sentenza, sia dichiarato.  

Verbalizzazione a piacere della informazione ex art 351 cpp?

Da un appello penale avverso sentenza in giudizio abbreviato

Carenza della verbalizzazione della informazione ex art. 351 cpp.. incertezza del contenuto di questa, inattendibilità (se non inutilizzabilità) di questa.
1. La polizia giudiziaria redige verbale delle informazioni assunte a norma dell’articolo 351 cpp (art. 357 .2 c) cpp.;
1.1 il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’art. 373 cpp (art. 357.3 cpp);
1.2l’art. 373.2 cpp prevede che il verbale sia redatto secondo le,modalità previste dal titolo III del libro II cpp;
1.3 le quali prevedono che il verbale sia redatto in forma integrale (art. 134.2, 357 cpp).
1.4 e che, se il verbale sia redatto in forma riassuntiva, è effettuata anche la riproduzione fonografica (anzi, oggi, col D.L.vo 150/2022: quando la redazione integrale sia ritenuta insufficiente, alla documentazione dell’atto si procede altresì mediante riproduzione audiovisiva o fonografica: arrt- 134 .3 cpp: vedi osservazione seguente in tema di legge posteriore);
1.5 anzi, oggi, col D.L.vo 150/2022, le dichiarazioni della persona minorenne….sono documentate integralmente, a pena di u inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica (art. 373 2 quater cpp);
1.6 di rinforzo, col D.L.vo 150/2022, quando l’indagine riguardi il reato di cui all’art. 609 bis cp, alla documentazione delle informazioni di cui all’art 351 cpp si procede altresì mediante riproduzione fonografica a mezzo di strumenti tecnici idonei(art.. 357 3 bis, art 407. 2 lettera a) 7 bis cpp;
1.7. e, in tesi inapplicabili le disposizioni ora richiamate a dichiarazioni anteriori ad esse, esse, comunque, suggeriscono la debolezza epistemica delle dichiarazioni raccolte senza dette modalità (ciò valga per quanto sub 1.4, 1.5, 1.6 in fine).

Inutilizzabilità o inconsistenza della (avvenuta) verbalizzazione della informazione ex art 351.cpp
2.Fu fatta , in specie, verbalizzazione riassuntiva o integrale, sia pure manuale, della informazione della p.o.?
2.1 Se per verbalizzazione della dichiarazione si intenda la esposizione e la riproduzione di questa, come tale, , dal verbalizzante, nella chiara distinzione, d’essa, dalla sua interlocuzione (mediante domande, inviti, avvertimenti indicazioni, o altro), la verbalizzazione avvenne (nei limiti sopra denunciati!), apparendo la distinzione suddetta nell’alternarsi degli interlocutori (e delle interlocuzioni);
2.2 ma se per verbalizzazione della dichiarazione si intenda, inoltre, la distinzione del lessico degli interlocutori e, comunque, la rappresentazione distinta di quello del dichiarante, allora la verbalizzazione non avvenne, perchè il lessico degli interlocutori è unico omogeneo, omologo, omomorfo. E poiché è impensabile che, esso, sia riferibile al dichiarante, poichè è riferibile al verbalizzante:
2.3 allora la verbalizzazione fu riassuntiva (ad opera del secondo). Fu, quindi, interpretativa del senso logico della dichiarazione. In concreto, fu totalmente interpretativa, stante la (grave) disfasia del dichiarante, come risultante in atti;
2.4 Insomma, essa fu l’esatto opposto della verbalizzazione di una dichiarazione, come normata (anche) dagli articoli 136, 140 cpp. Fu l’opposto di quanto imposto, contrario, quindi, al divieto di discostarsene, quale presidio sia formale che epistemico del “risultato della prova” (ex multis) in art. 192. 1 cpp; quale divieto probatorio ex art. art. ,438 6 bis cpp:
la cui violazione è rilevabile (oltre che nel giudizio abbreviato anche) in ogni stato e grado del procedimento , ex art. 191. 2 cpp. .
3. Quindi, mentre non si dubita che al verbalizzante siano stati forniti spunti dal dichiarante (anche se si non è escludibile che, essi, siano stati tematicamente stimolati o suscitati dal verbalizzante), è nella stessa misura indubitabile che, se non fosse stata attuata formazione della dichiarazione, certo ne sarebbe stata attuata composizione.
4. Dunque, per le fattezze dell’estrinseco e dell’intrinseco, della dichiarazione, sopra esposte, l’informazione va ritenuta inutilizzabile;
4.1 o, altrimenti, inconsistente ( dell’ontico e del deontico di cui dovrebbe consistere);
4.2 o , comunque, svettante al grado massimo di fragilità epistemica, di insidiosità probatoria.
5. Eppure su essa è basata la sentenza….

Inutilizzabilità o inconsistenza della (avvenuta) verbalizzazione della informazione ex art 351.cpp
2.Fu fatta , in specie, verbalizzazione riassuntiva o integrale, sia pure manuale, della informazione della p.o.?
2.1 Se per verbalizzazione della dichiarazione si intenda la esposizione e la riproduzione di questa, come tale, , dal verbalizzante, nella chiara distinzione, d’essa, dalla sua interlocuzione (mediante domande, inviti, avvertimenti indicazioni, o altro), la verbalizzazione avvenne (nei limiti sopra denunciati!), apparendo la distinzione suddetta nell’alternarsi degli interlocutori (e delle interlocuzioni);
2.2 ma se per verbalizzazione della dichiarazione si intenda, inoltre, la distinzione del lessico degli interlocutori e, comunque, la rappresentazione distinta di quello del dichiarante, allora la verbalizzazione non avvenne, perchè il lessico degli interlocutori è unico omogeneo, omologo, omomorfo. E poiché è impensabile che, esso, sia riferibile al dichiarante, poichè è riferibile al verbalizzante:
2.3 allora la verbalizzazione fu riassuntiva (ad opera del secondo). Fu, quindi, interpretativa del senso logico della dichiarazione. In concreto, fu totalmente interpretativa, stante la (grave) disfasia del dichiarante, come risultante in atti;
2.4 Insomma, essa fu l’esatto opposto della verbalizzazione di una dichiarazione, come normata (anche) dagli articoli 136, 140 cpp. Fu l’opposto di quanto imposto, contrario, quindi, al divieto di discostarsene, quale presidio sia formale che epistemico del “risultato della prova” (ex multis) in art. 192. 1 cpp; quale divieto probatorio ex art. art. ,438 6 bis cpp:
la cui violazione è rilevabile (oltre che nel giudizio abbreviato anche) in ogni stato e grado del procedimento , ex art. 191. 2 cpp. .
3. Quindi, mentre non si dubita che al verbalizzante siano stati forniti spunti dal dichiarante (anche se si non è escludibile che, essi, siano stati tematicamente stimolati o suscitati dal verbalizzante), è nella stessa misura indubitabile che, se non fosse stata attuata formazione della dichiarazione, certo ne sarebbe stata attuata composizione.
4. Dunque, per le fattezze dell’estrinseco e dell’intrinseco, della dichiarazione, sopra esposte, l’informazione va ritenuta inutilizzabile;
4.1 o, altrimenti, inconsistente ( dell’ontico e del deontico di cui dovrebbe consistere);
4.2 o , comunque, svettante al grado massimo di fragilità epistemica, di insidiosità probatoria.
5. Eppure su essa è basata la sentenza….

Annullamento di un decreto di sequestro preventivo “in relazione ad aspetti meramente procedurali” : ripetibilità del decreto ( e della sua richiesta da PM: Cass.Pen. 28.06.2022 n. 24937!).

Da una richiesta di riesame ex art 324 cpp

L’annullamento del decreto ex art 321 cpp fu disposto per(chè) “il provvedimento appare privo di autonoma valutazione relativamente agli indizi integranti il fumus dei reati oggetto dei capi di provvisoria incolpazione di cui ai nn. 1), 2), 3) e 4)”;

Orbene
1. L’annullamento suppone l’invalidità di un atto, questa suppone difformità d’esso dalla regola legale di formazione; questa, a sua volta, suppone la tutela di un interesse in concreto mancata; la mancata tutela suppone la lesione dell’interesse:

1.1 ergo non c’è annullamento che non decida nel merito della lesione, che abbia consistenza “meramente procedurale” (terminologia massimata, per differenziare l’atto ripetibile dall’atto irripetibile; terminologia che, tuttavia, non ritiene di dovere distinguere tra annullamento, di un atto e [declaratoria di] inammissibilità, d’esso: vd.. Cass. nel titolo]. Mentre ritiene di potere distinguere, con essa, tra apprezzamento di merito non effettuato ed effettuato!). .

1.2 Tanto meno, ha (né potrebbe avere) consistenza “meramente procedurale” quando ne sia prevista impugnazione (in specie, ex art 311 cpp). Perché la previsione della impugnazione suppone il costo giuridico dell’annullamento e, ritenutane l’opportunità, conferisce la facoltà della sua rimozione.
1.3 Il che implica, a sua volta, che data la possibilità della rimozione mediante impugnazione, solo a questa riuscirebbe quella. Cioè, non è possibile la rimozione dell’atto in altro modo. Tanto meno mediante sua ripetizione. Che, si noti, non è rinnovazione, dell’atto (la quale, peraltro, è collocata in altro quadrante rispetto a quello di specie, Il quadrante degli annullamenti degli atti giuridici processuali  ove agisce la disposizione in art. 185 cpp, in cui la rinnovazione è imposta e guidata dall’annullatore; Disposizione che, non estendibile al caso di specie neppure analogicamente, tanto più preclude la ripetizione dell’atto!). Rinnovazione che suppone innovazione delle condizioni del precedente, e rinnovazione delle opportunità od esigenze della sua riproposizione dell’atto, nel mondo del diritto.

1.4 D’altronde, quando l’annullamento si cali in un sistema, di tutela dell’interesse deciso, che ne preveda l’impugnazione, la tassatività della previsione di questa ne implica la necessità, ad evitare il consolidamento dello stato dell’interesse, leso o illeso.

Comunque, in specie:

2. l’annullamento per difetto di motivazione (autonoma) sul fumus e sul periculum, esclude (necessariamente) la sussistenza dell’uno e dell’altro, se la motivazione è funzione e referente della loro sussistenza, entro un ordine di esistenza formale dei fatti del processo (del quale è specchio l’art. 606 co. 1 e) c.p.p., dove fatto e motivazione sono indistinguibili, insieme al giudizio sull’uno e sull’altra).

2.1 Dunque, ha svolto apprezzamento di merito l’annullamento de quo, proprio quello che, salva l’impugnazione, induce preclusione della ripetizione dell’atto, per quanto sub 1.1 (in parentesi, prima parte).

Rinnovazione o ripetizione dell’atto?

3. D’altronde, quando la reiterazione dell’atto annullato controverta della decisione di annullamento, tocchi le ragioni di questo passando (surettiziamente) per quelle prospettate dalla difesa[1], c’è impugnazione. un vero e proprio atto di impugnazione seppure formalmente vizioso (perché fuori termine e fuori luogo).

3.1 E quando ciò accada, mentre si avverte il vizio, si avverte l’impugnabilità della decisione e la rinuncia tacita ad essa.

3.2 E, insieme ad esse, l’evidenza che, l’atto, non innova nel precedente.

4. D’altronde, nulla di innovativo, se non la disputa suddetta sulla decisione originaria, è addotto dal decreto di sequestro né da richiesta di pm ( cfr. richiesta del p.m. 1.1.3 – “del tutto infondate le argomentazioni porte dalla difesa in sede di riesame che si sono limitate a prospettare una differente ricostruzione dell’accaduto senza portar alcun elemento concreto che contrastasse il chiaro quadro processuale in relazione a tutti i capo di incolpazione provvisoria”);

4.1 I quali, perciò, han ripetuto il proprio atto. E ciò mostra la ragione della rinuncia alla impugnazione: sarebbe stata dichiarata inammissibile o rigettata!

5. La ripetizione dei due atti è inammissibile, sia perché non prevista come alternativa alla impugnazione, anzi, perchè esclusa da questa, sia perché attuante bis in idem del deciso – ammessa la ripetibilità dell’atto, il minimo che essa postuli è che, esso, innovi nel precedente, che esso sia rinnovazione: vd sub 1.3-.

5.1 D’altronde, legandosi, l’annullamento dicente che non era motivato fumus né periculum (dicente quindi che non vi erano fumuspericulum!) al decreto residuo, la reiterazione, e la richiesta relativa, non avrebbero potuto non innovare in esso, nelle sue condizioni, per rendersi ammissibile e giudicabile.

5.3 Anzi, nella mancata innovazione della richiesta del Pm, nella sua ripetizione il gip avrebbe dovuto ravvisarvi l’ inammissibilità, perché incorporava le ragioni dell’annullamento.

6. Questa inammissibilità si chiede sia rilevata dal Tribunale, quale ragione della propria declaratoria di inammissibilità del decreto di sequestro, o dell’annullamento d’esso per violazione del divieto del bis in idem: . Pen. Sez V

6.1 In altre parole Il GIP avrebbe dovuto rifiutare giurisdizione alla domanda del Pm, perché ripetitiva di quella la cui prospettazione era stata annullata dal Riesame, la cui decisione non era stata impugnata.

6.2 Essendo Egli, d’altronde, privato della giurisdizione sia dalla mancata impugnazione, dal PM, della decisione sul suo primo decreto, sia dalla ripetitività della domanda.


[1]          – “fuorviante si palesa il riferimento difensivo al c.d. appalto “labour intensive“, in cui l’appaltatore privo di mezzi, utilizza solo il fattore lavoro, in quanto la valutazione del fumus boni iuris in ordine all’esistenza nella specie di un appalto non genuino emerge con nettezza non dalla isolata considerazione di un singolo elemento, ma dalla valutazione globale di tutti gli indici fondamentali di cui sopra integranti le caratteristiche proprie del contratto di appalto, indebitamente utilizzato nel caso in esame, come detto, per dissimulare l’interposizione illegale di manodopera a fini di indebita detrazione dell’ IVA”;

              – “le ulteriori deduzioni della difesa non paiono meritevoli di accoglimento, essendo stato verificato, con riguardo alle dichiarazioni della parte a carte 30, relative alle “varianti citate nel contratto di appalto” (a6) a proposito dell’avvenuta determinazione del corrispettivo che dimostrerebbe, stando al suo dire, l’asserita inesistenza del rischio di impresa in capo al committente, che, in realtà, esso corrispettivo, sulla base dell’esame dei prospetti riepilogativi, era riconosciuto per la fornitura di manodopera e determinato in concreto sulla base delle ore lavorate e della paga oraria di ogni singolo dipendente somministrato e non con riferimento alla realizzazione del servizio e dopo il suo espletamento, come avviene, invece, nel caso dell’appalto genuino

              – “l’avvenuto rilascio delle certificazioni attestanti l’ammontare delle somme corrisposte e delle trattenute operate ai sostituti dell’anno precedente può essere provato – contrariamente a quanto eccepito dall’indagato – anche soltanto alla stregua del Modello 770 qualora questo, come nella specie, contenga il riferimento alle certificazioni predette”;

Tizio , accusato di reato ex art . 73.5 dpr 309/90, è giudicato “p.q.m. Visto l’art. 131 bis cp, 530 c.p.p. assolve ……..dal reato al medesimo ascritto perchè non punibile per particolare tenuità del fatto. Visto l’art. 323 c.p.p. ordina la restituzione del bilancino a….. Visti gli artt. 240 c.p., 85 e 87 dpr 309/90 ordina la confisca e la distruzione della sostanza stupefacente in sequestro. Motivazione contestuale”.

1. appellata la sentenza, PG presenta  conclusioni scritte (numeratura sottolineatura e grassetto dello scrivente):


1.1.“Visti gli atti del procedimento di appello sopraindicato a carico di ********* condannato in primo grado per il reato ex artt. 73 comma 5 DPR 309/90 , si formulano le seguenti osservazioni e conclusioni.

1.2 Preliminarmente, si sollevano dubbi sulla costituzionalità della disposizione dell’art. 593 comma 2 c.p., nel punto in cui ammette l’impugnabilità delle sentenze di assoluzione. Invero, la disposizione è totalmente eccentrica rispetto a quella del comma 1 e 3: il primo comma stabilisce il principio per cui l’imputato può impugnare contro le sentenze di condanna, mentre i terzo pone eccezione alla regola, limitando l’impugnazione di alcuni tipi di condanne.

Il secondo comma invece ammette l’impugnazione di una pronuncia assolutoria che non ha nessuna possibilità di arrecare pregiudizio all’imputato, a differenza di quelle di cui al comma 3!!

1.3 Se non è possibile pervenire a dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione delle sentenze ex art. 131 bis c.p. in via interpretativa, si rappresenta l’opportunità di sollevare la questione di costituzionalità per il difetto di ragionevolezza.

Nel merito, le questioni poste dall’appello sono solamente infondate. La destinazione allo spaccio è comprovata dal possesso degli strumenti tipici di chi la droga la vende e non la consuma e basta, Pur non condividendo i motivi di appello, si ritiene che il reato per cui si procede sia prescritto (11/2/2014).

1.4 Conseguentemente, in subordine alla dichiarazione di inammissibilità, si chiede in riforma della sentenza di I^ grado, una sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato a seguito prescrizione”;

Orbene

Sugli  enunciati del PM

2. sub 1.1.: 
se la sentenza, come scrive, è di “condanna”: Egli ha forse eccepito  “il difetto di ragionevolezza” della sua appellabilità? Tuttavia si ammette che  potrebbe essere caduto in  lapsus calami, giacchè la sentenza, manifestamente,  “assolve” l’imputato

3.sub1.2: :
il verbo impugnare è generico e, quindi, inconferente al discorso:  se impugnano le sentenze tanto l’ Appello quanto il  Ricorso per Cassazione.
Esso, perciò, nell’uso concreto del PM, avrebbe dovuto distinguere.
3.1 Anzitutto  perché la ricorribilità per Cassazione della sentenza inappellabile ne implicherebbe (comunque) l’impugnabilità. Così come farebbe l’appellabilità, della sentenza – che godrebbe di impugnabilità doppia-.
E ciò pare sfuggire, anzi non avvenire, nel discorso  del PM.

3.2 Poi,  perché l’uso aspecifico  del verbo impugnare,  ha oscurato  i termini della questione del “difetto di ragionevolezza” (se questo fosse, e non è: vd tra poco) .
3.3 Perchè è pensabile  che sia la limitazione della impugnabilità (non la sua esclusione!) a dare ragionevolezza alle differenze (irragionevoli per il PM).
Essa (limitazione) potrebbe accompagnare differenze tra impatti, delle sentenze,  nella sfera giuridica penale o extrapenale dell’interessato:
 a) appellabili e ricorribili le sentenze assolutorie ad impatto nella sfera giuridica extrapenale dell’interessato;solo ricorribili altre; .
b) appellabili e ricorribili talune sentenze condannatorie;  ricorribili altre,  in proporzione alla misura  dell’impatto nella sfera giuridica penale ed extrapenale.   .
3.4 In altre parole, il vizio del discorso del PM sta nell’ignorare che le assoluzioni appellabili sono dannose extrapenalmente -in civile amministrativo e altrove ( facendovi stato o similmente);  più dannose , nella sfera guridica complessiva, delle condanne inappellabili – peraltro , non inimpugnabili, perché ricorribili per Cassazione-.
3. A riprova,
  la sentenza di assoluzione, ex art 131 bis cp,   per lieve entità del fatto – supponente che il fatto sussista, che l’imputato lo abbia commesso, che esso sia antigiuridico sebbene non punibile; e che, quindi, a pieno titolo affluisce alla serie delle sentenze di assoluzione appellabili ( perché non dichiaranti insussistenza  o non commissione del fatto)-:  
–  è annotata nel casellario giudiziale ex art 3 d.p.r. 14 novembre 2002 n. 313 a mente del quale sono iscritti: “f) i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l’imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’articolo 131-bis del codice penale;

– la sentenza ex art 131 bis c.p. permane nel casellario ex art 5 d.p.r. 14 novembre 2002 n. 313 per dieci anni dalla pronuncia: “d-bis) ai provvedimenti giudiziari che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’articolo 131-bis del codice penale, trascorsi dieci anni dalla pronuncia;”;

– l’assoluzione per lieve entità del caso di specie è ammessa ex art 131 bis, 3 c, c.p. “L’offesa non può essere altresì ritenuta di particolare tenuità quando si procede…per i delitti consumati o tentati previsti…dall’art. 73 d.p.r. 309/90 salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo” e l’imputato può sempre appellare detta sentenze in regime di divieto di reformatio in pejus.

Pertanto
3.5  Sono proprio appellabilità di alcune  assoluzioni,  inappellabilità e tuttavia ricorribilità di alcune condanne, sono proprio le rispettive e complessive ragioni (sopra esposte), da impiegarsi  per accertare ragionevolezza o irragionevolezza del loro collettivo trattamento. 
Non  è il solo confronto  di assoluzioni e condanne rispetto alla “impugnazione” , come vorrebbe il PM.  

4. sub 1.3: 
Quindi, se   infondata pare la questione di legittimità costituzionale sollevata dal PM,  inaccettabile appare la sua proposta di evitarla per via di “interpretazione” dell’art. 593 cpp. Interpretazione che,   in effetti e manifestamente, rifà’   l’art. 593.2 cpp. .
5. Sub 1.4:
Tanto più quando, per tale via,  Egli pretende declaratoria di inammissibilità dell’appello di specie, sebbene l’inammissibilità (processuale) rinvii a previsioni espresse e casistiche,(per tutti:  art. 606. 1 c) cpp).

Pietro Diaz con Maria Carla Sunch

Appello in materia diAtti osceni in luoghi abitualmente frequentati da minori, testimonianze della persona offesa, individuazioni fotografiche di persona, logiche del giudice, modificazioni indebite del fatto in imputazione, inosservanza delle nozioni giuridiche di prova mancante, prova insufficiente, prova contraddittoria, prova oltre ogni ragionevole dubbio. Et cetera…

 Appello avverso sentenza Tribunale Penale di…, con la quale  M,  imputato di imputato del delitto ex artt. 81 cpv 527 c.p. perchè “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso compiva atti osceni in luogo pubblico; nello specifico il predetto in tre occasioni si recava presso la spiaggia della… nella pineta di ….. (luogo abitualmente frequentato da minori) e si masturbava in prossimità dell’asciugamano di V  e T  ragazze minorenni che da giorni frequentavano il suddetto arenile. Fatto commesso in… dal… al …. 2019”, era condannato :

P.Q.M. Visti gli articoli rubricati, 81 c.p., 533 e 535 c.p.p. dichiara M colpevole dei reati a lui ascritti, avvinti dal vincolo della continuazione e lo condanna alla pena di 6 mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa. Visti gli artt. 538 e ss. condanna M al risarcimento del danno in favore delle Parti Civili costituite rimettendole davanti al competente giudice civile per la sua esatta liquidazione ed assegnando in loro favore una provvisionale, immediatamente esecutiva, pari a 1.000,00 euro ciascuna. Visto l’art 541 c.p.p., condanna M alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla Parte Civile, liquidando le spese medesime in € 1.355,33 ciascuna oltre spese generali (15%), iva e cpa. Visto l’art. 544 c.p.p. indica in 90 giorni il termine per il deposito della motivazione.

Si impugnano i capi e i punti della sentenza di cui in appresso, per le ragioni in fatto e in diritto e i motivi lì indicati.

Parte Motiva della sentenza

A.1.P 6. “tre ragazze nell’estate del 2019”. Diversificazione del tempo del fatto. Affermazione del fatto non imputato. Nullità della sentenza ex art 522 c.p.p., che si chiede sia dichiarata.
1. La sentenza salta a piè pari la cronologia dei fatti esposta dalla imputazione. Ne applica un’altra per stagioni, non per mesi settimane giorni. Quindi, oltre a non porre sé stessa in grado di asserire storicamente i fatti, distoglie i fatti dal tempo che pure avevano. E, diversificandoli nella dimensione temporale,. li diversifica anche in quella spaziale, se lo spazio muta insieme al tempo, se lo spazio di un tempo non è quello stesso di un altro tempo.

Ma senza eccedere in obiezione, diversificati che fossero, i fatti , non potrebbero essere da essa giudicati, senza mediazione del pubblico ministero, la quale, mancata prima della camera di consiglio, ex artt. 516 ss c.p.p., deve essere ricercata dal giudice ex art 521.2 c.p.p..

2. Ma perché la sentenza temporizza per stagioni? Mancanza o insufficienza o contraddittorietà della prova ex art 530.2 c.p.p., ignorate dalla sentenza. Totale fraintendimento della prova per condannare ex art 533 c.p.p. Violazione delle disposizioni or dette. Violazione della gnoseologia della prova d’accusa e di difesa ex art 546.1 e) cpp. Che si chiede siano dichiarati a sostegno della riforma assolutoria della sentenza.

2.1 Temporizza per stagioni perché la temporizzazione , dei fatti, della imputazione, per giorni di un mese (di un anno) precisi, è travolta dalle testimonianze dibattimentali delle po, eversive delle sit antecedenti.
La sentenza lo sa, e lo dice “Tre ragazze nell’estate del 2019, assistettero alle masturbazioni di M che si era posizionato sulla spiaggia della “Conchiglia” a pochi metri da loro (cfr. V, T e B):

a p 3: Per V, almeno due degli episodi si sarebbero verificati ad agosto, contrariamente alla imputazione. Inoltre, in nota 1, p 3: il numero degli episodi va da tre a quattro poi di nuovo a tre, ancora contrariamente alla imputazione.

a p. 4 in note 2 e 3, appare la inidoneità della testimone T alla collocazione temporale neppure approssimata dei fatti, contrariamente alla imputazione.

a p 5: la testimone B, è incapace di collocare temporalmente i fatti, contrariamente alla imputazione, e li colloca nell’estate del 2019 di pomeriggio.

2.2 La sentenza lo sa, lo dice, ma non ne trae le debite inferenze, in termini di mancanza della prova del (tempo del) fatto, o almeno della sua insufficienza . Né trae inferenza, in termini di contraddittorietà della prova, di ciascuna prova al proprio interno (per il divario tra sit e testimonianza: vd verbale dibattimentale, controesame difesa, udienza del 06.05.22 V e T e del 11.11.22 B): delle prove testimoniali tra loro (vd incrocio deposizioni dibattimentali delle testimoni suddette), ad esempio del quale: a p 5 la testimone B, peraltro incapace di collocare temporalmente i fatti in modo conforme alla imputazione, come detto, descriva condotte dell’uomo totalmente difformi da quelle descritte alle altre ragazze (egli le seguirebbe masturbandosi ed ogni loro tentativo di allontanarsi sarebbe stato vano. B. dica che in quell’atteggiamento sarebbe stato fotografato dalle ragazze, laddove la foto prodotta da queste, in atti, rappresenti un uomo sdraiato sulla schiena, statico, le gambe ripiegate sulle ginocchia, occhiali da sole e foglio tra le mani). Ebbene, malgrado tutto ciò, il giudice non rileva la macroscopica contraddittorietà di questa testimonianza alle altre, la contraddittorietà di questa testimonianza alla risultanza fotografica; il giudice non rileva che la testimonianza confuta le altre; non rileva, insomma, la contraddittorietà della prova e quindi la sua inadeguatezza a sostenere condanna.

2.3 Cioè, la sentenza, non solo omette di indicare i risultati di prova (art 546 1 e) c.p.p.), ma omette di valutarli alla luce delle regole di loro identificazione in art 530.2, 533 c.p.p. (prova mancante, insufficiente, contraddittoria, prova di condanna al di qua di ogni ragionevole dubbio ex art 533 c.p.p.). Ma omette anche di attivare la benché minima logica probatoria (se non nella misura e col mezzo di cui tra poco: D).

2.4 Ed è per levarsi da tale impiccio che la sentenza temporizza per stagioni. Perché il non farlo non porterebbe ad altro che alla assoluzione dell’imputato per insussistenza dei fatti.

3. Ma la sentenza (p. 5) allestisce il suo deus ex machina, il suo artificio. Il materiale glie lo offre l’appuntato D . Uno (sedicente) vagante alla ricerca di un maniaco descrittogli da soggetti inidentificati ed inidentificabili – sebbene, taluni, appartenenti alla stazione dei cc nella quale egli opererebbe. Uno il cui dire, non declinante la fonte del suo contenuto, non è utilizzabile ex art 203 c.p.p., Uno che, quindi, non riferendo chi gli abbia descritto il maniaco, già per tale ragione processuale non può dire di avere identificato il corrispondente, , nel transitante per la sua stessa strada (a parte che non potrebbe dirlo per altra causa. Perché, sebbene incalzato dal controesame difensivo, della descrizione avuta non ha saputo fornire gli elementi se non di genere. Per conseguenza , non fu, né avrebbe potuto essere, atto a ricondurre alcuno, l’uomo che si trovò davanti, ad una figura imprecisamente posseduta).

L’appuntato fornisce alla sentenza anche un giorno preciso, della sua attività, il 2 agosto 2019, E poiché questo giorno precede i (peraltro non precisati) giorni di agosto dei fatti secondo V ma anche B (vd sub 2.2) , allora i fatti non potrebbero essere avvenuti che precedentemente.

3.1 Ora, a parte che nel giorno due agosto secondo imputazione, sit e testimonianze dibattimentali, non accadrebbe alcuno dei fatti contestati. E a parte che questa indicazione temporale non sarebbe che una delle innumerevoli indicazioni temporali fuoriuscite dal testimoniale del processo, e che, quindi, non si comprende perché essa potrebbe rettificare queste e non viceversa (la rettificazione non potrebbe che essere reciproca), E a parte che la rettificabilità reciproca comporta conflitto tra i differenti termini , comporta contraddizione e, quando questa sia, opera immediatamente la regola di giudizio della prova contraddittoria ex art 530.2 cpp ( e starebbe al di qua di ogni ragionevole dubbio la prova della condanna ex art 533 cpp). E, quando essa sia, il giudice non ha il potere logico di risolverla se non uscendo dal rapporto tra i termini, rinvenendo sostitutivi o aggiunzioni. Insomma, non ha il potere di uscire “preferendo” uno di essi.

A parte tutto ciò.

3.2 Che l’indicazione dell’appuntato possa basare il ragionamento condannatorio della sentenza, presuppone che l’uomo avvistato e fotografato il 2 agosto, M, fosse l’uomo degli “atti osceni”. Presuppone quindi che l’oggetto della prova accusatoria , chi fosse l’autore di quegli atti, sia il soggetto della prova, il suo mezzo! Il che è metodologicamente assurdo, perché equivale a presunzione assoluta di colpevolezza (salva prova contraria), che esonera da ogni prova accusatoria, persino dalla sua introduzione cognizione valutazione.

La presunzione che, senza nemmeno avvertirla, forse, ha praticato la sentenza in esame, che di fatti ha soppresso la prova testimoniale, dando ad essa il contenuto del veicolo della presunzione, il fotogramma di M. abbordato da un carabiniere il due agosto 2019.
4. Per cui la sentenza nemmeno si avvede della totale inidoneità, anzi della eversività metodologica, del mezzo di prova datogli dal carabiniere alla identificazione dell’autore dei fatti. Non si avvede della completa illogicità del procedere, della totale irrilevanza e inconferenza d quel mezzo di prova. Insomma non si avvede che ha dato per dimostrato quel che era da dimostrare.

B. L’individuazione dell’uomo sulla spiaggia. Mancanza o insufficienza o contraddittorietà della prova ex art 530.2 cpp, ignorate dalla sentenza. Totale fraintendimento della prova per condannare ex art 533 cpp. Violazione delle disposizioni or dette. Violazione della gnoseologia della prova d’accusa e di difesa ex art 546.1 e) cpp. Violazione della forma della prova, dei principii di tipicità e di tassatività relativi. Violazione della forma della prova atipica. Violazione della logica comune e giuridica della prova. Che si chiede siano dichiarati a sostegno della riforma assolutoria della sentenza.

1. A p6 della sentenza , le ragazze “riconobbero” l’imputato “con appagante certezza”.
E tuttavia, la immagine oggetto della individuazione non aveva alcuna corrispondenza all’immagine oggetto della fotografia scattata dalle individuatrici (per le ragioni di cui sub 2.2).

1.1 E l’incorrispondenza non avrebbe potuto indurre che il mero possibilismo dell’esito della individuazione.

1.2 E se, a P. 6, si rileva che le ragazze dichiararono di avere osservato sei fotografie e la pg attestò che gliene furono mostrate 8, ciò aumenta il possibilismo del riconoscimento, piuttosto che ridurlo.
1.3 E se si rileva che, trattandosi di atto di indagine informale, non è previsto “un numero minimo di persone”, la sentenza si discosta dal caso di specie, nel quale non erano esibite persone ma immagini fotografiche di persone. Con incremento già per ciò del possibilismo dell’esito della individuazione, per la incomparabilità dell’oggetto della individuazione all’oggetto della visione originaria.

2. E se “una donna” sarebbe il soggetto individuato, in tutte le dichiarazioni e ciò, per la sentenza, sarebbe un “refuso” dei conducenti l’atto:

2.1 intanto quel sostantivo, “una donna” fu oggetto di verbalizzazione. Oggetto mal trascritto? Perché non anche mal recepito? Perché non anche male espresso? Ripetutamente tuttavia!

2.2 E se tutte le precedenti ipotesi sono formulabili, la conclusione del giudice per un refuso grafico dei verbalizzanti, è almeno affrettata.

E se tutte le ipotesi sono formulabili, diviene dubitabile l’intero contenuto della verbalizzazione e l’intero procedimento dell’atto, a loro volta passibili di ogni genere!

Con seguente inattendibilità dell’esito della individuazione.

3. E allorché, P7, il giudice esclude l’influsso condizionante della precedente visione della fotografia (scattata dalle individuatrici), sostenendo che essa avrebbe agevolato il “riconoscimento”, non si avvede, da un lato, che gli estremi di questo eran dati dal soggetto visto in spiaggia e il soggetto della foto individuata. Da altro lato, che vi era tale diversità tra l soggetto della fotografia scattata dalle individuatrici – a corpo intero disteso, gambe raccolte, volto poco visibile e con gli occhiali- ed il soggetto della foto tessera – esclusivamente di faccia, di profilo, senza occhiali in bianco e nero -, tale diversità, si diceva, da potersi se non doversi ipotizzare che l’identificazione sia stata del tutto casuale.

3.1 A parte il rilievo che tutte le individuatrici negarono di avere visto fotografie dei rappresentati prima dell’atto. A parte quindi l’addebitabilità del mendacio a stregua del suddetto rilievo della sentenza stessa.

4. D’altro canto, l’assenza del difensore non ha permesso la identificazione di tutti gli elementi circostanziali della individuazione, le condizioni soggettive e oggettive della ostensione (delle fotografie) e della visione, le reazioni mimiche e verbali alla visione, sia delle individuatrici sia degli operatori.

Assenza del difensore nemmeno compensata dalla riproduzione fonografica o videografica dell’atto. Mancate.
Insomma, nulla garantisce, che gli esiti della individuazione ed il suo procedimento, siano stati quelli di cui a verbale. Onde, il giudizio probatorio avrebbe dovuto essere ben più congetturale e cauto di quello espresso dalla sentenza.

5. Quando, poi, la sentenza (P7) afferma che la forza probatoria non discende dalle modalità formali del “riconoscimento” ma dal valore della dichiarazione confermativa, avvenuta con la deposizione testimoniale, non vede che:

o discioglie il “riconoscimento” nella testimonianza, e, quindi, non potrebbe usarlo;
o, discioltolo nella testimonianza, questa avrebbe ad oggetto un atto del processo e non un fatto (d’altronde, la sentenza stessa rileva che, “nel caso di specie, sentite a dibattimento, le testimoni hanno… conferma(to) l’esito dell’atto di ricerca della prova compito in fase di indagini preliminari”. Parla proprio di conferma dell’atto!).

5.1 E, comunque, avrebbe ad oggetto un fatto proprio e interiore (lo ho riconosciuto!), inammissibile come tale, inammissibile comunque perchè fatto interiore psichico inverificabile all’esterno, insuscettibile di contraddittorio, interamente rimesso al convincimento del testimone!

6. Quanto poi alla “prova atipica”, come ciò sia sostenibile se l’individuazione è tipicamente mezzo di ricerca della prova, non è spiegato!

A parte che la evocazione di una prova atipica, checché se ne dica, contrasta apertamente il principio di tassatività della prova in art 187 c.p.p., ed il principio per cui la prova atipica va promossa preformata ed eseguita nel contraddittorio delle parti ex art 189 c.p.p. (quindi ogni contrario asserto è totalmente abusivo perchè estraneo al potere di interpretazione e comunque, contravventore dei suoi limiti).

7. La Individuazione fotografica della persona garantirebbe più della individuazione della persona, perchè costringerebbe l’individuatore ad un sforzo di memoria maggiore che nella individuazione di persona!

Ma è proprio questo sforzo che mostra la inferiorità probatoria della prima rispetto alla seconda, quando, ovviamente, la visione originaria abbia avuto ad oggetto una persona e non una fotografia.
Ciò sia perchè la fotografia è un surrogato della persona – e, quindi, distanzia l’individuatore dalla visione originaria assai più che se compisse una individuazione di persona. Sia perchè quando, come in specie, la surrogazione aumenti ove la foto riproduca solo parte della persona, parte minima come in specie, aumenta la distanza tra l’oggetto originariamente visto e l’oggetto della individuazione, con decremento proporzionale del valore probatorio della individuazione .
8. La percezione visiva sarebbe, per sentenza, una specie del più generale concetto di dichiarazione!
Pur essendo l’oggetto della dichiarazione? La sentenza confonde il mezzo col suo prodotto?
La dichiarazione non riproduce altro che la percezione visiva senza mai immedesimarsi in essa, senza mai sussumerla a sé!

9. Quanto poi al passaggio, del “riconoscimento fotografico” da mezzo di individuazione della persona a prova atipica (vd sub 6)e poi a prova tout court quando sia confermata a dibattimento:

dato che confermata è la individuazione, dato che non smentita è questa, dato che è confermato una atto del processo, che non smentito è questo:

è del tutto inspiegabile come ciò possa aggiungere il benché minimo valore alla individuazione, inspiegabile come, addirittura, possa trasformarla in prova (se non per pensiero mistico, spiritualistico).

B.1 Ma più radicalmente, sul tema precedente della individuazione. Violazione delle norme processuali inerenti (di cui infra) mancata rilevazione della nullità dell’atto, seguente nullificazione degli atti consecutivi e dipendenti.

Per la sentenza la “individuazione è attività informale che non prevede il compimento degli adempimenti previsti dall’art. 213 c.p.p. ” e “Pertanto non possono pretendersi per la individuazione le stesse garanzie previste per la ricognizione seppur per prassi, il mezzo di ricerca della prova viene effettuato mediante sottoposizione all’individuatore di più immagini, modalità che garantisce l’imputato (sic) in una maniera superiore a quella prevista dalla legge (che non richiede alcuna formalità) perchè pone in maggiore difficoltà colui che deve riconoscere l’indagato, costringendolo ad uno sforza visivo e mnemonico più arduo.”

Si è obiettato sub B ad alcuni dei rilievi ora esposti.

1. l’individuazione, irritualmente maneggiata, dal PM, a dibattimento a simulare una ricognizione, ha tuttavia esclusivamente riprodotto l’anteatto, sia pure con la variante della qualità dell’individuatore, ora testimone. Il quale, tuttavia, come sopra cennato, non testimonia sul contenuto d’essa, perché derivante da un apprezzamento, incompatibile alla testimonianza. E poiché non è nemmeno individuatore, ma è confermatore della precedente individuazione, resta l’omessa partecipazione, a questa, del difensore dell’accusato, e di questo stesso, che non permette l’uso probatorio d’essa, anche a causa della preclusione in art. 111 IV Cost.. Preclusione formale, o, comunque, sostanziale, perché ignorandosi totalmente, oltre quanto detto a verbale, come l’individuazione si sia svolta, come sopra cennato non può accreditarsene l’effetto (a parte l’inoltrepassamento del non ragionevole dubbio –art. 533 c.p.p.- , segnalato dalle percentuali della individuazione).
Ma comunque:

1.1 non vale l’argomentazione della sentenza secondo cui: “In ogni caso anche a voler ritenere che il Massarotto avesse già assunto la veste di indagato, si osserva che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 265 del 1991 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 364 c.p.p. nella parte in cui non prevede tra gli atti di indagine con diritto di assistenza del difensore anche gli atti di individuazione coinvolgenti gli indagati, per il motivo che la mancanza di tale presenza non comporta la violazione del diritto di difesa”;

di fatti

1.2 il dettato normativo di riferimento (art 364 cpp) prevede la partecipazione del difensore all’atto di individuazione del pubblico ministero, diretto o delegato.

1.3 la norma de qua è stata modificata con d. lgs 15 settembre 2016 n. 184, per cui la sentenza cennata, impiegata dal giudice, non può più escludere, dall’individuazione, il contraddittorio difensivo.

1.4. all’atto individuativo che ha condotto al “verbale di individuazione di persona mediante ricognizione fotografica”, delegato alla PG dal PM, il difensore aveva diritto a parteciparvi ex artt. 361, 364 1 , 370.2 cpp. E’ conseguita nullità d’esso ex art 178, lett c.) c.p.p., (invano) dedotta nell’udienza preliminare, già riproposta in dibattimento, e che si reitera.

C. Sul “principio di masturbazione”: fatto diverso, violazione della regola in art 521 c.p.p..

Sentenza p 9La Difesa ha sottolineato energicamente che le testimoni abbiano dichiarato di aver assistito ad un principio di masturbazione e non al totale compimento di atti onanistici. Secondo questo Giudice, non vi è differenza tra un principio di masturbazione e una masturbazione completa ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta”;
1. Che l’”inizio” (non “principio”: vd testimonianze) di masturbazione sia masturbazione è contraddittorio in termini (lo ammette implicitamente la sentenza, allorché eguaglia i termini “ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta”).

Se non lo fosse, per essere ricondotto a masturbazione, avrebbe necessità di descrizione.
L’inizio della masturbazione non è stato descritto nei suoi contenuti da alcuna delle testimoni. Quindi, solo per intuizione, non per concreta constatazione, esso potrebbe essere stato ricondotto alla masturbazione.

Cioè, solo per sensazione inscindibile da apprezzamento , inammissibile alla testimonianza.

2. L’inizio di masturbazione, comunque, dalla sentenza (in termini di principio) reputato equivalente a masturbazione, , non è comunque omonimo né sinonimo di questa, che in quanto tale e non in quanto inizio (o “principio”) è in imputazione. Quindi, il giudice, anche “ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta” (vd sopra), non avrebbe potuto sentenziarlo senza la mediazione del PM (antecedente o successiva ex artt 516 ss,, 521.2 cpp.)- d’altronde, nel brano seguente la sentenza implica la diversità del fatto: “L’art. 527 c.p. sanziona infatti atti osceni, realizzati in spregio del pudore, concetto che include il buon costume sessuale quale complesso di vita conformi alla civile convivenza nel campo della sessualità. Ora, secondo questo Giudice, denudare gli organi genitali ed iniziare un’attività di masturbazione integra il reato nella sua componente oggettiva. La libertà di costume odierna per quanto interpretata fino al limite estremo di una sua interpretazione estensiva, non include ancora la possibilità di una totale nudità del corpo umano (ed infatti i luoghi in cui possono scoprirsi le pudenda sono predeterminati dalle norme in materia e tassativi) né tantomeno la manifestazione di atti di autoerotismo”-.
O erronea valutazione della prova, sul fatto e sulla sua volontà finalistica.
2.1 D’altronde,, mancata la descrizione dell’inizio di masturbazione, la sentenza non aveva materia bastante a stabilire se fosse atto erotico , più specificamente, se fosse atto di autoerotismo (come essa, in nota a p. 9, lo definisce).

2.2 Tanto più se considerato quanto la sentenza stessa rileva e sconta fattualmente (p 2) , per cui l’uomo celava la masturbazione (l’inizio della), quindi inibiva la sua percezione e identificazione come atto erotico! Aggiungasi che, questi due ultimi eventi, erano incondivisi dalle testimoni, che evitano di osservare “TESTE V – Cercavamo di far finta di niente, magari giocando a carte e coso, capitava che il nostro sguardo si incrociava, quindi lui rimaneva fermo, magari per non essere osser… cioè, visto, non so, però quando i nostri sguardi si incrociavano smetteva. Poi ci rigi… AVV. – Sì. TESTE V – Rigiravamo di nuovo la faccia e continuava con…”;

2.3 rilievo portante a dubitare della oscenità dell’atto, come della sua direzione alla oscenità. E, quindi, portante a dubitare non solo della sussistenza dell’atto ma anche della intenzione di compierlo quale atto osceno.

2.4 Per cui la annessione, in sentenza, al gesto, del dolo (peraltro) “eventuale” appare problematica., al di qua di ogni ragionevole dubbio ex artt, 533.1 cpp (comunque , appare prova mancante o insufficiente o contraddittoria ex art 530.2 cpp).

Unicità dell’atto?

Peraltro. Se:

3 la condotta, in tutte le testimonianze (eccetto quella di B che sovverte ogni altra e l’imputazione stessa , vd sopra)  è descritta quale inizio non evoluto (conclusosi in un atto);

3.1 la pluralità degli atti è pretesa dalla norma (che narra di “atti”);

3.2 allora, proprio “ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta” mancherebbe la misura della oscenità;

3.4 la cui pregnanza, anche in rapporto all’indecente (altrove sanzionato) che ne è parte, non pare raggiunta;

Conclusione

3.5 con seguenti: a) insussistenza del fatto (perchè non osceno o, se osceno in sè, non pubblico perché celato); b) o incostituenza del fatto come reato, poiché, per l’ultima ragione in parentesi, non voluto; si chiede che in riforma della sentenza , ciò sia dichiarato;

C 1. Sul particolare luogo, elemento costitutivo del fatto di reato e del suo disvalore. Diversificazione del fatto senza mediazione del pm (art 521.2, 522 cpp). Omessa ed erronea valutazione della prova ex art 581.1 b). cpp . Inosservanza della legge penale ex art 527.2 cp. .

Che si chiede siano dichiarati (il secondo ed il terzo vizio come base per riforma della sentenza mediante assoluzione perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato).

1. in sentenza p. 10: La sanzione prevista dall’art 527 cp. è di natura penale (comma 2) quando l’atto osceno è compiuto presso luoghi abitualmente frequentati da minori con il pericolo che essi vi assistano. Una spiaggia nei mesi estivi è luogo abitualmente frequentato da minori come sostenuto dalle testimoni e dalla presenza, in una delle occasioni, di una minore (A B)”;

1.1 ora, a parte che la minore indicata dal Giudice non corrisponde a quella indicata nel capo di imputazione, e già ciò diversifica il fatto ex art 516 cpp, con le conseguenze ex art 521 e 522 cpp, che si chiede sia dichiarato;

1.2 e a parte che la minore di cui all’art 527 cp non è la minore che fosse accidentalmente offesa dal reato, ma colei che vi assiste quale uno dei minori stabilmente frequentanti un luogo ad essi dedicato (altro elemento ignorato dalla sentenza);

1.3 luogo che, d’altronde, non è “la spiaggia”, come la sentenza vorrebbe – non solo perché le pp.oo. indicarono altro quale luogo dell’incontro con l’importuno, ma- perché luogo comune a tutti, anziché a minori (la presenza dei quali è , pertanto., accidentale);

a parte ciò

1.4 se “Per la sussistenza del reato, occorre inoltre accertare che dal fatto derivi il pericolo che i minori assistano a detti atti; essendo elemento espresso di fattispecie, il pericolo deve essere oggetto di una puntuale verifica in sede giudiziale; il giudice, pertanto, deve appurare, al momento del fatto, l’effettiva presenza di minori in uno dei luoghi indicati dalla norma, a nulla rilevando che poi concretamente uno o più minori abbiano effettivamente assistito al compimento di detti atti, essendo sufficiente il pericolo che ciò potesse accadere. In altri termini, nella base del giudizio di pericolo occorre considerare la presenza di due o più minori, mancando la quale è escluso il pericolo che i minori possano assistere alla realizzazione, da parte dell’agente, di atti osceni (nel caso di specie la Corte territoriale aveva rigettato l’appello, non avendo applicato correttamente il principio sopra richiamato, in quanto avrebbe dovuto accertare se nel giardino pubblico, in prossimità del quale sono stati commessi gli atti osceni, fossero presenti giochi o altre attività ludiche per bambini: circostanza che la Corte territoriale non ha verificato nel caso concreto, essendosi limitata ad affermarne l’esistenza in maniera apodittica, richiamando una massima di esperienza che (“è notorio che nei parchi pubblici sono di norma sono presenti anche giochi per bambini”) che non ha valore assoluto.) (Cass. Pen., Sez. III, 20 settembre 2019 – 24 ottobre 2019, sent. n. 43542);

1.5 se quella è l’esegesi, non pare che le si adegui l’assunto, in sentenza p. 10, “Trattandosi di reato di pericolo, la tutela del bene giuridico è “anticipata” e, pertanto, è sufficiente la possibilità che i minori assistano ad un atto osceno e che non che siano effettivamente presenti”(!).
Di fatti, detta possibilità e totalmente astratta dalla particolarità dei luoghi selezionati dalla disposizione, non è tratta da essi, con seguente inosservanza d’essa ( si tralascia la illinearità della frase “è sufficiente la possibilità che i minori assistano…e che non che siano effettivamente presenti”).
In ogni caso,

I luoghi della previsione legale, oltre la interpretazione giurisprudenziale, nella interpretazione comune, non possono certo ricondursi a luoghi appartati appositamente ricercati anche in ragione dei giorni e delle ore, dalle testimoni, escludenti espressamente – quanto assolutamente – la presenza abitale di minori.

2. Quindi, se la fattispecie fosse di pericolo (peraltro, concreto) questo avrebbe ad oggetto la percezione del gesto da parte del minore, non certo, il luogo abitualmente da lui frequentato, che è elemento costitutivo della fattispecie.

3. E che inoltre è oggetto del dolo.

Per cui, se il luogo concreto come luogo abitualmente frequentato da minori non fosse stato rappresentato e attivato dall’autore dell’atto, mancherebbe il dolo di questo ( il tema non è nemmeno sfiorato dalla sentenza),

4. al più, per conseguenza, gli atti sarebbero risultati osceni per colpa (se non fosse esclusa l’oscenità per equivocità delle manovre sul pene, che potrebbero avere avuto causa e fine non erotici -massaggiamento, grattamento, ispezione…). In tale senso la sentenza avrebbe dovuto comporre il suo dispositivo.

5. Onde il fatto sarebbe illecito amministrativo ex art. 527.3 cp. Si chiede che, in riforma della sentenza, sia dichiarato.

D. Mancata degradazione del fatto ad illecito amministrativo:

1. Tutto quanto sub C 1 osservato, avrebbe dovuto condurre la sentenza a ritenere l’illecito non penale ma amministrativo (art. 527.1 cp).

Si chiede che, in riforma della sentenza, sia dichiarato.

E. Sul capo della  condanna civile;   sulla mancata declaratoria di tenuità del fatto ex art 131 bis cp e sulla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche:

1. se la condanna al pagamento di una provvisionale è emessa nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova (art 539.2 cpp); se , ad avviso della sentenza, quel “la prova può fondarsi, quanto al danno morale, su elementi di carattere presuntivo, avuto riguardo al titolo di reato e al turbamento psicologico che ordinariamente discende da condotte di oscena nudità imposta a terzi quali quelle accertate.”

1.1 se, cioè.   la decisione è stata assunta sulla scorta di “elementi di carattere presuntivo” . essa non aveva a disposizione una prova storica, empirica, perentoriamente richiamata nella indicata disposizione.
1.2 Onde si chiede riforma della condanna civile in punto (ove sopravvivesse la condanna penale). 

2. La sentenza neppure sfiora l’ipotesi della esclusione della punibilità (in concreto) per particolare tenuità del fatto.
Eppure, alla luce di quanto sub C, C1, E, per le modalità delle condotte e per l’esiguità del danno (anche civile ) e del pericolo,  l’offesa risultava di particolare tenuità  e il comportamento risultava non abituale (vd sub A, ove, per le ragioni lì  indicate, non è nemmeno possibile stabilire il numero degli incontri tra le accusatrici e l’accusato), ex  art. 131 bis cp). 

Onde si chiede che, in riforma della sentenza, sia applicata la causa di esclusione della punibilità.

3. Quanto all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, i più recenti indirizzi giurisprudenziali imponevano  l’obbligo di motivazione negativa, cfr.  Cassazione penale sez. IV, 01/02/2022, (ud. 01/02/2022, dep. 07/02/2022), n.4163, disatteso dal Giudice che neppure ha argomentato sulla sussistenza o assenza dei presupposti per la concessione;

3.1 ciò alla luce della misura oggettiva e soggettiva del fatto,  per la profilature sub A, C, C1, E, perfettamente atta ad originare “altre circostanze ex art 62 bis cp.

Circostanza della quale, perciò, si chiede l’applicazione. 

F. ,Tutto ciò premesso, si conclude affinchè:

– sia dichiarata la nullità della sentenza per violazioni, volta a volta a indicate, ex artt. 516, 521 e 522; o sia dichiarata la (indicata) nullità della individuazione e degli atti consecutivi e dipendenti , ex art 361, 364, 370, , 178.1 c) c.p.p., per le ragioni indicate nei relativi punti.

Se non fosse dichiarato, in riforma assolutoria della sentenza, che il fatto non è preveduto dalla legge come reato o che non sussiste o che non costituisce reato o che non è stato commesso dall’imputato, per le ragioni indicate nei relativi punti.

– in subordine:

-sia dichiarato, in riforma della sentenza che, il fatto, è illecito amministrativo (ex art. 527.1,3 cp) per le ragioni indicate nel relativo punto;

o che il fatto è illecito amministrativo ex art 726 cp, per le ragioni indicate nel relativo punto.

– o sia dichiarata la lieve entità del fatto ex art. 131 bis c.p., per le ragioni sub E.

– in ulteriore subordine, il fatto sia contenuto nella pena base, con applicazione delle circostanze attenuanti generiche, inapplicate, immotivatamente, nel caso di specie. Per le ragioni sub E.

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Pietro Diaz con Maria Carla Sunch

PROVA DIRETTA E CONTRARIA IN MATERIA DI CALUNNIA, LORO OGGETTI, ONERI, STANDARD. RISULTATI DI PROVA. TRAVISAMENTI FRAINTENDIMENTI AGGIRAMENTI INADEGUATEZZE DELLA GIURISPRUDENZA.

UN CASO Di CALUNNIA MEDIANTE INCOLPAZIONE DI MINACCIA

Da una memoria ex art 121 cpp a sostegno di un atto di appello

1.L’oggetto della prova diretta.
Se il fatto di calunnia (verbale) consiste della incolpazione di alcuno di un reato di cui egli sia “innocente”,  l’oggetto della prova diretta (accusatoria e condannatoria) è:

la insussistenza del fatto, oppure

la non commissione del fatto dall’incolpato,  oppure
la non costituzione di reato dal fatto (per le ragioni e  oggettive e soggettive che la formula implica),  oppure

l’accompagnamento del fatto da circostanze di esclusione della pena (oggettive o soggettive).
Mentre va esclusa, dall’oggetto in questione, la conformità del fatto incolpato ad una previsione di legge incriminatrice, giacchè in questo caso l’incolpazione innescherebbe un reato impossibile per inesistenza dell’oggetto (art 49.2 cp). 

(ovviamente è oggetto della prova diretta anche) il mezzo della incolpazione, la denunzia, la querela, la richiesta, l’istanza, anche esso elemento costitutivo del (la condotta del ) reato.

2. L’oggetto della prova contraria diretta

Esso corrisponde a quello sopra esposto, invertito ovviamente (fatto sussiste, l’incolpato lo ha commesso, il fatto costituisce reato, il fatto non è stato accompagnato da circostanze oggettive o soggettive di esclusione della pena; l’incolpazione non è avvenuta mediante presentazione di denunzia,  querela,  richiesta, istanza.

3. Il grado della prova diretta in genere e   in specie

La prova diretta accusatoria è  condannatoria ex 533 cpp quando, in sé o per interazione della prova contraria,  ex art 530.1 cpp, non evidenzi  le varie ipotesi dell’oggetto della prova contraria  sub 2;  o  non evidenzi, ex art. 530.2 cpp, che è mancante o è insufficiente o è contraddittoria rispetto alle varie ipotesi dell’oggetto della prova diretta sub 1. E quanto all’accompagnamento del  fatto da circostanze di esclusione della pena (la cui negazione  basasse l’accusa di calunnia), è condannatoria solo se essa le escluda, giacchè negli altri due casi di prova diretta insufficiente o contraddittoria , varrebbe la regola di giudizio in art. 530.3 cpp, per la quale le circostanze di esclusione della pena  si suppongono quando siano incerte).
E secondo la terminologia in art 533 cpp novellato (art 5 L.46/2006), quando   evidenzi che, rispetto all’oggetto della prova diretta sub 1, sia andata “al di là di ogni ragionevole dubbio”. In proposito va tuttavia notato che il grado, della prova diretta, risultante dalla dicitura della novella, in effetti è inferiore al grado segnato dalla prova diretta in art 530.2. nelle due ipotesi della prova insufficiente o contraddittoria. Giacchè questa potrebbe aversi anche nel dubbio irragionevole (“irragionevolezza” del dubbio è scientificità della insufficienza o della contraddittorietà della prova, quando la ragione scientifica sormonti la ragionevolezza comune o parascientifica, sono compatibili).

3.1  il grado della prova contraria in genere e in specie
La prova contraria difensiva è assolutoria ex art 530 cpp quando evidenzi ex art 530.1 cit  le varie ipotesi dell’oggetto della prova contraria sub 2; o evidenzi l’insufficienza o la contraddittorietà della prova diretta (o che questa non è andata “al di là di ogni ragionevole dubbio” ex art 533 cpp,  rispetto alle varie ipotesi dell’oggetto di questa sub 1..
 E quanto all’accompagnamento del  fatto da circostanze di esclusione della pena (la cui negazione  basasse l’accusa di calunnia), quando evidenzi ex art 530.1 cit  la relativa ipotesi dell’oggetto della prova contraria sub 2; o evidenzi sulla stessa l’insufficienza o la contraddittorietà della prova diretta (valendo la regola di giudizio in art. 530.3 cpp, per la quale le circostanze di esclusione della pena  si suppongono quando siano incerte).

4. L’onere della prova  diretta ed il suo oggetto in specie
Onerato della prova dell’oggetto sub 1,  e in particolare di quello sopra indicato,  è l’organo pubblico e quello privato dell’accusa. Quando l’onere non sia eseguito, opera la regola  di giudizio in art 530.2 cit. Quando sia eseguito, nel grado della  prova diretta oltre quello delle due ipotesi della sua insufficienza o contraddittorietà, o, almeno, nel grado “al di là di ogni ragionevole dubbio” in art 533 cpp, opera la regola di giudizio qui prevista.
Oggetto della prova diretta di specie era la insussistenza del fatto incolpato e che la incolpazione costituisce reato)::

Ciò premesso:

4.1 Nella specie hanno agito sia la prova diretta (di genere personale orale: testimoni) ad opera del suo onerato, sia la prova contraria (di genere personale orale; esame dell’imputato) ad opera del suo onerato, sia la prova “terza”, “del giudice” ad opera di una perizia che ha enucleato il contenuto di un documento sonoro rappresentativo degli elementi della situazione fattuale.

Premesso inoltre

4.2 Che la prova (personale orale)  testimoniale è rappresentativa (all’opposto  di quanto profilato in art 530.2 cit. rispetto alle  due ipotesi  sopra indicate della insufficienza e della contraddittorietà della prova) in modo certo,   “oltre ogni ragionevole dubbio”,  di ognuno dei profili dell’oggetto della prova diretta sopra esposto. Cioè essa immediatamente, senza necessità di mediazione logica, nel suo “risultato di prova” (artt 192.1, 546.1 e) cpp1), esprime il fatto di cui sia chiamata a dire. La prova testimoniale d’altronde è detta “storica” perchè istoria, raffigura “iconicamente” il suo oggetto. E in ciò differisce dalla prova “logica”, che porta all’oggetto, al  fatto di cui sia chiamata a dire, al proprio “risultato,  compiendo una  desunzione logica (art. 192.2 cpp) da una premessa minore   attraverso l’applicazione ad essa di una premessa maggiore. 
Tutto ciò premesso

5. Le prove dirette  testimoniali di specie:

5.1 D.  nelle pagine 19 e 20 del verbale di udienza (Vds. All. 1 l_pagg. 19 e 20 verbale udienza…), alla domanda del P.M. “Lei si ricorda queste frasi che le disse la B per chiederle di fare allontanare il signor A, c’era un tono minaccioso?’\  risponde: “Non ricordo”: alla domanda del P.M, “Ricorda se ha fatto riferimento ad armi?”,  risponde “Non me lo ricordo”, prosegue il P.M. “Cioè se il fatto che avesse armi in casa potesse essere collegato…” risponde “Non me lo ricordo perché c’era molto trambusto, molte persone che parlavano accavallare l’una all’altra”. chiede il P.M. “Non si ricorda che cosa gli ha detto o esclude che possa aver fatto riferimento ad armi?”, i risponde “‘Non mi ricordo cos’ha detto e neanche se abbia fatto riferimento ad armi“: il P.M. prosegue facendo presente al D quanto dallo stesso affermato in sede di sommarie informazioni “Le venne chiesto: Invitava il signor Ai ad andare vìa e chiedeva agli agenti di Polizia l’allontanamento delio stesso perché vi erano armi in casa? Lei risponde: Non  ricordo nulla dì tutto ciò e ripeto che la signora fin dalle prime fasi si era dimostrata collaborativa. Non ricorda cosa gli ha detto la signora o non ricorda che sì fosse parlato dì armi?”, il teste risponde ‘Non ricordo innanzitutto le frasi esatte della  signora B, ma anche questa storia delle armi non me la ricordo (osserva l’appellante: Sì tratta dì una. serie: di “non ricordo” pronunciati dal testimone D, ben sei….perciò: non è chiaro sulla  base  di quale logica, il primo giudice affermi che’ dalla stessa,, emerge che la frase incriminata non è stata pronunciata : pag. 6 sentenza, appellata).
Ora
Se il testimone non ricorda il fatto per cui è interpellato non ne dice. Se non ne dice non lo rappresenta. Se non lo rappresenta egli non esplica la funzione di (mezzo) di prova rappresentativa. Tale è il risultato (art 192.1 cit, art 546.1 e) cpp) completamente  negativo dell’attesa della   prova.  L’ascrizione al testimone di un risultato di prova inverso o diverso da quello emerso è manifestamente illogica, e illegittima perché travisa il risultato effettivo. (quel)La  prova è  mancante e innesca la regola di giudizio  art 530.2 cpp. ben opposta a quella in art 533 cpp.

5.2 F : ”Mi pare molto improbabile che ì’Ai possa aver udito simili frasi‘, anche perché quando la signora B è uscita, dalia sua casa è rimasta, all’interno del cortile, mentre l’Ai si trovava  in strada a molti metri di disianza’’.. A tal riguardo il F risponde “Perché mi era stato  chiesto se era possibile che l’Ai avesse sentito qualcosa? (Vds., All. ì’ 7_pagg. 8 e 9 verbale dì udienza db! …). Osserva l’appellante: Peraltro é lo stesso F ad affermare che 1’ A si trovava davanti all’ingresso del cortile della proprietà M — B” (Vds. All. 18_pag. 4 verbale di udienza….).
Ora
Il testimone non dice del fatto su cui è interpellato direttamente. Dunque  non esplica la funzione rappresentativa del  mezzo di prova che incarna.
Ne dice indirettamente, soffermandosi  sulla impossibilità (a suo avviso) che la minaccia potesse essere udita da A (impossibilità peraltro insussistente, per le ragioni di cui all’atto di appello), Ma se  il rilievo “acustico” ha logicamente, a premessa la minaccia, con quel rilievo, col  suo complessivo dire, il testimone non la esclude. Cioè non ne adduce  l’insussistenza.
Quindi, dell’insussistenza del fatto, se la prova non fosse in ipotesi  mancante, sarebbe insufficiente – e se non fosse mancante sarebbe inoltre contraddittoria a prova contraria- vd dopo- .
Con seguente innesco della regola di giudizio in art 530.2 cit..
5.2.1 Peraltro, disatteso in ipotesi quanto tratto dal rilievo precedente, cioè ritenuto che il testimone abbia escluso la minaccia, l’esclusione, poiché indiretta, da un lato sarebbe indebolita dal modo di compierla in sé (per implicazione). Da altro lo sarebbe dalle note di inattendibilità soggettiva del testimone, evidenziate nella sua inclinazione a favorire  (e sfavorire sull’opposto versante) contro i fatti. (Come osservato dall’appellante): “A tal riguardo dovrebbe raffrontarsi quanto sopra affermato con il tentativo del F di sminuire h gravità della condotta del figlio della B. Significativo a tal riguardo è il fatto che all’udienza del…, quando è stato sentito il F, non era ancora stata, trascritta la registrazione fonografica, da cui si sentono: in maniera distinta e assolutamente comprensibile le gravi parole proferite ad alta, voce – ovvero ad urla dal F M nei confronti dell’À. Il tentativo del F di edulcorare l’accaduto rispetto a. tale episodio; è significativo- dell’attendibilità dei teste, che, lo si ripete, non era a conoscenza, della sussistenza di una prova certa idonea a rappresentare i fatti come realmente avvenutL Se il F ha senza ombra dii dubbio, edulcorato, nel suo racconto in dibattimento, la. posizione del figlio della B, in base a quale logica si potrebbe invece escludere^ che il medesimo tentativo sia. stato posto in. essere anche in relazione al comportamento della B stessa?”
5.3 Dunque il risultato di prova dice e non dice dell’ insussistenza della minaccia. E’ ambiguo e tale condizione non è contestabile. Per ciò la prova,  ripetesi, se non fosse mancante sarebbe insufficiente.
Ma (ripetesi)  se il risultato non fosse ambiguo, se escludesse la minaccia, la sequenza espressiva d’esso sarebbe fortemente minata dai fattori, accertati, di inattendibiltà soggettiva del testimone. Oltre che, aggiungasi, minata internamente dalla sua composizione, fatta di apprezzamento personale (delle possibilità acustiche), proceduralmente inibito ex art 194. 3 cpp:
Onde la prova tornerebbe ad essere insufficiente. Con innesco della  regola di giudizio in art. 530.2 cpp..
5.3 L. Alla domanda della difesa “Ha sentito per caso o potuto apprezzare cosa riferisse l’’Ufficiale al dottor A?”,  risponde ‘‘Più che altro l’ufficiale Giudiziario gli diceva di allontanarsi e di andare via” (Vds. All. 23_pag. 8 verbale udienza….). Alla domanda della difesa ‘”Lei cosa ha percepito nella circostanza? Cioè qual era la sensazione che lei ha materialmente percepito?”, risponde “E beh, sicuramente come erano agitati qualcosa c’era”. La difesa prosegue’’Lo traduca in parole, ho capito che erano agitati” e L risponde “Non lo so, gli ha detto di andarsene che boh, non l o so” (Vds, All. 22).
Alla domanda della difesa “Anche la signora B diceva ai signor Ai dì andarsene?” il L risponde “Di non avvicinarsi, quindi sicuramente gli ha detto di andarsene via, spostati da qui prima che succeda danno insomma” (Vds. All, 24_pag. 9 verbale di udienza….).
Alla domanda dell’avvocato di parte civile “ci ha detto che non è in grado di dire chi sia stato a parlare di armi, quindi non è in grado neanche di escludere che sia stato l’A a parlare di armi?” il teste risponde “No, l’Ai era già spostato perché mi ha lasciato il posto’‘ (Vds. All. 25 jag. 15 verbale di udienza del 10 novembre 2014).
Ora
Anzitutto il testimone riferisce di tensioni e fermenti, del contesto e delle persone a varie e diverse ragioni lì presenti ed agenti, del tutto propizi,   poichè altamente conflittuali, a suscitare la minaccia in questione. Essi potrebbero assumersi quali robusti indizi d’essa. corroborati d’altronde da una circostanza verificata e assai eloquente. Presso B, nella sua abitazione, stavano armi formalmente detenute da suoi familiari, di fatto esclusivamente da lei ed a sua disposizione.
Persuasivi indizi d’essa, peraltro, decisamente confermati dalla testimonianza in esame, ad esplicito tenore della quale, come da interlocuzione fra domanda (della parte civile) e risposta (del predetto):
qualcuno ha parlato di armi, certamente, benchè il testimone non sia in grado di dire chi ma tendendo ad escludere A.
Cioè, mediante questa prova diretta (dedotta dall’accusa) si produce il fenomeno (sopra cennato) di cui all’art. 530.1 cpp, per cui è affermata la sussistenza del fatto incolpato, la minaccia ( la conseguente insussistenza del reato di calunnia).
Ma se ciò, benchè indubitabile, fosse dubitato, la prova diretta sarebbe in ogni caso insufficiente  (a parte la sua contraddittorietà alla prova contraria: vd dopo) alla rappresentazione del fatto suo oggetto.
Con seguente innesco della regola di giudizio in art 530.2 cpp.
5.4 B Osserva l’appellante: “Sentita come testimone all’udienza…., da un lato, riferisce di avere detto quello cosa ci fa qui? ma se ne può anche andare da casa mìa, o te ne puoi anche andare, se ne può anche andare” (Vds. All. 14_pag. 5 verbale di udienza….), dall’altro, aña domanda del proprio avvocato se si fosse mai rivolta direttamente all’Ai” o ci avesse “in qualche modo parlato”, risponde assolutamente no, ho evitato di guardarlo71 (Vds. All, 15_pag. 8 verbale di udienza…..). Tale ultima affermazione da parte della B è evidentemente menzognera oltreché contraddittoria rispetto a quanto dalla stessa precedentemente affermato. Infatti dalla registrazione fonografica in atti e dalla sua trascrizione (Vds. All. 1) risulta pacificamente che la B si è rivolta direttamente all’ A contestando fortemente la sua presenza. Alla domanda del P.M. se lei (la B) sapesse il perché della presenza dell A durante il pignoramento, la B rispondeVeramente non ci faceva niente perché chi doveva fare il compito, cioè il Periti e le altre persone, penso che erano abbastanza, lui non ci faceva niente lì. al che sono stata meravigliata, cosa, ci faceva lui a casa mìa”.
5.4.1 dunque B per un verso è insofferente della presenza di A, per altro verso tenta di occultare l’insofferenza, perfino mentendo. Quando si ritenga da lei esclusa espressamente  la minaccia (non lo ritiene la sentenza (p.1) : “La B continuava dicendo di avere visto l’imputato…e che aveva detto, senza urlare, che se ne poteva andare dalla sua abitazione,, pur non ricordando con certezza le frasi pronunciate, e sentendo dire da qualcuno che lo stesso poteva assistere, negava…”), dovrebbe tuttavia ritenersi, essa, fortemente indiziata dalle affettività  della indicata situazione. Soprattutto alla stregua della caratterizzazione in senso fortemente causale (del proferimento della minaccia), fatta dal sentenza, onde:
A sul posto “rappresentava ai suoi occhi un comportamento irridente e provocatorio” (pag. 6 sentenza appellata). Per cui era  “del tutto comprensìbile e giustificata la sua (di B ndr)   richiesta volta all1 allontanamento dell’imputato” (pag. 6 sentenza appellata).
Causale se non atta probatoriamente ad imporre  la minaccia, certo atta a porre in dubbio la sua negazione. Atta quindi ad evidenziare l’insufficienza della prova diretta in punto, oltre che la sua contraddittorietà, sia agli elementi di fatto e  alle testimonianze sopra viste, che all’esame dell’imputato (di cui dopo),
Tanto più, come rilevato dall’appellante, alla luce della irresistibile spinta di B a tacere di avere minacciato, non solo a salvaguardia dell’esito del processo in corso, ma anche ad elusione di altro processo contro, per reato di minaccia.
E, anzi, è la  possibilità d’esso che impone di riscontrare la irritualità  della assunzione a testimone della predetta, per vizio  dell’origine. Di fatti:
querelata da A, non avrebbe potuto, B,  non essere processata, essendo l’azione penale obbligatoria, salva inazione ma per archiviazione demandata al giudice.
Cioè  B avrebbe potuto  essere  testimone solo dopo avere lasciato il suo processo (o perché definito nel merito o perché archiviato). Essere testimone, così,  sgusciando tra le  maglie, di ammissione della testimonianza, ex artt. 197, 197 bis cpp..
Irritualità, perché trasgressiva di divieto espresso,  certo producente oggi inutilizzabilità della sua testimonianza. Ma producente anche (alternativamente) sua nullità (tuttora rilevabile e dichiarabile ex artt 179 180 cpp), perché esitante da vizio della iniziativa della azione penale — estendibile alla inazione questa essendo l’opposto inscindibile di quella – rilevante ex art 178.1 b) cpp.
E in ogni caso:
quando il vizio procedurale fosse disconosciuto, esso non potrebbe non lasciare lo strascico del vizio di merito, della inattendibiltà per ragione genetica (su esposta)  della testimonianza della suddetta.
La quale quindi non è immune dalle caratteristiche della prova diretta in art 530.2 cpp. e ne innesca la regola di giudizio.

6. La prova contraria (personale orale, in esame e controesame) di specie.

A: “Mi sembra che veramente […] me l’hanno consigliato i poliziotti per evitare problemi” Osserva l’appellante: L’A, che in quel momento aveva già percepito il riferimento alle armi in casa fatto dalla B (come dallo stesso più volte affermato nel corso di giudizio, sia in sede di spontanee dichiarazioni che in sede di esame), rispondeQuesto ha armi in casa” (Vds. All. 3). La replica dell’ufficiale Giudiziario è eloquente: “Sì. sì. apposta per quello”. Tra l’altro, la rilevanza assoluta di tale frase emerge ancora di più laddove si percepisca il tono con il quale la stessa è stata pronunciata (min. 8.38 registrazione fonografia di cui a Cd-rom in atti).
Ora
Ecco un risultato di prova univoco, sulla minaccia per allusione alle armi (definizione della minaccia assolutamente debita, rispetto ad altre sparse dappertutto e da un pò tutti, dinanzi alla espressione usata all’origine da Ai (esposto .., p. 1), la quale non dice che fu minacciato uso delle armi, bensì : “B…mi invitava ad andar via e chiedeva agli agenti di polizia il mio allontanamento facendo presente che vi erano armi in casa...”., espressioni e che integrerebbero semmai minaccia indiretta e indirettamente rivolta (esigente quindi, in sede di ricostruzione, logica desuntiva (art 192.2 cpp) del fatto alluso ( la minaccia) su base (il fatto alludente) rappresentativa (: art 194 cpp). Fatto alluso e alludente, qui si rammenta e si ribadisce, dei quali non s’è vista traccia, nei risultati delle prove dirette sopra viste.
Risultato di prova (contraria), si diceva, mediante la quale si produce il fenomeno (sopra cennato) di cui all’art. 530.1 cpp, per cui è affermata la sussistenza del fatto incolpato, la minaccia ( la conseguente insussistenza del reato di calunnia), quello indicato.
Risultato, peraltro, epistemologicamente più forte di ogni altro (che in ipotesi lo contraddicesse: ma in proposito vd sopra), giacchè sostenuto valorialmente dalla presunzione costituzionale di attendibilità fino a prova contraria (va letta così la presunzione di non colpevolezza in art 27.2 cost.), quale presunzione anche probatoria di verità fino a prova contraria, di tutto quanto, sostanziale o processuale, favorisse l’accusato ( e presunzione inversa di tutto quanto lo sfavorisse.
E che tuttavia la sentenza ha ignorato, nella funzione probatoria in sè e in quella dialettica con gli altri risultati di prova, e, ove necessaria, in quella di contraddizione ad essi, da istituire immancabilmente nella cognizione e da giudicare probatoriamente secondo la regola in art 530.2 cit..
Ora
Quel risultato il suo valore le sue funzioni non hanno nemmeno sfiorato la sentenza, che quindi ha accantonato non solo l’ermeneutica generale della prova, ma anche la regola positiva (art 546.1 e) cpp novellato) del suo trattamento, mediante anzitutto censimento ed esposizione dei suoi risultati, quindi confronto d’essi, quindi soppesamento disgiunto e congiunto d’essi (alla luce dei criteri valutativi in artt 530 533 citt. (vd sopra), quindi determinazione probatoria, e infine illustrazione delle ragioni del disattendimento della “prova contraria” soccombente (nell’accertamento dei fatti in imputazione o di altro).
Screditandosi nel merito (basti la semplice lettura della motivazione della sentenza lente dei principii indicati: visibile mancato censimento esponimento soppesamento di ogni risultato di prova, mancato confronto d’essi) se non annullandosi ex art 125. 3 (caratterizzato qui dall’art 546.3 cpp). Si chiede che la nullità eventualmente ravvisata sia dichiarata (non essendo ancora scaduto il tempo della rilevazione e della deduzione. prescindendo peraltro, la rilevabilità della nullità, dalla devoluzione in atto di appello).
6.1 a stregua di ciò potrebbe dirsi che il processo disponeva della prova diretta e contraria della insussistenza del fatto, per la via in art 530.1 cpp. E che la sentenza la ha dispersa.
7. il documento fonico.
Prova documentale rappresentativa (peraltro confutativa delle varie capziosità accusatorie per le quali a A non avrebbe potuto udire la minaccia a causa della distanza fra lui e la fonte sonora: se l’apparato di registrazione, da A tenuto addosso, ha captato B mentre ne pretende l’allontamento, captava A disponendo di almeno la stessa sensibilità acustica (se media) del registratore. del predetto).
Ebbene in quel documento, in prossimità delle pretese di allontanamento di A che B avanza, vi sono “inc.”, incomprensibili suoni. I quali, da un lato, ben potrebbero contenere la minaccia in forza delle causali sopra indicate (sub 5.3, 5.4). Da altro ben la contengono, poichè affermata da A (per le ragioni ante, sub 6 prima parte).

8. L’insussistenza a priori del fatto.

Questo, commesso mediante querela secondo imputazione il giorno 15 12…, non rinviene quel mezzo quel giorno, negli atti. Gli impulsi al processo di A, di fatti, sono del giorno 19 12 … (vd il foglio denominabile esposto, nello stesso giorno confermato come “querela” in altro foglio allegato). E del giorno e 9 gennaio … (vd dichiarazione intestata “querela”).
Cioè, nessun atto di impulso processuale, mezzo della condotta commissiva del reato di calunnia, fu formato o presentato il giorno 15 12 …
Dunque in quel giorno il fatto non fu commesso nè sussistette. Rispetto a quel giorno risulta evidente che il fatto non sussiste. La risultanza va trattata ex art 129.2 cpp (è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo).
si chiede che (in riforma della sentenza) sia dichiarato.

CAUSALITA DELL’ILLECITO COLPOSO (MEDICO). CONCETTUALIZZAZIONE (E FUNZIONE) GIURIDICA DELLE “LINEE GUIDA” DELLA ATTIVITA’ MEDICA 

ATTO GIUDIZIARIO DI DI REPLICA  DELL’INDAGATO AD OPPOSIZIONE DELLA PERSONA OFFESA A RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DEL DELITTO DI OMICIDIO COLPOSO

(In corsivo, oltre che virgolettato,  l’atto di  opposizione)


1. “Le persone offese, in data …., presentavano al Commissariato di … la denuncia già in atti, rappresentando che la loro congiunta M era deceduta in data  in seguito ad intossicazione da “metformina”, espressamente prescritta durante tutto il periodo di ricovero presso il Presidio Ospedaliero….

1.1 Quindi, fin dall’atto introduttivo del procedimento, quella sub 1  e non altro è la causa del decesso, così iscritto d’altronde  a Registro notizie di reato ex art 335 cpp.   


2. “A loro giudizio, il Dr.  N finisce per riconoscere, seppur contraddicendosi in diversi punti, la validità delle osservazioni già esposte da questi difensori all’udienza del …, in Camera di Consiglio, presieduta dal Dr…..

Infatti, il Dr.  N, seppur smorzandone i toni, riconosce che “… la condotta dei sanitari (dell’Ospedale di…) divergeva in diversi aspetti rispetto a quelle da ritenersi come ideali … (pag. 20 della relazione)”, ed ancora, a pag. 22 della stessa relazione, “… l’analisi del caso, tuttavia, ha dimostrato delle divergenze rispetto ad una condotta improntata su diligenza, prudenza e perizia”. In merito, il Dr. Ni sostiene infatti: “… in primo luogo sin dal momento della diagnosi, considerato che il trapianto epatico rappresentava l’unica possibilità di ottenere una evoluzione positiva, si sarebbe dovuta indirizzare la M verso un centro di riferimento regionale per trapianti epatici in modo da garantire una gestione ottimale del caso …

2.1 Ora, a parte l’aggiunta, a quella sub 1,  di una ulteriore (presunta) causa del decesso (aggiunta che evidenzia multivocità, se non equivocità, dell’accusa  delle PO):
2.1.1 gli “ideali” delle condotte non sono tradotti, dal ctpm ( e tanto meno dalle PO)  in regole cautelari concrete – e, in verità sono ignoti (nominalmente) anche al (repertorio del)le regole cautelari astratte-.
2.1.2 Non sono tradotti, dai predetti, in  regole cautelari concrete nemmeno “diligenza, prudenza, perizia”, essendo queste, nominalmente, non più che modelli astratti, non concreti,  di regole cautelari (di origine esperienziale).

2.1.3 Dunque le PO (né il ctpm) non adducono regole cautelari concrete, la cui inosservanza avrebbe cagionato il decesso.
2.2 Pertanto non adducono causazione dell’evento penalmente ascrivibile agli autori della condotta.
Noto essendo, peraltro,  che, nell’illecito colposo, da un lato, al precetto primario (in questo caso: non uccidere) è aggiunto il precetto secondario (non uccidere trasgredendo regole cautelari concrete).
Da altro lato, in quell’illecito (a differenza dall’illecito doloso, preterintenzionale, “oggettivo”), il rapporto causale (artt. 40, 41 cp) tra condotta ed evento è inconfigurabile se non evolva dalla trasgressione di regole cautelari concrete (art 43.3 comma cp)


3. “Dalle conclusioni del P.M., supportate dalle contraddittorie valutazioni del Dr. N, rispetto alle stesse, nei sottoscritti difensori nasce spontanea una sola e terribile considerazione: “poiché la malattia della signora M rientra fra quei casi in cui la percentuale di mortalità tocca anche picchi dell’80%, da dette conclusioni sembra di capire che per il Dr. N ed il P.M. la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia dei medici curanti non abbiano affatto influito sulla morte della signora M, né avrebbero potuto salvarle la vita, a loro dire, irrimediabilmente destinata a morire”;
3.1 “Sembra di capire” esattamente.
Precisato che, “negligenza” etc  “non (hanno ndr) influito sulla morte” perché non consistenti, per quanto sub 2.1.2, di regole cautelari concrete inosservate, consistendo solo, come detto,  di (modelli astratti  di) regole cautelari. : ,
3.2 La “ conclusione” (sub 3 ndr) sarebbe “assolutamente inaccettabile per questi difensori, che in armonia con l’ormai costante giurisprudenza (per tutte: Cass. Civ. Sez. Ili,13.04.2007, n. 8826; Cass., 19.10.2006, n. 22390; Cass., 24.05.2006, n. 12362; Cass., 19.04.2006, n. 9085; Cass., 26.01.2006, n. 1698; Cass., 28.05.2004, n. 10297; Cass., 21.07.2003, n. 11316; Cass., 14.07.2003, n. 11001; Cass., 11.03.2002, n. 3492; Cass., 10.09.1999, n. 9198; Cass., 22.01.1999, n. 589; Cass., 02.12.1998, n. 12233; Cass., 27.07.1998, n. 7336; Cass., 11.04.1995, n. 4152; Cass., 27.05.1993, n. 5939; Cass., 04.08.1988, n.’ 6707; Cass., 01.03.1988, n. 2144; Cass., 08.03.1979, n. 1716; Cass., 21.12.1978, n. 6141) e le recenti leggi, dalla n. 40/2004 alla n. 24/2017. nonché ai diversi decreti legge, ritengono, per contro, che la negligenza, l’imperizia e l’imprudenza siano stati elementi determinanti per la morte della signora M, al punto da spingerli a denunciarne la palese responsabilità dei medici dell’Ospedale di… che la tenevano in cura.
3.2 1 Senonchè, in assenza, perché non riportati,  dei testi delle “sentenze”,  delle “leggi” dei “decreti legge” (convertiti in legge?) che mostrino attinenza al caso specifico ed alle sua ragioni (fattuali, mediche, giuridiche), il rilievo (immotivato fisicamente, o, se motivato “per relationem”, inutilizzabile quando non esponga il relatum, come è  noto!) non può essere preso in considerazione.
Se non,  comunque, per rilevare (a priori e per i principii sub 2 ss esposti in tema di illecito colposo)  l’impossibilità che,  essi (sentenze,  leggi, decreti legge), suffraghino che “la negligenza, l’imperizia e l’imprudenza siano stati elementi determinanti per la morte della signora M”. Giacchè,  se “determinanti”  stesse per “causali” ex art 40, 41 43 citt, per le ragioni sub 2  esposte, è da escludere che lo siano stati.

4. “A tal fine, in riferimento alla condotta dei sanitari, il Dr.  Ni asserisce nella propria relazione che “… nel caso di specie la presenza di ittero in una paziente che riferiva anamnesticamente una epatite cronica di tipo B, trattata per 30 anni e per la quale da due anni si erano interrotte le cure richiedeva prima di tutto una diagnosi differenziale. Questo fu quello che correttamente e diligentemente fecero i sanitari di … effettuando una serie di esami quali colangio RMN, monitoraggio degli enzimi epatici e del pannello immunitario oltre che i dati ematochimici suggestivi di possibili complicanze”; salvo poi contraddirsi affermando: “… la condotta dei sanitari divergeva invece in diversi aspetti rispetto a quella da ritenersi come ideale. Il primo concerne un contatto con il centro trapianti di riferimento regionale non appena terminata la diagnostica (…) per l’organizzazione della valutazione della condizione della M. Il secondo concerne la somministrazione della metformina che, nonostante non esistono delle linee guida a riguardo, a scopo prudenziale si sarebbe dovuta evitare in una paziente con un quadro di insufficienza epatica.
4.1 Qui, le PO, ripercorrono quanto già percorso, ritornano sui loro passi, nulla aggiungono a  quanto già detto, e si riespongono alla critica difensiva già sviluppata.

 5. “E’ palese e privo di pregio il modo con cui il medico cerca di giustificare il comportamento dei sanitari dell’Ospedale di …. nella parte in cui sostiene (pag. 20 della relazione): “per quanto concerne il primo punto (contatto con centro trapianti), considerata l’evoluzione rapidamente progressiva della patologia, non è certamente possibile affermare che una differente condotta avrebbe salvato con criterio di certezza la vita della M…”. Per quanto il secondo caso, non vi sono evidenze forti in grado di collegare l’aggravarsi dello scompenso (già in essere al momento del ricovero) all’assunzione di metformina…”.
La tesi del Dr. N, a giudizio di questi difensori, non trova, come detto, alcuna valida giustificazione”.
5.1 Senonchè la questione posta in questo commento non è incentrata  sul giudizio causale “controfattuale”:
cosa sarebbe accaduto in assenza delle condizioni date?  se, alle nuove condizioni, si sarebbe (ugualmente) avuto l’evento dato…

E’ incentrata, invece ( o prima) , come detto  sub 2 ss , sulla configurabilità della causalità dell’illecito colposo in assenza di trasgressione di regole cautelari concrete, e financo di queste.
Questione cui è da darsi risposta (assolutamente) negativa.  

6.”Contrariamente a quanto cerca di far intendere il Dr. N, la signora M non era affatto in cura da circa trenta anni per una epatite cronica di tipo “B”; non aveva subito ricoveri in tal senso, limitandosi ad assumere l’insulina per una grave forma diabetica;
a)   La signora M si recò in ospedale unicamente per effettuare dei controlli, come faceva spesso e a titolo cautelativo, perché alla data del ricovero aveva le “piastrine basse”;
b)  A dimostrazione della superficialità dei sanitari, nella perizia si evidenzia che la paziente veniva dimessa il … in “condizioni compromesse, con necessità di terapie di supporto e quella di interessarsi di effettuare gli esami e le valutazioni necessarie per essere inclusa nella lista dei trapianti”. Successivamente, dopo tre giorni, in data …, avveniva una crisi ipoglicemica con conseguente ricovero di urgenza presso l’Ospedale di … e trasferimento il giorno successivo presso l’Ospedale …., essendo sopraggiunto un aggravamento delle condizioni cliniche. Già da questo resoconto, non v’è chi non veda come emergano una serie di carenze nell’assistenza prestata alla paziente di cui non si può non tener conto nel determinismo dell’infausto esito finale. Innanzitutto, la dimissione, avvenuta in “condizioni compromesse” avrebbe necessitato di una particolare attenzione nella puntuale indicazione ai familiari dei bisogni essenziali di una paziente così fragile e, soprattutto, nella predisposizione dei servizi sanitari dedicati all’uopo, ben noti e vigenti da parecchi anni.
Nella fattispecie che ci riguarda, infatti, non sono state messe in atto le procedure di attivazione dell’A.D.I. (assistenza domiciliare integrata), attraverso la quale si realizza l’assistenza infermieristica specializzata per ipazienti dimessi dall’ospedale in condizioni precarie, allo scopo di effettuare tutte quelle terapie di supporto, citate anche in perizia, necessarie per garantire un’adeguata idratazione, adeguato supporto nutrizionale, possibilità di richiedere l’effettuazione di esami ematochimici a domicilio per monitorare l’evoluzione del quadro clinico.
c)    In definitiva, grazie all’ADI, che in questi casi può essere attivata anche durante il regime di ricovero, in fase di predimissione, in modo da garantire la continuità dell’assistenza senza soluzione di continuità con quella fornita in ospedale, è possibile attuare una presa in carico globale dei bisogni assistenziali di un paziente al di fuori dell’ospedale, comportando il vantaggio di un notevole risparmio per la spesa sanitaria ma, soprattutto, l’enorme beneficio di essere assistiti da infermieri professionali nel proprio ambiente domestico con il supporto dei propri familiari.
Senza un tale servizio, è facile comprendere come i familiari si trovassero ad affrontare da soli e senza le competenze necessarie le difficoltà relative ad una condizione clinica come quelle della signora M, la cui assistenza si era rivelata assai impegnativa da tutti i punti di vista per il personale medico ed infermieristico dell’ospedale, a maggior ragione sarebbe risultata del tutto sproporzionata rispetto alle capacità di familiari senza alcuna preparazione specifica.
In perizia infatti si evidenzia come “il paziente epatopatico con diabete presenta delle importanti difficoltà della gestione” in particolare nel paziente diabetico assume una particolare importanza il controllo della glicemia che deve essere effettuato anche tenendo presente i possibili picchi ipoglicemici”.
Da questo assunto appare evidente come la gestione clinica di un paziente con tali comorbidità non potesse essere delegata in toto ai familiari senza un supporto assistenziale quale appunto quello rappresentato a livello territoriale dal servizio A.D.I. 

6.1, Senonchè, quanto sopra, accumula fattualità (presunte) condizionalità concausalita causalita (sviluppatesi sia in ambito ospedaliero che in ambito domestico, e nell’interazione fra essi), anzi tutto in se discutibili come tali,
Comunque decampanti nettamente, non solo dall’oggetto originario della denunzia (sub 1), e da quello integrato (sub 2.1), non solo dall’oggetto profilato dalla (seconda)  richiesta di archiviazione, puntualizzativo di quello profilato dalla ordinanza gip dispositiva di  ctpm, ma, anzitutti, da quello focalizzato dalla ctpm, le divergenze da “ideali” o da “diligenza prudenza perizia”, le uniche materializzanti questo (secondo) giudizio procedimentale.
6,1.1 Oggetto (cumulativo), quindi, quello sopra evocato dalle PO,  esogiudiziale,  comunque, privo di qualunque copertura probatoria procedimentale (anche solo possibilistica), e,  quindi, se atto (in tesi) ad aprire altro procedimento, del tutto inadatto a chiudere  questo.

7. “Per quanto riguarda l’altro punto saliente, l’utilizzo cioè del farmaco ipoglicemizzante Metformina, il cui effetto epatotossico viene ampiamente descritto in perizia e viene altresì indicato, in sede di diagnosi formulata dai sanitari dell’Ospedale …i, come agente causale del gravissimo quadro clinico riscontrato in seguito ad un’intossicazione. Nella perizia si evince che “pur essendo il meccanismo previsto dalla letteratura (meccanismo con cui provoca il danno al fegato) non risulta in cartella un dosaggio del farmaco a partire dalla prima assunzione avvenuta l’8 maggio”. Questo fatto risulta determinante per capire la concatenazione di eventi patologici che hanno condotto al gravissimo quadro terminale caratterizzato da acidosi lattica, grave ipoglicemia e successivamente all’exitus. A dispetto di quanto affermato dal Dr. N, è il caso di affermare che qualsiasi somministrazione di un nuovo farmaco ad un paziente va attentamente valutato complessivamente nel suo rapporto rischio/beneficio in quanto è risaputo che accanto agli effetti terapeutici esistono gli effetti secondari o collaterali, la cui gravità va commisurata secondo vari criteri tra cui le condizioni cliniche del paziente rappresentano i più importanti. Soprattutto nel caso in questione, la grave epatopatia di cui il Dr. N sostiene era affetta la signora M, una cirrosi epatica di stadio avanzato secondo tutti gli score utilizzati allo scopo (Child Pugh stadio “C”, Maddrey’s score pari a 78, Lille score pari a 0,91) avrebbe dovuto suggerire ai sanitari dell’ospedale …… una particolare prudenza nel suo utilizzo, prudenza che non avrebbe dovuto prescindere quanto meno da un dosaggio periodico del farmaco anche in considerazione dei gravi effetti collaterali ampiamente descritti in letteratura come ad esempio l’acidosi lattica, evento che caratterizzò il quadro biochimico terminale. Il processo patologico alla base del grave quadro clinico che ha determinato l’exitus della paziente non è quello genericamente riconducibile ad un’evoluzione catastrofica di un processo cronico quale quello cirrotico, definito in perizia come “insufficienza epatica acuta su cronica”, bensì esso è riconducibile all’intossicazione da metformina come correttamente rilevato dai sanitari dell’Ospedale , che ha innescato una gravissima complicanza, ben nota in letteratura scientifica, chiamata con l’acronimo MALA (Metformin Associated Lactic Acidosis), oltre che la gravissima ipoglicemia. L’acidosi lattica da intossicazione da metformina è un gravissimo squilibrio dell’equilibrio acido-base dell’organismo, che comporta una riduzione del pH del sangue (come rilevato appunto all’Ospedale ….., in cui il pH ematico della paziente risultò pari a 7,071) ossia un’acidosi, gravata da elevata mortalità soprattutto in quei casi in cui coesistono altre potenziali cause di scompenso come ad esempio un’insufficienza renale, anche questa rilevabile dalla creatininemia della paziente, determinata durante il secondo breve ricovero a Lanusei, risultata pari a 2,9 mg/dl. A tal fine, i dubbi espressi in perizia sul ruolo della metformina quale determinante il quadro di acidosi lattica e di ipoglicemia si fondano su due asserzioni entrambe confutabili; nella prima, dove si afferma che non è descritto un aggravamento a partire dalla prima assunzione avvenuta l’8 maggio ma l’aggravarsi dei sintomi appare sin dall’inizio del ricovero rapidamente progressiva”, chiaramente occorre distinguere tra una somministrazione iniziale di un farmaco e la sua possibilità di accumulo fino a causare un’intossicazione. Tale evenienza risulta inevitabilmente legata ad una minor clearence del farmaco come avviene ad esempio in caso di deficit della funzione renale, principale organo di eliminazione dello stesso, evento che la stessa perizia correttamente identifica tra le possibili evoluzioni della malattia cirrotica, definendola “sindrome epato-renale”.
Pertanto, appare evidente che un accumulo di metformina potesse facilmente verificarsi in un paziente cirrotico stante la facilità con cui si verifica un deterioramento funzionale progressivo di vari organi, testimoniato dall’elevato valore di creatininemia riscontrato nel secondo ricovero a …, indicativo per un’insufficienza renale che aveva appunto innescato il grave accumulo del farmaco.
L’altra asserzione riguarda il punto in cui si afferma non è pienamente spiegabile neppure il manifestarsi delle crisi ipoglicemiche in seconda giornata del ricovero al  …. ad oltre 30 ore dall’ultima somministrazione del farmaco. Questo appare in contraddizione con il dato concernente l’emivita della metformina che in letteratura è quantificata in 1.5-3 h in pazienti epatopatici”.
Anche questa apparente incongruenza con il dato dell’emivita del farmaco metformina risulta spiegabile proprio in ragione della sua ridotta eliminazione dall’organismo a causa del deficit della funzionalità renale e quindi del suo conseguente accumulo che ha determinato un eccessivo effetto ipoglicemizzante.

7.1 Ora.
-A parte le risposte in tema,  date nella memoria personale dell’indagato 15 12 2020 , nella memoria personale dell’indagato … , nel  parere pro veritate prof   ( già in atti).
-A parte che la ctpm, nel giudizio causale controfattuale sulla  permanenza dell’evento alla omissione (o alla  differente dimensione) della somministrazione del farmaco, dice che, esso,  non è emettibile.
-A parte che, sulla causalità per irregolarità (trasgressione di regole cautelari concrete) della somministrazione del farmaco valgono  i rilievi sub 2..
-A parte che,  comunque,  non  è  risultato  in alcun luogo etiologico ( di ricerca di cause) del procedimento, che la somministrazione abbia escluso la “sufficienza”, alla causazione dell’evento”, da “sole” (art 41.2 cp),,  delle cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, ad essa;
mentre è noto che solo l’esclusione di quella sufficienza (di quelle cause)  permette,  al  fattore supposto causale,  di essere (se non causale) concausale ; e, quindi,  di partecipare del complesso causale determinativo dell’evento (ad altre condizioni, il fattore non è nemmeno condizionale!).

A parte tutto cio’:

 la somministrazione della metformina ( ed anche il contatto col Centro Trapianti), ricalcarono  Linee Guida,  Raccomandazioni, Buone Pratiche clinico-assistenziali… ?
Se la risposta è affermativa, non foss’altro che alla stregua delle dimostrazioni nei luoghi (qui,  primo cpv) indicati, allora:

8. La Legge 8 marzo 2017, n.24, “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”,  prevede che “gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle Raccomandazioni previste dalle Linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco“. (art. 5).
8.1 Ciò implica (ma  già prima “decreto Balduzzi”: L. n. 189/2012) che le categorie di regole cautelari, dette “leggi… ordini o discipline”, in art 43.3 cp; o la categoria della diligenza professionale in artt.1176, 2236 c.c., rinvengono  matrici e (formulatori di) regole cautelari concrete (rispettivamente) negli enti istituzioni e società…,  e nelle Linee Guida e Raccomandazioni (in art 5 indicato).
8.1.1 ed implica,  inoltre,  che anche “le specificità del caso concreto” possono essere matrici e (formulatori di)  regole cautelari concrete (non predeterminate), in un insieme,  integrativo dl quello appena detto, al quale è attribuità la facoltà (ed imposta la doverosità) di derogare a questo, ove ciò comporti la cautela estrema.
8.1.2 ed implica, infine, che quando le “specificità del caso concreto” patiscano l’assenza del primo e del secondo  insieme, la condotta medica abbia facoltà ( e dovere) di ricorrere a “buone pratiche clinico-assistenziali” (le quali non sono altro che  regole cautelari concrete, espresse, allo stato delle conoscenze, da diligenza,  prudenza,  perizia di origine esperienziale (peraltro,  matrici ammesse, a regolare la condotta dell’operatore,  in artt.43.3 prima parte cp, 1176, 2236 cc).

9. Regole cautelari concrete (eterogenee)  , che sono parse  pienamente ricalcate (in dissenso sul punto da ctpm), nel parere  pro veritate (agli atti) e negli altri luoghi sub .7.1 primo cpv…
E va sottolineato:
9.1 che l’osservanza delle regole cautelari  concrete, poiché negativa della colpa dell’evento (che postula, appunto, ì’inosservanza e la dipendenza dell’evento da essa), esclude la responsabilità del fatto.
 La esclude già in base alla teoria generale dell’illecito colposo (penale e civile).

………………

Pietro Diaz

Una singolare costruzione della decadenza del beneficio del termine, una altrettanto singolare sua decretazione monitoria, per di più ad esecutività immediata

Dalla opposizone ad essa

La (supposta e disposta, dal decreto ingiuntivo )  decadenza del beneficio del termine

1. La sua rappresentazione, dal ricorrente, apparentemente pattizia, e comunque indebita.

1.1 In prossimità della scadenza del primo rateo del credito (1 luglio 2020), addì 17 giugno,  il creditore emette preavviso d’essa al debitore. 
Il debitore, momentaneamente illiquido,  addì 29 giugno,  segnala ciò al creditore e  assicura che, nell’anno seguente,   sarà in grado di adempiere.
 Per tutta risposta il creditore, addì 14 luglio seguente   intima l’adempimento entro gg 5 ,   avvertendo che,  in mancanza, “vi (si rivolge a C ed al fideiussore, ndr) riterrò decaduti dal beneficio….”.

Indi, decorso il tempo,  agisce in monitorio e chiede sia decretata ingiunzione per l’intero credito.

Senonchè lo fa

Anzitutto

2. Omettendo,  nel  testo del ricorso, la parte, della risposta del debitore, assicurante l’adempimento e, quindi, per implicazione, la possibilità di esso (sia pure differita).

2,1 Quindi alterando,  contenutisticamente, la segnalazione, dal debitore,  della temporaneità della illiquidità, della volontà e della possibilità dell’adempimento.
E  tramutandola  in “confessione” (sic) e “riconoscimento” (sic) di dissesto e di  insolvenza: “C ha riconosciuto espressamente il proprio stato di dissesto e di insolvenza”.
Ciò  sebbene  dovesse ( e potesse)  constatare, al più inadempimento (non per  dissesto o insolvenza o altro)

Ma soprattutto

2.2 Unilateralmente imponendo,  alla risposta omissiva del debitore, la funzione causale (ed il valore giuridico) di decadenza del beneficio del termine.
Con (percepibile) intenzione di  raffigurazione pattizia d’essa (…accetterai di decadere non pagando…). Infondata per unilateralità. E comunque illecita perché contraria al disposto in art. 1286 cc, per il quale non segue decadenza al semplice (non connotato non e causato da “insolvenza” stricto sensu atque jure) inadempimento.

La illegittimità e/o infondatezza del decreto ingiuntivo in tema.

3. Ora, di siffatti genesi e valore giuridico  della decadenza,  nel decreto ingiuntivo non vi è ( benchè minima) traccia.
Né, invero,   avrebbe potuto esserci.
Poiché, per sua natura,  il decreto sviluppa cognizione (de plano) documentale, probatoriamente avvalorata da evidenza  (perché “scritta” ) della prova del credito.
  Ed elabora “pronuncia di condanna” (a pagare o dare…): 
Non elabora “pronuncia costitutiva”, accertativa (in ambiente dialettico plurisoggettivo) di fatti o di atti giuridicamente rilevanti, dichiarativa e statuitiva  dei loro effetti.
La pronuncia necessaria alla cognizione e affermazione ( e statuizione dell’effetto) dell’atto  o (comunque) del fatto (bilaterali) giuridici sub 2.2  (ciascuno degli elementi della fattispecie concreta andavano soppesati alla luce della tipizzazione in art  1186 cc). .
Necessaria alla supposizione  della decadenza del beneficio del termine, della esigibilità dell’intero credito, ed alla ingiunzione del suo integrale adempimento!
3.1 dunque mancarono le condizioni  di legittimità e di merito della decretazione ingiuntiva di specie.

La esecutività immediata  del decreto

4. E conseguentemente mancavano le condizioni di legittimità e di merito per l’attribuzione  di  esecutività immediata al decreto.
4.1 Sia quella in primo comma dell’art 649 cpc (evocata del ricorrente), perché mancante  l’evidenza probatoria, per scritture pubbliche e private, della entità del credito esigibile oltre i ratei scaduti (mancante quella evidenza, ed ogni altra probatio minor).
Quindi fu  illegittima ed infondata l’attribuzione suddetta.
4.2 Sia quella in comma secondo dell’art 649 cpc,  per periculum in mora.
Ovviamente perchè irriferibile al credito inesigibile (non scaduto).
Ma irriferibile anche al credito scaduto.  Non solo per la agevole esagibilità, stante l’esiguità.  Ma anche perché, l’esazione,  garantita dalla  fideiussione (vivente e vigente) prestata da R (in allegazioni e produzioni del ricorrente).

Subordinate

5. l’ultima notazione varrebbe anche se l’intero credito fosse ritenuto esigibile.

Presentata in procura della repubblica querela per delitto di lesione personale colposa (da attività ginecologica in sala parto per “cesareo”) ex art. 590 cp, indicate precise attività individuative degli operatori, procura non iscrive notizia di reato né “notiziati” d’esso ex art 335 cpp e a modello 21, iscrive a modello 44 “ignoti. Nondimeno assume a sommarie informazioni alcuni indagandi, nomina ctpm ed a seguito di esclusione (dubitativa), da questa, delle responsabilità, richiede al gip “archiviazione” per “non punibilità” dell’accaduto.

La seguente memoria  enuclea e pone le questioni inerenti.       

“   Premesso che:

1. La richiesta di archiviazione (nel merito) suppone la notizia di reato (art 408, 411 cpp)

La quale suppone la propria presenza nel registro relativo (art 335 cpp)

Il quale, a sua volta, suppone il registro Modello 21

1.1. La richiesta di archiviazione in oggetto (doc 1) non evidenzia notizia di reato, né il registro relativo né il registro Modello 21:

1.2 perciò è incomprensibile come abbia potuto procedere per archiviazione nel merito ex art 408 (d’altronde espressamente menzionato)

2. D’altro canto, la richiesta di archiviazione in oggetto esibisce Modello 44

Cioè il registro delle notizie di reato a carico di persone ignote:

2.1 eppure la querela era a carico di persone note o immediatamente rendibili tali a stregua della sua narrazione oggettiva e soggettiva (il che esclude, nozionalmente, “Ignoti”);

2.2 e d’altro canto, avendo il procedimento de quo escluso la notizia di reato (per quanto sub 1), avrebbe dovuto stare nel registro modello 45.

2.3 E comunque, Modelli 44 o 45:

è incomprensibile, per quanto sub 1, come il procedimento abbia potuto andare verso archiviazione di merito;

Per di più, corredato di accertamento di merito definibile (e definito espressamente nella richiesta di proroga del termine ex art. 406 c.p.p.) atto di indagine preliminare (doc. 2). Cioè, atto di indagine generato in procedimento a Modello 44! Di fatti:

2.4 La richiesta di archiviazione suppone l’esito di una ctpm;
Che è atto di indagine preliminare, del cui compimento PM assume il potere quando iscriva notizia di reato nel registro sub 1 (il cui contenuto, esclusivamente, è oggetto di indagine e la permette);

2.5 Per cui è incomprensibile come pm abbia potuto compiere indagine senza notizia di reato ( e relativi notiziati) iscritta a registro ex art 335 e Mod. 21 (come abbia potuto chiedere ed ottenere proroga del termine di indagini preliminari: doc. 3);

2.6 Dunque la richiesta di archiviazione, emessa in assenza del potere giuridico relativo, è e va dichiarata inammissibile. Si chiede che lo sia.

E vanno trasmessi gli atti al pubblico ministero: perché iscriva la notizia di reato e i notiziati di reato.

E perché indaghi sul reato (la richiesta di archiviazione, ex art 408 cpp, lo suppone indefettibilmente), essendo inutilizzabili le indagini compiute (in assenza di potere, in violazione di dovere negativo). A questo proposito:

2.6.1  poichè  l’iscrizione della querela nel registro “ignoti”  limita la  richiesta di archiviazione a quelli indicati  nell’art 415 c.p.p, per cui,  decorsi sei mesi  da essa, il PM  può   formulare, alternativamente,   richiesta di archiviazione o di autorizzazione a proseguire le indagini ( volte alla identificazione dell’autore):

vieppiù appaiono inutilizzabili le indagini compiute. 

Omissis (discussione di merito)

Pietro Diaz