Appello avverso sentenza Tribunale Penale di…, con la quale M, imputato di imputato del delitto ex artt. 81 cpv 527 c.p. perchè “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso compiva atti osceni in luogo pubblico; nello specifico il predetto in tre occasioni si recava presso la spiaggia della… nella pineta di ….. (luogo abitualmente frequentato da minori) e si masturbava in prossimità dell’asciugamano di V e T ragazze minorenni che da giorni frequentavano il suddetto arenile. Fatto commesso in… dal… al …. 2019”, era condannato :
“P.Q.M. Visti gli articoli rubricati, 81 c.p., 533 e 535 c.p.p. dichiara M colpevole dei reati a lui ascritti, avvinti dal vincolo della continuazione e lo condanna alla pena di 6 mesi di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa. Visti gli artt. 538 e ss. condanna M al risarcimento del danno in favore delle Parti Civili costituite rimettendole davanti al competente giudice civile per la sua esatta liquidazione ed assegnando in loro favore una provvisionale, immediatamente esecutiva, pari a 1.000,00 euro ciascuna. Visto l’art 541 c.p.p., condanna M alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla Parte Civile, liquidando le spese medesime in € 1.355,33 ciascuna oltre spese generali (15%), iva e cpa. Visto l’art. 544 c.p.p. indica in 90 giorni il termine per il deposito della motivazione.”
Si impugnano i capi e i punti della sentenza di cui in appresso, per le ragioni in fatto e in diritto e i motivi lì indicati.
Parte Motiva della sentenza
A.1.P 6. “tre ragazze nell’estate del 2019”. Diversificazione del tempo del fatto. Affermazione del fatto non imputato. Nullità della sentenza ex art 522 c.p.p., che si chiede sia dichiarata.
1. La sentenza salta a piè pari la cronologia dei fatti esposta dalla imputazione. Ne applica un’altra per stagioni, non per mesi settimane giorni. Quindi, oltre a non porre sé stessa in grado di asserire storicamente i fatti, distoglie i fatti dal tempo che pure avevano. E, diversificandoli nella dimensione temporale,. li diversifica anche in quella spaziale, se lo spazio muta insieme al tempo, se lo spazio di un tempo non è quello stesso di un altro tempo.
Ma senza eccedere in obiezione, diversificati che fossero, i fatti , non potrebbero essere da essa giudicati, senza mediazione del pubblico ministero, la quale, mancata prima della camera di consiglio, ex artt. 516 ss c.p.p., deve essere ricercata dal giudice ex art 521.2 c.p.p..
2. Ma perché la sentenza temporizza per stagioni? Mancanza o insufficienza o contraddittorietà della prova ex art 530.2 c.p.p., ignorate dalla sentenza. Totale fraintendimento della prova per condannare ex art 533 c.p.p. Violazione delle disposizioni or dette. Violazione della gnoseologia della prova d’accusa e di difesa ex art 546.1 e) cpp. Che si chiede siano dichiarati a sostegno della riforma assolutoria della sentenza.
2.1 Temporizza per stagioni perché la temporizzazione , dei fatti, della imputazione, per giorni di un mese (di un anno) precisi, è travolta dalle testimonianze dibattimentali delle po, eversive delle sit antecedenti.
La sentenza lo sa, e lo dice “Tre ragazze nell’estate del 2019, assistettero alle masturbazioni di M che si era posizionato sulla spiaggia della “Conchiglia” a pochi metri da loro (cfr. V, T e B):
a p 3: Per V, almeno due degli episodi si sarebbero verificati ad agosto, contrariamente alla imputazione. Inoltre, in nota 1, p 3: il numero degli episodi va da tre a quattro poi di nuovo a tre, ancora contrariamente alla imputazione.
a p. 4 in note 2 e 3, appare la inidoneità della testimone T alla collocazione temporale neppure approssimata dei fatti, contrariamente alla imputazione.
a p 5: la testimone B, è incapace di collocare temporalmente i fatti, contrariamente alla imputazione, e li colloca nell’estate del 2019 di pomeriggio.
2.2 La sentenza lo sa, lo dice, ma non ne trae le debite inferenze, in termini di mancanza della prova del (tempo del) fatto, o almeno della sua insufficienza . Né trae inferenza, in termini di contraddittorietà della prova, di ciascuna prova al proprio interno (per il divario tra sit e testimonianza: vd verbale dibattimentale, controesame difesa, udienza del 06.05.22 V e T e del 11.11.22 B): delle prove testimoniali tra loro (vd incrocio deposizioni dibattimentali delle testimoni suddette), ad esempio del quale: a p 5 la testimone B, peraltro incapace di collocare temporalmente i fatti in modo conforme alla imputazione, come detto, descriva condotte dell’uomo totalmente difformi da quelle descritte alle altre ragazze (egli le seguirebbe masturbandosi ed ogni loro tentativo di allontanarsi sarebbe stato vano. B. dica che in quell’atteggiamento sarebbe stato fotografato dalle ragazze, laddove la foto prodotta da queste, in atti, rappresenti un uomo sdraiato sulla schiena, statico, le gambe ripiegate sulle ginocchia, occhiali da sole e foglio tra le mani). Ebbene, malgrado tutto ciò, il giudice non rileva la macroscopica contraddittorietà di questa testimonianza alle altre, la contraddittorietà di questa testimonianza alla risultanza fotografica; il giudice non rileva che la testimonianza confuta le altre; non rileva, insomma, la contraddittorietà della prova e quindi la sua inadeguatezza a sostenere condanna.
2.3 Cioè, la sentenza, non solo omette di indicare i risultati di prova (art 546 1 e) c.p.p.), ma omette di valutarli alla luce delle regole di loro identificazione in art 530.2, 533 c.p.p. (prova mancante, insufficiente, contraddittoria, prova di condanna al di qua di ogni ragionevole dubbio ex art 533 c.p.p.). Ma omette anche di attivare la benché minima logica probatoria (se non nella misura e col mezzo di cui tra poco: D).
2.4 Ed è per levarsi da tale impiccio che la sentenza temporizza per stagioni. Perché il non farlo non porterebbe ad altro che alla assoluzione dell’imputato per insussistenza dei fatti.
3. Ma la sentenza (p. 5) allestisce il suo deus ex machina, il suo artificio. Il materiale glie lo offre l’appuntato D . Uno (sedicente) vagante alla ricerca di un maniaco descrittogli da soggetti inidentificati ed inidentificabili – sebbene, taluni, appartenenti alla stazione dei cc nella quale egli opererebbe. Uno il cui dire, non declinante la fonte del suo contenuto, non è utilizzabile ex art 203 c.p.p., Uno che, quindi, non riferendo chi gli abbia descritto il maniaco, già per tale ragione processuale non può dire di avere identificato il corrispondente, , nel transitante per la sua stessa strada (a parte che non potrebbe dirlo per altra causa. Perché, sebbene incalzato dal controesame difensivo, della descrizione avuta non ha saputo fornire gli elementi se non di genere. Per conseguenza , non fu, né avrebbe potuto essere, atto a ricondurre alcuno, l’uomo che si trovò davanti, ad una figura imprecisamente posseduta).
L’appuntato fornisce alla sentenza anche un giorno preciso, della sua attività, il 2 agosto 2019, E poiché questo giorno precede i (peraltro non precisati) giorni di agosto dei fatti secondo V ma anche B (vd sub 2.2) , allora i fatti non potrebbero essere avvenuti che precedentemente.
3.1 Ora, a parte che nel giorno due agosto secondo imputazione, sit e testimonianze dibattimentali, non accadrebbe alcuno dei fatti contestati. E a parte che questa indicazione temporale non sarebbe che una delle innumerevoli indicazioni temporali fuoriuscite dal testimoniale del processo, e che, quindi, non si comprende perché essa potrebbe rettificare queste e non viceversa (la rettificazione non potrebbe che essere reciproca), E a parte che la rettificabilità reciproca comporta conflitto tra i differenti termini , comporta contraddizione e, quando questa sia, opera immediatamente la regola di giudizio della prova contraddittoria ex art 530.2 cpp ( e starebbe al di qua di ogni ragionevole dubbio la prova della condanna ex art 533 cpp). E, quando essa sia, il giudice non ha il potere logico di risolverla se non uscendo dal rapporto tra i termini, rinvenendo sostitutivi o aggiunzioni. Insomma, non ha il potere di uscire “preferendo” uno di essi.
A parte tutto ciò.
3.2 Che l’indicazione dell’appuntato possa basare il ragionamento condannatorio della sentenza, presuppone che l’uomo avvistato e fotografato il 2 agosto, M, fosse l’uomo degli “atti osceni”. Presuppone quindi che l’oggetto della prova accusatoria , chi fosse l’autore di quegli atti, sia il soggetto della prova, il suo mezzo! Il che è metodologicamente assurdo, perché equivale a presunzione assoluta di colpevolezza (salva prova contraria), che esonera da ogni prova accusatoria, persino dalla sua introduzione cognizione valutazione.
La presunzione che, senza nemmeno avvertirla, forse, ha praticato la sentenza in esame, che di fatti ha soppresso la prova testimoniale, dando ad essa il contenuto del veicolo della presunzione, il fotogramma di M. abbordato da un carabiniere il due agosto 2019.
4. Per cui la sentenza nemmeno si avvede della totale inidoneità, anzi della eversività metodologica, del mezzo di prova datogli dal carabiniere alla identificazione dell’autore dei fatti. Non si avvede della completa illogicità del procedere, della totale irrilevanza e inconferenza d quel mezzo di prova. Insomma non si avvede che ha dato per dimostrato quel che era da dimostrare.
B. L’individuazione dell’uomo sulla spiaggia. Mancanza o insufficienza o contraddittorietà della prova ex art 530.2 cpp, ignorate dalla sentenza. Totale fraintendimento della prova per condannare ex art 533 cpp. Violazione delle disposizioni or dette. Violazione della gnoseologia della prova d’accusa e di difesa ex art 546.1 e) cpp. Violazione della forma della prova, dei principii di tipicità e di tassatività relativi. Violazione della forma della prova atipica. Violazione della logica comune e giuridica della prova. Che si chiede siano dichiarati a sostegno della riforma assolutoria della sentenza.
1. A p6 della sentenza , le ragazze “riconobbero” l’imputato “con appagante certezza”.
E tuttavia, la immagine oggetto della individuazione non aveva alcuna corrispondenza all’immagine oggetto della fotografia scattata dalle individuatrici (per le ragioni di cui sub 2.2).
1.1 E l’incorrispondenza non avrebbe potuto indurre che il mero possibilismo dell’esito della individuazione.
1.2 E se, a P. 6, si rileva che le ragazze dichiararono di avere osservato sei fotografie e la pg attestò che gliene furono mostrate 8, ciò aumenta il possibilismo del riconoscimento, piuttosto che ridurlo.
1.3 E se si rileva che, trattandosi di atto di indagine informale, non è previsto “un numero minimo di persone”, la sentenza si discosta dal caso di specie, nel quale non erano esibite persone ma immagini fotografiche di persone. Con incremento già per ciò del possibilismo dell’esito della individuazione, per la incomparabilità dell’oggetto della individuazione all’oggetto della visione originaria.
2. E se “una donna” sarebbe il soggetto individuato, in tutte le dichiarazioni e ciò, per la sentenza, sarebbe un “refuso” dei conducenti l’atto:
2.1 intanto quel sostantivo, “una donna” fu oggetto di verbalizzazione. Oggetto mal trascritto? Perché non anche mal recepito? Perché non anche male espresso? Ripetutamente tuttavia!
2.2 E se tutte le precedenti ipotesi sono formulabili, la conclusione del giudice per un refuso grafico dei verbalizzanti, è almeno affrettata.
E se tutte le ipotesi sono formulabili, diviene dubitabile l’intero contenuto della verbalizzazione e l’intero procedimento dell’atto, a loro volta passibili di ogni genere!
Con seguente inattendibilità dell’esito della individuazione.
3. E allorché, P7, il giudice esclude l’influsso condizionante della precedente visione della fotografia (scattata dalle individuatrici), sostenendo che essa avrebbe agevolato il “riconoscimento”, non si avvede, da un lato, che gli estremi di questo eran dati dal soggetto visto in spiaggia e il soggetto della foto individuata. Da altro lato, che vi era tale diversità tra l soggetto della fotografia scattata dalle individuatrici – a corpo intero disteso, gambe raccolte, volto poco visibile e con gli occhiali- ed il soggetto della foto tessera – esclusivamente di faccia, di profilo, senza occhiali in bianco e nero -, tale diversità, si diceva, da potersi se non doversi ipotizzare che l’identificazione sia stata del tutto casuale.
3.1 A parte il rilievo che tutte le individuatrici negarono di avere visto fotografie dei rappresentati prima dell’atto. A parte quindi l’addebitabilità del mendacio a stregua del suddetto rilievo della sentenza stessa.
4. D’altro canto, l’assenza del difensore non ha permesso la identificazione di tutti gli elementi circostanziali della individuazione, le condizioni soggettive e oggettive della ostensione (delle fotografie) e della visione, le reazioni mimiche e verbali alla visione, sia delle individuatrici sia degli operatori.
Assenza del difensore nemmeno compensata dalla riproduzione fonografica o videografica dell’atto. Mancate.
Insomma, nulla garantisce, che gli esiti della individuazione ed il suo procedimento, siano stati quelli di cui a verbale. Onde, il giudizio probatorio avrebbe dovuto essere ben più congetturale e cauto di quello espresso dalla sentenza.
5. Quando, poi, la sentenza (P7) afferma che la forza probatoria non discende dalle modalità formali del “riconoscimento” ma dal valore della dichiarazione confermativa, avvenuta con la deposizione testimoniale, non vede che:
o discioglie il “riconoscimento” nella testimonianza, e, quindi, non potrebbe usarlo;
o, discioltolo nella testimonianza, questa avrebbe ad oggetto un atto del processo e non un fatto (d’altronde, la sentenza stessa rileva che, “nel caso di specie, sentite a dibattimento, le testimoni hanno… conferma(to) l’esito dell’atto di ricerca della prova compito in fase di indagini preliminari”. Parla proprio di conferma dell’atto!).
5.1 E, comunque, avrebbe ad oggetto un fatto proprio e interiore (lo ho riconosciuto!), inammissibile come tale, inammissibile comunque perchè fatto interiore psichico inverificabile all’esterno, insuscettibile di contraddittorio, interamente rimesso al convincimento del testimone!
6. Quanto poi alla “prova atipica”, come ciò sia sostenibile se l’individuazione è tipicamente mezzo di ricerca della prova, non è spiegato!
A parte che la evocazione di una prova atipica, checché se ne dica, contrasta apertamente il principio di tassatività della prova in art 187 c.p.p., ed il principio per cui la prova atipica va promossa preformata ed eseguita nel contraddittorio delle parti ex art 189 c.p.p. (quindi ogni contrario asserto è totalmente abusivo perchè estraneo al potere di interpretazione e comunque, contravventore dei suoi limiti).
7. La Individuazione fotografica della persona garantirebbe più della individuazione della persona, perchè costringerebbe l’individuatore ad un sforzo di memoria maggiore che nella individuazione di persona!
Ma è proprio questo sforzo che mostra la inferiorità probatoria della prima rispetto alla seconda, quando, ovviamente, la visione originaria abbia avuto ad oggetto una persona e non una fotografia.
Ciò sia perchè la fotografia è un surrogato della persona – e, quindi, distanzia l’individuatore dalla visione originaria assai più che se compisse una individuazione di persona. Sia perchè quando, come in specie, la surrogazione aumenti ove la foto riproduca solo parte della persona, parte minima come in specie, aumenta la distanza tra l’oggetto originariamente visto e l’oggetto della individuazione, con decremento proporzionale del valore probatorio della individuazione .
8. La percezione visiva sarebbe, per sentenza, una specie del più generale concetto di dichiarazione!
Pur essendo l’oggetto della dichiarazione? La sentenza confonde il mezzo col suo prodotto?
La dichiarazione non riproduce altro che la percezione visiva senza mai immedesimarsi in essa, senza mai sussumerla a sé!
9. Quanto poi al passaggio, del “riconoscimento fotografico” da mezzo di individuazione della persona a prova atipica (vd sub 6)e poi a prova tout court quando sia confermata a dibattimento:
dato che confermata è la individuazione, dato che non smentita è questa, dato che è confermato una atto del processo, che non smentito è questo:
è del tutto inspiegabile come ciò possa aggiungere il benché minimo valore alla individuazione, inspiegabile come, addirittura, possa trasformarla in prova (se non per pensiero mistico, spiritualistico).
B.1 Ma più radicalmente, sul tema precedente della individuazione. Violazione delle norme processuali inerenti (di cui infra) mancata rilevazione della nullità dell’atto, seguente nullificazione degli atti consecutivi e dipendenti.
Per la sentenza la “individuazione è attività informale che non prevede il compimento degli adempimenti previsti dall’art. 213 c.p.p. ” e “Pertanto non possono pretendersi per la individuazione le stesse garanzie previste per la ricognizione seppur per prassi, il mezzo di ricerca della prova viene effettuato mediante sottoposizione all’individuatore di più immagini, modalità che garantisce l’imputato (sic) in una maniera superiore a quella prevista dalla legge (che non richiede alcuna formalità) perchè pone in maggiore difficoltà colui che deve riconoscere l’indagato, costringendolo ad uno sforza visivo e mnemonico più arduo.”
Si è obiettato sub B ad alcuni dei rilievi ora esposti.
1. l’individuazione, irritualmente maneggiata, dal PM, a dibattimento a simulare una ricognizione, ha tuttavia esclusivamente riprodotto l’anteatto, sia pure con la variante della qualità dell’individuatore, ora testimone. Il quale, tuttavia, come sopra cennato, non testimonia sul contenuto d’essa, perché derivante da un apprezzamento, incompatibile alla testimonianza. E poiché non è nemmeno individuatore, ma è confermatore della precedente individuazione, resta l’omessa partecipazione, a questa, del difensore dell’accusato, e di questo stesso, che non permette l’uso probatorio d’essa, anche a causa della preclusione in art. 111 IV Cost.. Preclusione formale, o, comunque, sostanziale, perché ignorandosi totalmente, oltre quanto detto a verbale, come l’individuazione si sia svolta, come sopra cennato non può accreditarsene l’effetto (a parte l’inoltrepassamento del non ragionevole dubbio –art. 533 c.p.p.- , segnalato dalle percentuali della individuazione).
Ma comunque:
1.1 non vale l’argomentazione della sentenza secondo cui: “In ogni caso anche a voler ritenere che il Massarotto avesse già assunto la veste di indagato, si osserva che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 265 del 1991 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 364 c.p.p. nella parte in cui non prevede tra gli atti di indagine con diritto di assistenza del difensore anche gli atti di individuazione coinvolgenti gli indagati, per il motivo che la mancanza di tale presenza non comporta la violazione del diritto di difesa”;
di fatti
1.2 il dettato normativo di riferimento (art 364 cpp) prevede la partecipazione del difensore all’atto di individuazione del pubblico ministero, diretto o delegato.
1.3 la norma de qua è stata modificata con d. lgs 15 settembre 2016 n. 184, per cui la sentenza cennata, impiegata dal giudice, non può più escludere, dall’individuazione, il contraddittorio difensivo.
1.4. all’atto individuativo che ha condotto al “verbale di individuazione di persona mediante ricognizione fotografica”, delegato alla PG dal PM, il difensore aveva diritto a parteciparvi ex artt. 361, 364 1 , 370.2 cpp. E’ conseguita nullità d’esso ex art 178, lett c.) c.p.p., (invano) dedotta nell’udienza preliminare, già riproposta in dibattimento, e che si reitera.
C. Sul “principio di masturbazione”: fatto diverso, violazione della regola in art 521 c.p.p..
Sentenza p 9 “La Difesa ha sottolineato energicamente che le testimoni abbiano dichiarato di aver assistito ad un principio di masturbazione e non al totale compimento di atti onanistici. Secondo questo Giudice, non vi è differenza tra un principio di masturbazione e una masturbazione completa ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta”;
1. Che l’”inizio” (non “principio”: vd testimonianze) di masturbazione sia masturbazione è contraddittorio in termini (lo ammette implicitamente la sentenza, allorché eguaglia i termini “ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta”).
Se non lo fosse, per essere ricondotto a masturbazione, avrebbe necessità di descrizione.
L’inizio della masturbazione non è stato descritto nei suoi contenuti da alcuna delle testimoni. Quindi, solo per intuizione, non per concreta constatazione, esso potrebbe essere stato ricondotto alla masturbazione.
Cioè, solo per sensazione inscindibile da apprezzamento , inammissibile alla testimonianza.
2. L’inizio di masturbazione, comunque, dalla sentenza (in termini di principio) reputato equivalente a masturbazione, , non è comunque omonimo né sinonimo di questa, che in quanto tale e non in quanto inizio (o “principio”) è in imputazione. Quindi, il giudice, anche “ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta” (vd sopra), non avrebbe potuto sentenziarlo senza la mediazione del PM (antecedente o successiva ex artt 516 ss,, 521.2 cpp.)- d’altronde, nel brano seguente la sentenza implica la diversità del fatto: “L’art. 527 c.p. sanziona infatti atti osceni, realizzati in spregio del pudore, concetto che include il buon costume sessuale quale complesso di vita conformi alla civile convivenza nel campo della sessualità. Ora, secondo questo Giudice, denudare gli organi genitali ed iniziare un’attività di masturbazione integra il reato nella sua componente oggettiva. La libertà di costume odierna per quanto interpretata fino al limite estremo di una sua interpretazione estensiva, non include ancora la possibilità di una totale nudità del corpo umano (ed infatti i luoghi in cui possono scoprirsi le pudenda sono predeterminati dalle norme in materia e tassativi) né tantomeno la manifestazione di atti di autoerotismo”-.
O erronea valutazione della prova, sul fatto e sulla sua volontà finalistica.
2.1 D’altronde,, mancata la descrizione dell’inizio di masturbazione, la sentenza non aveva materia bastante a stabilire se fosse atto erotico , più specificamente, se fosse atto di autoerotismo (come essa, in nota a p. 9, lo definisce).
2.2 Tanto più se considerato quanto la sentenza stessa rileva e sconta fattualmente (p 2) , per cui l’uomo celava la masturbazione (l’inizio della), quindi inibiva la sua percezione e identificazione come atto erotico! Aggiungasi che, questi due ultimi eventi, erano incondivisi dalle testimoni, che evitano di osservare “TESTE V – Cercavamo di far finta di niente, magari giocando a carte e coso, capitava che il nostro sguardo si incrociava, quindi lui rimaneva fermo, magari per non essere osser… cioè, visto, non so, però quando i nostri sguardi si incrociavano smetteva. Poi ci rigi… AVV. – Sì. TESTE V – Rigiravamo di nuovo la faccia e continuava con…”;
2.3 rilievo portante a dubitare della oscenità dell’atto, come della sua direzione alla oscenità. E, quindi, portante a dubitare non solo della sussistenza dell’atto ma anche della intenzione di compierlo quale atto osceno.
2.4 Per cui la annessione, in sentenza, al gesto, del dolo (peraltro) “eventuale” appare problematica., al di qua di ogni ragionevole dubbio ex artt, 533.1 cpp (comunque , appare prova mancante o insufficiente o contraddittoria ex art 530.2 cpp).
Unicità dell’atto?
Peraltro. Se:
3 la condotta, in tutte le testimonianze (eccetto quella di B che sovverte ogni altra e l’imputazione stessa , vd sopra) è descritta quale inizio non evoluto (conclusosi in un atto);
3.1 la pluralità degli atti è pretesa dalla norma (che narra di “atti”);
3.2 allora, proprio “ai fini della configurabilità del reato in punto di tipicità della condotta” mancherebbe la misura della oscenità;
3.4 la cui pregnanza, anche in rapporto all’indecente (altrove sanzionato) che ne è parte, non pare raggiunta;
Conclusione
3.5 con seguenti: a) insussistenza del fatto (perchè non osceno o, se osceno in sè, non pubblico perché celato); b) o incostituenza del fatto come reato, poiché, per l’ultima ragione in parentesi, non voluto; si chiede che in riforma della sentenza , ciò sia dichiarato;
C 1. Sul particolare luogo, elemento costitutivo del fatto di reato e del suo disvalore. Diversificazione del fatto senza mediazione del pm (art 521.2, 522 cpp). Omessa ed erronea valutazione della prova ex art 581.1 b). cpp . Inosservanza della legge penale ex art 527.2 cp. .
Che si chiede siano dichiarati (il secondo ed il terzo vizio come base per riforma della sentenza mediante assoluzione perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato).
1. in sentenza p. 10: La sanzione prevista dall’art 527 cp. è di natura penale (comma 2) quando l’atto osceno è compiuto presso luoghi abitualmente frequentati da minori con il pericolo che essi vi assistano. Una spiaggia nei mesi estivi è luogo abitualmente frequentato da minori come sostenuto dalle testimoni e dalla presenza, in una delle occasioni, di una minore (A B)”;
1.1 ora, a parte che la minore indicata dal Giudice non corrisponde a quella indicata nel capo di imputazione, e già ciò diversifica il fatto ex art 516 cpp, con le conseguenze ex art 521 e 522 cpp, che si chiede sia dichiarato;
1.2 e a parte che la minore di cui all’art 527 cp non è la minore che fosse accidentalmente offesa dal reato, ma colei che vi assiste quale uno dei minori stabilmente frequentanti un luogo ad essi dedicato (altro elemento ignorato dalla sentenza);
1.3 luogo che, d’altronde, non è “la spiaggia”, come la sentenza vorrebbe – non solo perché le pp.oo. indicarono altro quale luogo dell’incontro con l’importuno, ma- perché luogo comune a tutti, anziché a minori (la presenza dei quali è , pertanto., accidentale);
a parte ciò
1.4 se “Per la sussistenza del reato, occorre inoltre accertare che dal fatto derivi il pericolo che i minori assistano a detti atti; essendo elemento espresso di fattispecie, il pericolo deve essere oggetto di una puntuale verifica in sede giudiziale; il giudice, pertanto, deve appurare, al momento del fatto, l’effettiva presenza di minori in uno dei luoghi indicati dalla norma, a nulla rilevando che poi concretamente uno o più minori abbiano effettivamente assistito al compimento di detti atti, essendo sufficiente il pericolo che ciò potesse accadere. In altri termini, nella base del giudizio di pericolo occorre considerare la presenza di due o più minori, mancando la quale è escluso il pericolo che i minori possano assistere alla realizzazione, da parte dell’agente, di atti osceni (nel caso di specie la Corte territoriale aveva rigettato l’appello, non avendo applicato correttamente il principio sopra richiamato, in quanto avrebbe dovuto accertare se nel giardino pubblico, in prossimità del quale sono stati commessi gli atti osceni, fossero presenti giochi o altre attività ludiche per bambini: circostanza che la Corte territoriale non ha verificato nel caso concreto, essendosi limitata ad affermarne l’esistenza in maniera apodittica, richiamando una massima di esperienza che (“è notorio che nei parchi pubblici sono di norma sono presenti anche giochi per bambini”) che non ha valore assoluto.) (Cass. Pen., Sez. III, 20 settembre 2019 – 24 ottobre 2019, sent. n. 43542);
1.5 se quella è l’esegesi, non pare che le si adegui l’assunto, in sentenza p. 10, “Trattandosi di reato di pericolo, la tutela del bene giuridico è “anticipata” e, pertanto, è sufficiente la possibilità che i minori assistano ad un atto osceno e che non che siano effettivamente presenti”(!).
Di fatti, detta possibilità e totalmente astratta dalla particolarità dei luoghi selezionati dalla disposizione, non è tratta da essi, con seguente inosservanza d’essa ( si tralascia la illinearità della frase “è sufficiente la possibilità che i minori assistano…e che non che siano effettivamente presenti”).
In ogni caso,
I luoghi della previsione legale, oltre la interpretazione giurisprudenziale, nella interpretazione comune, non possono certo ricondursi a luoghi appartati appositamente ricercati anche in ragione dei giorni e delle ore, dalle testimoni, escludenti espressamente – quanto assolutamente – la presenza abitale di minori.
2. Quindi, se la fattispecie fosse di pericolo (peraltro, concreto) questo avrebbe ad oggetto la percezione del gesto da parte del minore, non certo, il luogo abitualmente da lui frequentato, che è elemento costitutivo della fattispecie.
3. E che inoltre è oggetto del dolo.
Per cui, se il luogo concreto come luogo abitualmente frequentato da minori non fosse stato rappresentato e attivato dall’autore dell’atto, mancherebbe il dolo di questo ( il tema non è nemmeno sfiorato dalla sentenza),
4. al più, per conseguenza, gli atti sarebbero risultati osceni per colpa (se non fosse esclusa l’oscenità per equivocità delle manovre sul pene, che potrebbero avere avuto causa e fine non erotici -massaggiamento, grattamento, ispezione…). In tale senso la sentenza avrebbe dovuto comporre il suo dispositivo.
5. Onde il fatto sarebbe illecito amministrativo ex art. 527.3 cp. Si chiede che, in riforma della sentenza, sia dichiarato.
D. Mancata degradazione del fatto ad illecito amministrativo:
1. Tutto quanto sub C 1 osservato, avrebbe dovuto condurre la sentenza a ritenere l’illecito non penale ma amministrativo (art. 527.1 cp).
Si chiede che, in riforma della sentenza, sia dichiarato.
E. Sul capo della condanna civile; sulla mancata declaratoria di tenuità del fatto ex art 131 bis cp e sulla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche:
1. se la condanna al pagamento di una provvisionale è emessa nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova (art 539.2 cpp); se , ad avviso della sentenza, quel “la prova può fondarsi, quanto al danno morale, su elementi di carattere presuntivo, avuto riguardo al titolo di reato e al turbamento psicologico che ordinariamente discende da condotte di oscena nudità imposta a terzi quali quelle accertate.”
1.1 se, cioè. la decisione è stata assunta sulla scorta di “elementi di carattere presuntivo” . essa non aveva a disposizione una prova storica, empirica, perentoriamente richiamata nella indicata disposizione.
1.2 Onde si chiede riforma della condanna civile in punto (ove sopravvivesse la condanna penale).
2. La sentenza neppure sfiora l’ipotesi della esclusione della punibilità (in concreto) per particolare tenuità del fatto.
Eppure, alla luce di quanto sub C, C1, E, per le modalità delle condotte e per l’esiguità del danno (anche civile ) e del pericolo, l’offesa risultava di particolare tenuità e il comportamento risultava non abituale (vd sub A, ove, per le ragioni lì indicate, non è nemmeno possibile stabilire il numero degli incontri tra le accusatrici e l’accusato), ex art. 131 bis cp).
Onde si chiede che, in riforma della sentenza, sia applicata la causa di esclusione della punibilità.
3. Quanto all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, i più recenti indirizzi giurisprudenziali imponevano l’obbligo di motivazione negativa, cfr. Cassazione penale sez. IV, 01/02/2022, (ud. 01/02/2022, dep. 07/02/2022), n.4163, disatteso dal Giudice che neppure ha argomentato sulla sussistenza o assenza dei presupposti per la concessione;
3.1 ciò alla luce della misura oggettiva e soggettiva del fatto, per la profilature sub A, C, C1, E, perfettamente atta ad originare “altre circostanze ex art 62 bis cp.
Circostanza della quale, perciò, si chiede l’applicazione.
F. ,Tutto ciò premesso, si conclude affinchè:
– sia dichiarata la nullità della sentenza per violazioni, volta a volta a indicate, ex artt. 516, 521 e 522; o sia dichiarata la (indicata) nullità della individuazione e degli atti consecutivi e dipendenti , ex art 361, 364, 370, , 178.1 c) c.p.p., per le ragioni indicate nei relativi punti.
Se non fosse dichiarato, in riforma assolutoria della sentenza, che il fatto non è preveduto dalla legge come reato o che non sussiste o che non costituisce reato o che non è stato commesso dall’imputato, per le ragioni indicate nei relativi punti.
– in subordine:
-sia dichiarato, in riforma della sentenza che, il fatto, è illecito amministrativo (ex art. 527.1,3 cp) per le ragioni indicate nel relativo punto;
o che il fatto è illecito amministrativo ex art 726 cp, per le ragioni indicate nel relativo punto.
– o sia dichiarata la lieve entità del fatto ex art. 131 bis c.p., per le ragioni sub E.
– in ulteriore subordine, il fatto sia contenuto nella pena base, con applicazione delle circostanze attenuanti generiche, inapplicate, immotivatamente, nel caso di specie. Per le ragioni sub E.
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Pietro Diaz con Maria Carla Sunch