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una decisione cautelare su parere, non su iniziativa, del pm, e senza contraddittorio difensivo.

In relazione alle questioni di nullità, della deliberazione impugnata, formulate  ex art. 178. co. 1 b) e c) cpp, si esplicita quanto, nella istanza,  implicito.
Sono state  dedotte nullità di ordine generale, la cui ricognizione e la cui  specificazione avvengono in concreto, a seguito di accertamento  se,  forme e interessi sottesi , della partecipazione del pubblico  ministero e del difensore al procedimento, siano stati osservati o no.
E, si è detto, in specie è indubitabile che  lo siano stati.
Perché il pubblico ministero era titolare della azione cautelare ex art 291.1 cpp;  il difensore era titolare del diritto al contraddittorio (antecedente concomitante successivo) nella  deliberazione cautelare peggiorativa di altra.
Tali titolarità, di (sottesi)  poteri e  diritti, sono state eluse da Corte di Assise di Appello. La quale, da un lato,  ha inscenato d’ufficio la regiudicanda e la relativa deliberazione,  da altro la ha deliberata senza contraddittorio difensivo – per giunta , nel contraddittorio, sotto specie di “parere” , del pubblico ministero!-.  

HABERMAS JURGEN Niente meno!


Lo sterminio dei civili di Gaza, da parte di  Israele, non è intenzionale. Israele deve reagire al 3 ottobre… 

Tuttavia
Se non fosse intenzionale, essendo voluto, sarebbe pur sempre sterminio.
E d’altro canto, quando un’ azione fosse  scopo a se’ stessa, non avesse altro scopo,sarebbe comunque secondo l’intenzione. 
Sarebbe intenzionale, appunto. 
A parte che, travolgendo,  l’azione di specie, il diritto internazionale per sproporzione e per innecessità, è  criminale.
E se è criminale, per definizione è intenzionale. 

ESTINZIONE DEL REATO ED ESTINZIONE DEL PROCESSO


1.L’art. 157 del codice penale dice che “la prescrizione estingue il reato”. E d’altronde, il Capo I (del Titolo VI Libro I) nel quale è posto, si occupa “Della estinzione del reato” , e lì alloca le varie “cause di estinzione del reato” (amnistia, morte del reo prima della condanna, remissione della querela etc..).
Ma sia prima dell’apparizione della formula che dopo, si era avvertito che essa, se (certo) imponeva al reato di non emanare (in concreto) la pena, era tuttavia frutto di visioni dottrinali del tempo (1930), perciò opinabili e passibili di revisione.
Ed in effetti, fin d’allora si cominciò a chiarire che, all’avvento di “cause di estinzione…”, non si estingueva il reato come fatto della vita (factum infectum fieri nequit).
E che, se mai, si estingueva il reato quale fattore della pena.
Perciò, avrebbe potuto (e dovuto) dirsi, più propriamente, che, le cause di estinzione, estinguevano la punibilità, del reato – taluno, con ieratica metafora, sosteneva che, esse, estinguevano la “pretesa punitiva dello Stato”.

  1. Ma, descrivendosi variamente (sempre circonlocutoriamente e talora suggestionalmente) l’effetto delle cause di estinzione, non si avvertiva, né si avverte nel dibattito odierno, che quell’effetto era solo mediato. Da un effetto immediato, il quale cadeva, tutto e solo, sul processo, e in esso si produceva (d’altronde, l’art 129.cpp, quando sia il “reato estinto”, pone “l’obbligo di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità”: cioè di arresto del processo…).
    Si produceva all’arresto del processo.
    Ciò perché non c’è reato che pervenga alla applicazione della pena senza il sostegno del processo. Ed alle condizioni di questo (conoscitive accertative attestative e decisive della sua punibilità e punizione).
    E non c’è arresto del processo che non fermi lo sviluppo della condizioni or dette.
    E non c’è fermo dello sviluppo di queste che non estingua le condizioni antecedenti ed il loro (provvisorio) effetto. E ciò a causa della loro imperfezione rispetto all’insieme delle condizioni chiamate all’accertamento giudiziario della punibilità:
    (sia pure a discrezione delle parti del processo), almeno due giudizi di merito ed uno di legittimità -quindi, per inciso, contrariamente a quanto sbandierato da profani pur celebri e supponenti, la prescrizione ( l’arresto dal processo a causa d’essa) non accerta il reato ( tanto meno “la colpevolezza”, come pretende, incosciente, l’organo di quotidiana “informazione” più affaccendato alla deformazione della materia)-.
  2. Pertanto, l’estinzione del reato (per prescrizione o per altro) avviene per estinzione del processo. E’ l’estinzione del processo che comporta l’estinzione del reato (e di qualsiasi altra entità si ponga a suo antecedente).
    D’altronde, l’effetto (e l’avvento) di tutte le “cause di estinzione del reato” è processualmente sentenziato con le formule: “non luogo a procedere” (art 425 cpp); “non doversi procedere” (artt, 129.1 , 531.1 cpp); le quali dichiarano l’estinzione del processo (e, per conseguenza, di ogni suo antecedente interno).
    3.1 E ciò è tanto vero che il ddl Cartabia non ha conflitti, nei contemporanei “blocchi” (dei corsi) della prescrizione e del processo:
    all’effetto del secondo non è opponibile l’effetto del primo. Quando avvenga il secondo è inconferente l’operatività del primo.
    MA COME CHE SIA
  3. La disputa concettuale e politica in tema ha dato profitti.
    Quello di impostare una corretta visione dei fenomeni, e quindi una corretta definizione del suo contenuto.
    Quello dell’esordio del limite alla durata del processo, mediante imposizione di una ragionevole misura (in adempimento della volontà costituzionale in art. 111 ). Limite che la durata dei corsi della prescrizione sembra ignorare (l’”azione penale” in art 112 cost., segue la moda. Ed è infrequente, oggi, che, essa, non faccia sfilare reati le cui pene –talvolta innalzate apposta!- non inducano tempi di prescrizione di almeno vent’anni…!

BEATO ROSARIO LIVATINO

  1. La singolarità dell’accaduto, la beatificazione papale (addì 9 05 2021), di un magistrato “antimafia”, non può non andare in cerca, subito, delle cause e degli effetti, se non dei fini, d’essa; per capire se il contesto cui il Beato è appartenuto, olente teofilia, si sia imbevuto di teologia.
    Ciò in uno sfondo di Chiesa che ha assunto (con la beatificazione) una funzione dello Stato, così combinandosi a questo, sebbene siano stati separati (art 7 Cost).
    E lo siano stati per non confondersi, nemmeno per la via del culto.
    E, comunque, perché non paia (nemmeno alle credenze popolari) che la magistratura eserciti nel nome di Dio, anziché nel “Nome del Popolo” (art. 101 cost).
  2. All’origine (dichiarata) del pesantissimo (per la civiltà giuridica) accaduto, stanno ispirati scritti e misteriosi acronimi (ritornanti nelle agende del dr Rosario Livatino, “ucciso dalla mafia” il 21 settembre del 1990).
    Tra i primi il seguente:«L’indipendenza del giudice, infatti, non è solo nella propria coscienza, nella incessante libertà morale, nella fedeltà ai principi, nella sua capacità di sacrifizio, nella sua conoscenza tecnica, nella sua esperienza, nella chiarezza e linearità delle sue decisioni, ma anche nella sua moralità, nella trasparenza della sua condotta anche fuori delle mura del suo ufficio, nella normalità delle sue relazioni e delle sue manifestazioni nella vita sociale, nella scelta delle sue amicizie, nella sua indisponibilità ad iniziative e ad affari, tuttoché consentiti ma rischiosi, nella rinunzia ad ogni desiderio di incarichi e prebende, specie in settori che, per loro natura o per le implicazioni che comportano, possono produrre il germe della contaminazione ed il pericolo della interferenza; l’indipendenza del giudice è infine nella sua credibilità, che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni ed in ogni momento della sua attività».
    Scritto che oltre l’emettere messaggi morali (dal giudice a colleghi, forse riconoscibili), auspicanti oculate “relazioni ….e manifestazioni nella vita sociale….amicizie”; e deploranti “desiderio di incarichi e prebende…che possono produrre il germe della contaminazione…” ;
    lì dove colloca (e connota) la “indipendenza del giudice” nella “propria coscienza…libertà morale….fedeltà ai principi…capacità di sacrifizio…”; e ancora “nella sua moralità..credibilità…nel travaglio delle sue decisioni…”;
    li è ben lungi dal raffigurare il giusdicente, il declaratore del diritto oggettivo, colui che fedelmente lo esprima, che non abbia “ coscienza… libertà morale… principi…. moralità… credibilità”, che non siano in quello.
    Come nel diritto penale (ove ha operato Livatino), che con la tassativita’ enunciativa delle sue formulazioni (legali), prelude e dispone la tassativita delle sue manifestazioni giudiziarie.
    O nel diritto procedurale, prefigurante esattamente ogni gesto (inquisitorio istruttorio cognitorio decisorio) del magistrato, del quale, quindi, preassume il “travaglio”, di cui lo sgrava.
    2.1 E dove, peraltro, il giudice non è che uno dei soggetti operanti, ed il meno agente (svolgente iniziative istruttorie), perché (quasi) solamente giudicante e decidente delle altrui attività processuali.
    Ed anche ciò secondo norme prestabilite, che nulla affidano alla sua “coscienza” (mentre pretendono che di esse abbia coscienza), che nulla affidano alla sua “libertà” (se non l’accettazione dell’investitura), e nulla affidano alla sua “moralità” e “credibilità” se non la estrinsecazione delle loro.
    D’altronde, e’ soggetto al diritto (art 101 Cost), quindi, è soggetto del diritto, funzionalmente composto non d’altro che di esso ed in esso esauriente interamente sè stesso.
    Onde la sua “indipendenza” da ogni altro potere (art. 104.1Cost.), si attua nella dipendenza completa dal diritto, che perciò egli applica non crea, che dichiara non forma.
    D’altronde, essendo diritto del popolo, non suo, intestato al popolo non a lui.
    E d’altronde, esercitando il giudice sul popolo in nome del popolo, non potrebbe non essere soggetto al popolo (riassunto) in parlamento.
  3. Quindi, nello scritto suesposto, si compie trascendenza dalla funzione giurisdizionale, levitazione oltre, sopra il diritto, e sopra il popolo (se non si compia ascesi mistica).
    Tuttavia inammissibili, anzi impensabili, in qualunque pubblico funzionario.
    E che se si espandessero (taluno, all’ultima celebrazione del Beato, ha auspicato la moltiplicazione di “Livatino”), comporterebbero trascendenza, del potere, più che “autonomia”.
    E, quindi, teologia della sua meditazione ( con possibilità di teocrazia, della sua decisione).
  4. L’autonomia, peraltro, la connota un altro scritto del giudice:
    (I magistrati) “devono, nel momento del decidere, dimettere ogni vanità e soprattutto ogni superbia; devono avvertire tutto il peso del potere affidato alle loro mani, peso tanto più grande perché il potere è esercitato in libertà ed autonomia».
    E se autonomia, lì, è autogenesi del diritto, in piena “libertà”, e fatale che, la relativa coscienza e volontà, infondano sentimento di alterità, ulteriorità, superiorità, all’ordine giuridico dato. E di ascesa al divino.
    4.1 Lo espone luminosamente un altro passo dello scritto appena richiamato :
    «Il compito (…) del magistrato è quello di decidere; (…): una delle cose più difficili che l’uomo sia chiamato a fare. (…).Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è.. realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di se’ a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata”.
    4.2 Ma lo dice più minuziosamente un acronimo, rinvenuto in fondo alle sue agende (nel senso delle faccende, delle cose da fare e delle cose fatte, delle “operazioni” del “giudice ragazzino”, secondo la definizione, apologetica per contrasto, che di lui volle darne, si dice, il “prof. Nando Dalla Chiesa”), una sigla misteriosa, “s.t.d.”. che gli inquirenti sulla sua morte stentarono non poco a decifrare; il significato era:
    sub tutela dei, per volontà di Dio.
  5. Quanto sopra esposto:
    E’ spiegato perché, già il 19 luglio del 2011, sia stato firmato dall’arcivescovo F. Montenegro il decreto per l’avvio del processo diocesano di beatificazione di Rosario Livatino.
    E perché già il 21 dicembre 2020 Papa Francesco con un decreto ne riconobbe il martirio in odium fidei.

Ma è spiegato anche perchè, ad un potere secolare dello Stato laico repubblicano e democratico, accada di divineggiare.

pietro diaz

ASTRA ZENECA E LA QUESTIONE CAUSALE


1. Se la somministrazione del vaccino cagionasse trombosi e queste a loro volta cagionassero morte, ciò non implicherebbe, nel discorso specialistico – e, auspicabilmente, in quello comune-, che esso abbia causato i due eventi.
Perché una successione di eventi ( ad un fatto) che abbia frequenza rarissima o rara (come in specie), che non abbia frequenza costante, regolare, non si iscrive nella nozione di causa del discorso specialistico -e, auspicabilmente, comune-.
2. Nella nozione (ovviamente) che nei due discorsi, siccome intenti alla ascrizione (o imputazione) dei fatti ai fattori, mediante il linguaggio degli ordinamenti (giuridico sociale morale..) attributivi dei secondi ai primi etc., illustra che cosa intenda e debba intendersi per causa:
quella sopra esposta, che è causa di un effetto, ed è effetto di una causa, quanto ponga in rapporto costante l’uno e l’altra, quanto faccia regolarmente l’uno dell’altra.
E che il vaccino non fa delle trombosi, né queste del vaccino – né (tanto meno ) l’uno e l’altra delle morti-.
3. E se lo facessero, altro si sarebbe inserito tra essi; altro, quindi, causale degli eventi.
Altro rinvenibile, ad esempio, nella “piastrinopenia” della povera Canepa.
Certo innescata verso gli eventi dal vaccino, che, quindi, parrebbe concausale degli eventi.
Ma, tale, concausale, in effetti non è.
Perché non essendo causale in sé, per quanto detto, non potrebbe essere (con)causale.
E in effetti, fungendo da innesco, è solo condizionale.
E nei discorsi intenti alla ascrizione (o imputazione) dei fatti ai fattori, mediante il linguaggio, e in relazione ai fini, degli ordinamenti (giuridico sociale morale..) attributivi dei secondi ai primi etc, la distinzione terminologica è anche logica (ed epistemologica: che assicura la veridicità dei discorsi):
causa e concausa, sono ascrittivi, imputativi (socialmente o individualmente), non (la) condizione (una etiologicamente aggiornata lettura dell’art 41 cp , lo rivela).
4. Ovviamente, qualsiasi condizione essendo intenzionalmente o inavvertitamente (ma negligentemente) e attuosamente convertibile in concausa o in causa ( zuccheri massivamente somministrati a chi si sappia diabetico; vaccino somministrato a chi si sappia piastrinopenico), convertita, permetterebbe ascrizione, imputazione degli eventi.
Ma, i questi casi, concausalità e/o causalità , degli zuccheri o del vaccino, avrebbero consistenza prevalentemente normativa, non materiale.
E si sconfina in altro campo….

SANTALUCIA PRESIDENTE ANM…

I REFERENDUM sulla giustizia potrebbero essere solo “stimolo”, della riforma Cartabia (e perfino inutile perchè questa viaggia da sè), non possono sostituirla. Per giunta, hanno scopo punitivo della magistratura “per il tradimento” che si è avvertito nella opinione pubblica condizionata dai Media . Eppure essa ha svolto ” una funzione essenziale per la vita democratica del paese” .
Così il predetto, contrario ai Referendum…
Quindi
1. La legislazione referendaria, non Indiretta (parlamentare) ma diretta, dell’unico sovrano il popolo (art 1), sarebbe degradabile a non più che stimolo alla decretazione governativa?
La quale peraltro, dal periodo mussoliniano, occupa (abusivamente) il posto ,di quella parlamentare (del sovrano delegato) ?
2. La magistratura avrebbe svolto “una funzione essenziale per la vita democratica del paese”, sospendendo (anche per decenni!) la giustizia civile – la decisione delle cause a tutela di diritti privati (personali materiali soggettivi oggettivi individuali collettivi), fondamento delle democrazie mondiali ?
E, frattanto, somministrando giustizia penale, finalisticamente (istituzionalmente) distruttiva dei diritti suddetti, delle persone dei titolari, delle possibilità loro di tornare ad esserlo, della loro immagine di esseri socialmente degni, della loro vita civile, della stessa esistenza senza pene perpetue d’ogni sorta?
E per di più distruggendo quegli stessi diritti (privati); e inoltre quelli pubblici, costituzionali (personali e materiali, individuali e collettivi, civili e sociali: diritti di “libertà da ….” e di “libertà di…. ” : Costituzione, Parte prima, Titoli I, II, III, IV), non solo come fine, ma anche come mezzo al fine (incarcerazioni arresti fermi interdizioni, ispezioni perquisizioni intercettazioni interrogatori sequestri, tutti “preventivi”! )?
3. E avrebbe svolto, la magistratura, “funzione essenziale per la vita democratica del paese”, eccettuandosi dal basilare principio democratico, della responsabilità giuridica e sociale e politica e morale, imposta ad ogni soggetto pubblico (e privato) ?
E dandosi, così, sovranità pregi uridica precostituzionale premoderna, assoluta e suprema ?
Insomma avrebbe svolto la (sbandierata) funzione, scambiando per democrazia il suo esatto contrario?
4. Ed il popolo referendario, che punta a ridurre (di un millesimo) tanta sottomissione, nutrirebbe intenti punitivi?
pietro diaz

PERSICHETTI STORIOGRAFO:TERRORISTA?

1.Patrick Zaki, dalla magistratura egiziana che ha favoreggiato gli assassini (di Stato) di Giulio Regeni, è accusato di “propaganda sovversiva e istigazione al terrorismo”.
Locuzioni (significazionalmente) aperte, a qualunque scorribanda interpretativa e assertiva, qualunque opzione applicativa, concepite e fatte apposta per permettere, le scorribande giudiziarie, l’esercizio del potere materiale dell’uomo sull’uomo, la simbolizzazione delle sovranità sociopolitiche assolute.
Ebbene, le medesime locuzioni infestano la legge penale italiana, esitata via via dalla stabile collusione (confusione!) tra potere giudiziario esecutivo legislativo.
Quindi, potrebbero, esse, non offrire le medesime aperture, non permettere i medesimi esercizi, le stesse simbolizzazioni?
Ne è esempio la vicenda di Persichetti, innescata dalla azione giudiziaria del piemme Albamonte.
Egli, brutalmente spogliato di ogni avere intellettuale, di ogni acquisizione materiale di una vita di storiografo, lo è stato poiché accusato di “associazione sovversiva finalizzata al terrorismo” e “favoreggiamento”.
E’ stato cioè assoggettato dalle stesse locuzioni qualificatorie, irretito dalle stesse maglie espressive.
2. Persichetti ha opposto che «non si conoscono ancora il nome, i programmi, i testi e proclami pubblici e soprattutto le azioni concrete». Mostra tuttavia d’essere poco informato sullo stato giuridico dell’accusa.
L’associazione, il reato associativo, è stato storicamente ( affinato particolarmente dal diritto penale hitleriano!) concepito e applicato per reità esclusiv(issima)mente personale, non fattuale (a malgrado di artt 25 cost., 1 cp,, che la vogliono per un “fatto”).
Concepito e applicato per reità del reo in sé, perseguibile di per sé, della persona in sé, indipendentemente da qualunque sua “azione concreta”.
Ciò per consentire al suo funzionario di assoggettare chiunque per ( non altro che) il suo essere anagrafico (e “residenziale”, culturale).
E (cosi’ e finalmente) per (totalmente) esonerarlo dalla ostensione dell’”azione concreta”, adeguatamente provata, in processo!
2.1 Con un limite, a dire il vero: che il reo finalizzi alcunchè di malvagio. Che si dia un fine pravo (quello di “terrorismo” in specie).
Tuttavia, a ben vedere, è limite apparente, illusorio.
Sia perché , avendo consistenza mentale, è attribuibile metaempiricamente, incontrovertibilmente.
Sia perché è suscettibile di ogni illusionismo rappresentativo (Persichetti ha un passato di combattente politico, potrebbe non perseguire finalità di terrorismo?).
Reato di puro pensiero, dunque, quello in discorso. Anzi meno, perché reato del “reo malpensante”!
Ora
In siffatto diritto dello Stato, siffatto stato del “diritto”, è possibile che la giustizia penale italiana si differenzi (quantiqualitativamente) da quella egiziana?

pietro diaz

SARPIETRO NUNZIO, GIUDICE A CATANIA


Colui che ha sentenziato “non luogo a procedere” contro Salvini Matteo ex art 425 cpp.
Che, quindi, sia chiaro, non ha “assolto” (tanto meno) definitivamente, l’ex ministro dell’Interno dall’accusa di sequestro di persone (tanto che la sentenza è impugnabile, ed è perfino revocabile per sopravvenienze probatorie!!). Di sequestro di centoventuno persone trattenute fuori porto per alcuni giorni (su nave, Gregoretti, schermata perché non si curiosasse dentro), mentre donne fuggite da stupri di massa. emettevano vane invocazioni di aiuto, E mentre piovevamo denunce del Garante delle persone ristrette.

E colui che, dopo la lettura della sentenza ancora priva di formale motivazione (!), si è affabilmente intrattenuto con i media per anticiparla (fece altrettanto, con un giornalista, tale Esposito Antonio presidente di sezione di Cassazione, il giorno dopo la sentenza che aveva condannato Berlusconi per evasione fiscale!)!

E anticipando narra (con parole sue, qui ricomposte) :

1.Se non avessi prosciolto e avessi disposto il rinvio a giudizio avrei coinvolto Conte e Toninelli (allora, 2019 primo ministro e ministro insieme a Salvini). Dunque il reato c’era ( o c’era di che coinvolgere) e i due vi erano coinvolti?E quando altri, oltre che colui che è processato, siano coinvolti, si proscioglie (di fatto questi ed inoltre) il processato? (!!)

2. Il ricollocamento dei migranti nei vari Stati europei era il fine perseguito dal loro fermo fuori porto. Ma se il fermo-sequestro avesse avuto questo fine, non avrebbe dovuto, il giudice, costatare il ben più grave reato di “sequestro di persona a scopo di coazione “ (di Stati, organizzazioni internazionali tra più governi…: artt 289 ter cp)? E chiedere al pubblico ministero che lo cointestasse all’imputato?

3. Non è stata violato il diritto internazionale. Ma se il rispetto (ammesso, non concesso!) del diritto internazionale avrebbe giustificato il fatto (di reato); sarebbe cioè funto da “scriminante”; poiché la scriminante implica immancabilmente la sussistenza del fatto (di reato): come è che Salvini è stato prosciolto “perché il fatto non sussiste” (anziché, perché non punibile o non costituisce reato)?

4. Un regolamento ministeriale approvato nel 2019 (da Conte Salvini Toninelli?!!) “consentiva di tenere a bordo le persone”. Ma a parte che esso, funzionando da scriminante (come sopra) , suscita il medesimo interrogativo sulla insussistenza del fatto: una norma secondaria , quale è il regolamento, può derogare alla norma primaria del divieto di sequestro di persona?

5. Ovviamente, le ora espresse sono anticipazioni su anticipazioni, e, responsabilmente, è opportuno attendere il deposito della motivazione della sentenza per saperne e dirne di piu (saper anche se gli argomenti del giudice siano stati quelli della difesa…!!) .
5.1 Una previsione, tuttavia, è azzardabile, alla luce del modo del compimento di un atto processuale:Conte tirato in ballo da Salvini (e dal suo difensore), cioè indiziato di reato inaudibile come testimone (art. 63 cpp), è stato audito come tale!Dal giudice (in trasferta a Palazzo Chigi) il quale, dopo l’audizione, intrattenendosi affabilmente con i media ha concesso: mi ha fatto un ottima impressione….! Il governo è da lui ben rappresentato…!
pietro diaz

“SCUDO PENALE”

Ha scritto l’avvocato G.S.:

“Si parla, ormai da diversi giorni, dello “scudo penale” per chi somministra il vaccino anti Sars-cov-2. Molti medici chiamati a fornire il loro aiuto nella imponente campagna in atto hanno chiesto di essere esonerati da responsabilità per eventuali conseguenze dell’inoculazione del vaccino.
Il testo della norma introdotta nell’imminente decreto Draghi dovrebbe essere il seguente
ART. 3(Responsabilità sanitaria da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2)1. Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del Piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n.178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione.
La prima domanda é: questa norma era necessaria?In mancanza di una previsione espressa ci sarebbe potuto essere un solo caso di medico condannato per morte o lesioni se la morte o le lesioni subite dal suo paziente fossero seguite ad un “uso del vaccino conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”?
La seconda domanda è: questa norma é utile? O il fatto che faccia riferimento alla sola responsabilità penale indurrà ad argomentazioni sulla “automaticità” della responsabilità civile ( del somministratore del vaccino, si intende) e, di fatto, avrà solo l’effetto di aggravare la sua posizione?”

EBBENE, IN PROPOSITO
1.Da quale occasione nasce la disposizione? Tempo addietro, a seguito della morte di un (poco prima) vaccinato, sono stati iscritti a “registro delle notizie di reato” (di omicidio colposo ex art 589 cp) medici e paramedici vaccinanti. L’iscrizione è stata diffusa dai Media con clamore. La procura della repubblica iscrivente, si è affrettata a precisare che, essa, era “atto dovuto” ex art 335 cpp (“per ciò”, non implicante supposizione di colpa degli iscritti).
1.1Taluni magistrati hanno interloquito proponendo che, in casi simili, l’iscrizione sia ritardata e differita agli approfondimenti : tuttavia, palesemente indifferenti all’ordine di “immediat(ezza)” della iscrizione (art..335 cpp) -supportato peraltro da una quantità di ottime ragioni processuali ( qui nemmeno accennabili)- che quella indifferenza osteggia più o meno inconsapevolmente-.
1.2 Talaltri magistrati hanno interloquito proponendo che l’iscrizione sia subordinata alla presenza di “sufficienti indizi di colpevolezza”. Anch’essi, quindi, indifferenti all’ordine suddetto, ed inoltre incuranti, che la notizia di reato, di quegli “indizi” ( a parte la confusione terminologica con altre ben distinte loro funzioni) è oggetto, non soggetto. E può esserlo soltanto dopo sua iscrizione -incuranti cioè, i suddetti, che gli indizi non congegnano la notizia ma ne condizionano il viaggio processuale verso i traguardi (archiviatori proscioglitori assolutori condannatori) , e (pur multimodalmente ) nel contraddittorio delle parti (inattuabile nella fase della iscrizione!)-.
1.3 D’altronde, la “notizia di reato” è perfettamente descritta nella previsione (sistematica) in art 332 cpp. Essa contiene gli “elementi essenziali del fatto” (ed eventualmente l’identità del suo autore), e, quando il reato sia un “fatto” (non lo è sempre, anzi lo è sempre meno, nelle legislazioni “emergenziali” di questi tempi, a dispetto della prescrizione costituzionale in art 25,2!), basta raffrontarlo al modello legale relativo per capire se sia o non sia “notizia di reato”!Pertanto , il depositario del Registro iscrive la notizia se ne colga gli elementi essenziali del fatto.
1.4 Nel caso sub 1, tuttavia, essi mancavano completamente, perché era ignoto o almeno incerto il rapporto di causalità in art 41 cp (elemento essenziale del fatto) tra la vaccinazione e la morte. E comunque, era ignoto o almeno incerto, che ne fossero stati autori (altro elemento essenziale del fatto) Medici e Paramedici -al posto del fabbricante o del distributore o del validatore del vaccino (si consideri che, nell’ordinamento, della qualità di un prodotto commerciato, risponde sovente solo il fabbricante o il distributore, non il cedente al dettaglio).
Elemento essenziale del fatto, peraltro, il secondo (l’autoria), l’ignoranza del quale, ove la notizia fosse stata iscritta (è l’ipotesi della seconda parte dell’art 335.1 cpp), avrebbe potuto e dovuto esserlo “contro ignoti” (artt. 335.1, 415 cpp: Modello 44). E ciò avrebbe “soffocato lo scandalo” sul nascere (a parte che, la “rilevanza sociale” dell’accaduto, avrebbe potuto essere appagata semplicemente informando – tecnicamente -della possibile letalità del vaccino).
2.Ecco, la disposizione è nata da quel concerto di fatti e di distorsioni del loro trattamento giuridico. E si è posta a rimediarvi. Vi ha rimediato?
2.1 Se la disposizione esclude “la punibilità quando l’uso del vaccino è… ” ( meglio sarebbe stato “sia”, essendo l’enunciato ipotetico, non assertivo!), essa non esclude il reato (!) – la non punibilità suppone il reato, insieme a qualcos’altro che blocca la ragione della punizione-.
2.2 Ma supponendo il reato, suppone la notizia di reato, quindi la sua iscrizione! Anche perché dovendo, la non punibilità, essere accertata -unitamente al reato- in processo, questo non è pensabile senza notizia di reato iscritta ( radice unica di qualunque processo!).
2.3 Quindi, la disposizione (in questione) non ha risolto il problema che ha suscitato la diatriba. Essa ha placato (sine die) l’ansia, del procuratore della repubblica, di proclamare che il suo è “atto dovuto”; e rassicurato gli iscritti (a registro notizie…) che quell’atto non comporta ascrizione di colpa. D’altronde, ha anticipato espressamente che essi non saranno punibili “quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.
3.Tuttavia, cosi facendo, è andata oltre.
Perché se la non punibilità, per morte (e lesioni) , segua la vaccinazione conforme alle ordette “indicazioni”, va ricordato che, già in art. 599 sexies cp,, morti (e lesioni) non sono punibili quando la condotta medica sia stata “conforme alle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali”.
Non sono punibili, tuttavia (come è noto per la disputa interpretativa che ha fatto rumore) , se la condotta medica sia stata “imperita” ! Cioè, conforme a “linee guida” e, a causa dell’imperizia, difforme da esse? L’assurdo?
Eppure (almeno) letteralmente esso l’art 599 sexies cit. ha messo in circolo, costringendo ad interpretazioni che lo scongiurassero o limitassero, o che, in Cassazione (celebre sentenza Mariotti) ha portato a convertire una previsione di “non punibilita” in una di iperpunibilita!
Ma come che sia (non ci si inoltra nella disputa):
3.1 Quell’assurdo non è contenuto nella disposizione “scudo penale”. Perché, qui, la conseguenza della “non punibilità” di morte o lesioni, conforme che fosse la condotta medica alle “linee guida”, discende pianamente, e si impone giuridicamente (autonoma, come è, da quella in art 599 sexies cit. ).
4.Ma, cio’ posto, va notato che, in essa, le “linee guida” fungono da “regole cautelari” (le regole che governano le attività sociali pericolose di danni a persone o a cose, e tuttavia ammesse – anzi dovute come l’attività sanitaria-, perché “socialmente adeguate” (cioè discioglienti, nella loro socialità stracolma di benefici, le eventualità avverse).
4.1 Ed è la difformità, delle attività, dalle regole cautelari, che istituisce il rapporto di causalità (art 41 cp) tra esse e morti o lesioni (o altri eventi). 4.2 Mentre la conformità, della attività, esclude quel rapporto.
Ebbene
4.3 Poiché il rapporto è “elemento essenziale del fatto” – componente la “notizia di reato” da iscriversi nel registro ex art 335 cpp-:
4.4 se l’elemento non appare – e paia evidente la conformità della condotta alle “linee guida”, come nel caso della mera somministrazione del vaccino-, quegli eventi non richiedono iscrizione nel registro delle notizie di reato. Per lo meno a Modello 21 –se mai la richiedono nel registro delle “non notizie di reato” Modello 45.
E dunque

5.Che cosa segue (penalisticamente) da ciò?
5.1 Che la disposizione “scudo penale” erra a siglare in termini di “ punibilità esclusa”, non punibilità”, l’effetto giuridico della conformità della attività medica alle “linee guida”. Perché la sigla suppone fatto e reato (vd sub 2.1). Tuttavia insussistenti quando manchi il rapporto di causalità tra “l’azione e l’evento” (le formule conclusive dei processi siglano la mancanza dicendo : “il fatto non sussiste”).
5.2 Che cosa segue civilisticamente (e ciò risponde ad una delle domande poste dall’avvocato Sechi)?
5.3 Se non sussiste il fatto reato, non sussiste il fatto illecito civile (non è prevedibile conseguenza civile risarcitoria o restitutoria).

6. Quanto ora scritto, non esclude , ovviamente, che, violate regole cautelari (anche d’indole pubblico-amministrativa) nella fabbricazione validazione distribuzione assegnazione conservazione, (ogni altra attività ) fino alla somministrazione (esclusa) del “vaccino”, non sia ravvisabile il rapporto di causalità tra esse e morte o lesioni del vaccinato.Potrebbe esserlo certamente, integrandolo, fino all’evento, la somministrazione stessa, quale (concausale) atto materiale (indipendente dalla sua ascrivibilità giuridica al somministratore).

ALBERTO CRESPI IN CARCERE

Regista di film in difesa di detenuti derelitti relegati reietti sventurati sciagurati azzerati – “Spes contra spem” (il suo titolo più noto), significante (paolinamente e, poi, pannellianamente): essi siano, piuttosto che abbiano, speranza-, è stato interrato (vivo) ad Opera (Milano), in esecuzione di pena di oltre sei anni di reclusione.
Condannato da Cassazione penale – da “giudice di legittimità”, guardiano della applicazione (propria e altrui) delle leggi della repubblica-, per reato di “concorso esterno in associazione di tipo mafioso” (avrebbe procurato voti politici ad uno sconosciuto mobilitando sconosciuti!).
Non (nemmeno!) un “reato associativo”- formato (esclusivamente!) di insiemi di persone, di persone associate che pensano malaffari, un reato di pensiero malo collettivo (!)- , ma un “reato di contiguità”, all’or detto, secondo neologismo che ha tentato di camuffare l’aborto logico (della contraddizione in termini) del “concorso esterno” di una persona ad un reato.
Ha cioè tentato di dissimulare il collasso della mente compositiva, che la regola (millenaria) del concorso di persone nel reato – le quali, commettendolo, non potrebbero che farlo dal di dentro, non dal di fuori (in corcorso interno, mai esterno!-, mai avrebbe (neppure) ipotizzato, Condannato da Cassazione, quindi, Crespi, per un reato non solo nominalmente assurdo (oltre che, fattualmente, pericolosamente aperto a qualunque scorribanda identificatoria, e, pertanto, inquisitoria), ma inesistente; e per conseguenza, condannato ad una pena inesistente (poiché, se non c’e reato non c’è pena, sua inseparabile appendice), nella legge penale vigente!.
Condannato perciò fuori, contro, senza, la legge, quindi, in (mortale) affronto al “principio di legalità del reato e della pena” (art 1 codice penale: se chiunque o qualcuno del popolo debba penare per reato, lo stabilisce il Popolo, in Parlamento con propria legge, non altri, non Cassazione con propria sentenza !).
Condannato quindi illegalmente, dinanzi alla legge comune, e, di più, alla legge costituzionale. La quale ultima, (anche) per impedire alla prima (che potè farlo nell’ “Era Fascista”) di annullare (perchè di pari forza e grado) il principio in art 1. cit., , la sollevò (1948) al proprio rango, imponendole irrevocabilmente di vietare, a chiunque, di punire per reato senza che una legge lo prevedesse.
Condannato quindi, Crespi, con illegalità non solo comune ma anche costituzionale, a supremo spregio della norma fondamentale della repubblica!
Ma la vicissitudine sua, e del diritto (e della scienza) penale, e dello “Stato di diritto” è ben lungi dal finire qui.
Cassazione (oramaI) condanna per “concorso esterno” a “reato associativo” dall’anno 1994 (circa) –d’altronde, che il reato non esista se non nei suoi Massimari (a malgrado delle sedute medianiche -evocative- tenute da legulei facinorosi), lo ha detto a chiare lettere la CEDU (corte europea diritti uomo) che ha disposto riabilitazioni e risarcimenti di condannati per “fatti” (di “concorso esterno”) precedenti il 1994, poiché non previsti (non solo dalla legge ma nemmeno) dalla giurisprudenza italiana prima di quell’anno!-.
Sono quindi centinaia (se non migliaia) gli innocenti, intangibili, inviolabili per legge, tuttavia interrati nelle carceri, avulsi dai contesti esistenziali e sociali, espulsi dalla convivenza civile, disfatti, annichiliti.
E con loro i vicini, congiunti o no.
E son 26 anni che le istituzioni contigue (Militari o di Polizia o di Media) vi partecipano; che altre istituzioni guardano a ciò insensibili.
E che una istituzione sopratutte, dovendo vietarlo, lo permette. Il Parlamento, facitore del diritto, custode d’esso (mallevadore della separazione dei Poteri: Cassazione legislatrice?! ), il quale, ben conscio della sottomissione di sé medesimo al “principio di legalità penale” – quando voglia punire reati, deve farlo con legge -, conscio quindi della irrinunciabilità che alcuno punisca se non per legge, non potrebbe ammettere che alcuno (financo, come Cassazione, assolutamente privo del potere di legiferare), si ribelli al principio, lo sovverta, e facendo legge e giustizia da sé, imperversi nell’ordinamento giuridico nazionale.
Al suddetto Parlamento, peraltro, basterebbe poco per vietarlo:
l’emissione di due righe di “legge di interpretazione autentica” che (all’incirca) suoni: il reato associativo non puoi fertilizzarlo col reato concorsuale; gli articoli 110 e 416 bis cp (a altri simili), oggi connubenti, divorzino!.
Ma se continuerà nell’inerzia, dovrà confessare che la sovranità non appartiene al popolo e per esso al Parlamento, essa appartiene a Cassazione…
pietro diaz