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una decisione cautelare su parere, non su iniziativa, del pm, e senza contraddittorio difensivo.

In relazione alle questioni di nullità, della deliberazione impugnata, formulate  ex art. 178. co. 1 b) e c) cpp, si esplicita quanto, nella istanza,  implicito.
Sono state  dedotte nullità di ordine generale, la cui ricognizione e la cui  specificazione avvengono in concreto, a seguito di accertamento  se,  forme e interessi sottesi , della partecipazione del pubblico  ministero e del difensore al procedimento, siano stati osservati o no.
E, si è detto, in specie è indubitabile che  lo siano stati.
Perché il pubblico ministero era titolare della azione cautelare ex art 291.1 cpp;  il difensore era titolare del diritto al contraddittorio (antecedente concomitante successivo) nella  deliberazione cautelare peggiorativa di altra.
Tali titolarità, di (sottesi)  poteri e  diritti, sono state eluse da Corte di Assise di Appello. La quale, da un lato,  ha inscenato d’ufficio la regiudicanda e la relativa deliberazione,  da altro la ha deliberata senza contraddittorio difensivo – per giunta , nel contraddittorio, sotto specie di “parere” , del pubblico ministero!-.  

HABERMAS JURGEN Niente meno!


Lo sterminio dei civili di Gaza, da parte di  Israele, non è intenzionale. Israele deve reagire al 3 ottobre… 

Tuttavia
Se non fosse intenzionale, essendo voluto, sarebbe pur sempre sterminio.
E d’altro canto, quando un’ azione fosse  scopo a se’ stessa, non avesse altro scopo,sarebbe comunque secondo l’intenzione. 
Sarebbe intenzionale, appunto. 
A parte che, travolgendo,  l’azione di specie, il diritto internazionale per sproporzione e per innecessità, è  criminale.
E se è criminale, per definizione è intenzionale. 

PERSICHETTI STORIOGRAFO:TERRORISTA?

1.Patrick Zaki, dalla magistratura egiziana che ha favoreggiato gli assassini (di Stato) di Giulio Regeni, è accusato di “propaganda sovversiva e istigazione al terrorismo”.
Locuzioni (significazionalmente) aperte, a qualunque scorribanda interpretativa e assertiva, qualunque opzione applicativa, concepite e fatte apposta per permettere, le scorribande giudiziarie, l’esercizio del potere materiale dell’uomo sull’uomo, la simbolizzazione delle sovranità sociopolitiche assolute.
Ebbene, le medesime locuzioni infestano la legge penale italiana, esitata via via dalla stabile collusione (confusione!) tra potere giudiziario esecutivo legislativo.
Quindi, potrebbero, esse, non offrire le medesime aperture, non permettere i medesimi esercizi, le stesse simbolizzazioni?
Ne è esempio la vicenda di Persichetti, innescata dalla azione giudiziaria del piemme Albamonte.
Egli, brutalmente spogliato di ogni avere intellettuale, di ogni acquisizione materiale di una vita di storiografo, lo è stato poiché accusato di “associazione sovversiva finalizzata al terrorismo” e “favoreggiamento”.
E’ stato cioè assoggettato dalle stesse locuzioni qualificatorie, irretito dalle stesse maglie espressive.
2. Persichetti ha opposto che «non si conoscono ancora il nome, i programmi, i testi e proclami pubblici e soprattutto le azioni concrete». Mostra tuttavia d’essere poco informato sullo stato giuridico dell’accusa.
L’associazione, il reato associativo, è stato storicamente ( affinato particolarmente dal diritto penale hitleriano!) concepito e applicato per reità esclusiv(issima)mente personale, non fattuale (a malgrado di artt 25 cost., 1 cp,, che la vogliono per un “fatto”).
Concepito e applicato per reità del reo in sé, perseguibile di per sé, della persona in sé, indipendentemente da qualunque sua “azione concreta”.
Ciò per consentire al suo funzionario di assoggettare chiunque per ( non altro che) il suo essere anagrafico (e “residenziale”, culturale).
E (cosi’ e finalmente) per (totalmente) esonerarlo dalla ostensione dell’”azione concreta”, adeguatamente provata, in processo!
2.1 Con un limite, a dire il vero: che il reo finalizzi alcunchè di malvagio. Che si dia un fine pravo (quello di “terrorismo” in specie).
Tuttavia, a ben vedere, è limite apparente, illusorio.
Sia perché , avendo consistenza mentale, è attribuibile metaempiricamente, incontrovertibilmente.
Sia perché è suscettibile di ogni illusionismo rappresentativo (Persichetti ha un passato di combattente politico, potrebbe non perseguire finalità di terrorismo?).
Reato di puro pensiero, dunque, quello in discorso. Anzi meno, perché reato del “reo malpensante”!
Ora
In siffatto diritto dello Stato, siffatto stato del “diritto”, è possibile che la giustizia penale italiana si differenzi (quantiqualitativamente) da quella egiziana?

pietro diaz

“SCUDO PENALE”

Ha scritto l’avvocato G.S.:

“Si parla, ormai da diversi giorni, dello “scudo penale” per chi somministra il vaccino anti Sars-cov-2. Molti medici chiamati a fornire il loro aiuto nella imponente campagna in atto hanno chiesto di essere esonerati da responsabilità per eventuali conseguenze dell’inoculazione del vaccino.
Il testo della norma introdotta nell’imminente decreto Draghi dovrebbe essere il seguente
ART. 3(Responsabilità sanitaria da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2)1. Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV -2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del Piano di cui all’articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n.178, la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione.
La prima domanda é: questa norma era necessaria?In mancanza di una previsione espressa ci sarebbe potuto essere un solo caso di medico condannato per morte o lesioni se la morte o le lesioni subite dal suo paziente fossero seguite ad un “uso del vaccino conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”?
La seconda domanda è: questa norma é utile? O il fatto che faccia riferimento alla sola responsabilità penale indurrà ad argomentazioni sulla “automaticità” della responsabilità civile ( del somministratore del vaccino, si intende) e, di fatto, avrà solo l’effetto di aggravare la sua posizione?”

EBBENE, IN PROPOSITO
1.Da quale occasione nasce la disposizione? Tempo addietro, a seguito della morte di un (poco prima) vaccinato, sono stati iscritti a “registro delle notizie di reato” (di omicidio colposo ex art 589 cp) medici e paramedici vaccinanti. L’iscrizione è stata diffusa dai Media con clamore. La procura della repubblica iscrivente, si è affrettata a precisare che, essa, era “atto dovuto” ex art 335 cpp (“per ciò”, non implicante supposizione di colpa degli iscritti).
1.1Taluni magistrati hanno interloquito proponendo che, in casi simili, l’iscrizione sia ritardata e differita agli approfondimenti : tuttavia, palesemente indifferenti all’ordine di “immediat(ezza)” della iscrizione (art..335 cpp) -supportato peraltro da una quantità di ottime ragioni processuali ( qui nemmeno accennabili)- che quella indifferenza osteggia più o meno inconsapevolmente-.
1.2 Talaltri magistrati hanno interloquito proponendo che l’iscrizione sia subordinata alla presenza di “sufficienti indizi di colpevolezza”. Anch’essi, quindi, indifferenti all’ordine suddetto, ed inoltre incuranti, che la notizia di reato, di quegli “indizi” ( a parte la confusione terminologica con altre ben distinte loro funzioni) è oggetto, non soggetto. E può esserlo soltanto dopo sua iscrizione -incuranti cioè, i suddetti, che gli indizi non congegnano la notizia ma ne condizionano il viaggio processuale verso i traguardi (archiviatori proscioglitori assolutori condannatori) , e (pur multimodalmente ) nel contraddittorio delle parti (inattuabile nella fase della iscrizione!)-.
1.3 D’altronde, la “notizia di reato” è perfettamente descritta nella previsione (sistematica) in art 332 cpp. Essa contiene gli “elementi essenziali del fatto” (ed eventualmente l’identità del suo autore), e, quando il reato sia un “fatto” (non lo è sempre, anzi lo è sempre meno, nelle legislazioni “emergenziali” di questi tempi, a dispetto della prescrizione costituzionale in art 25,2!), basta raffrontarlo al modello legale relativo per capire se sia o non sia “notizia di reato”!Pertanto , il depositario del Registro iscrive la notizia se ne colga gli elementi essenziali del fatto.
1.4 Nel caso sub 1, tuttavia, essi mancavano completamente, perché era ignoto o almeno incerto il rapporto di causalità in art 41 cp (elemento essenziale del fatto) tra la vaccinazione e la morte. E comunque, era ignoto o almeno incerto, che ne fossero stati autori (altro elemento essenziale del fatto) Medici e Paramedici -al posto del fabbricante o del distributore o del validatore del vaccino (si consideri che, nell’ordinamento, della qualità di un prodotto commerciato, risponde sovente solo il fabbricante o il distributore, non il cedente al dettaglio).
Elemento essenziale del fatto, peraltro, il secondo (l’autoria), l’ignoranza del quale, ove la notizia fosse stata iscritta (è l’ipotesi della seconda parte dell’art 335.1 cpp), avrebbe potuto e dovuto esserlo “contro ignoti” (artt. 335.1, 415 cpp: Modello 44). E ciò avrebbe “soffocato lo scandalo” sul nascere (a parte che, la “rilevanza sociale” dell’accaduto, avrebbe potuto essere appagata semplicemente informando – tecnicamente -della possibile letalità del vaccino).
2.Ecco, la disposizione è nata da quel concerto di fatti e di distorsioni del loro trattamento giuridico. E si è posta a rimediarvi. Vi ha rimediato?
2.1 Se la disposizione esclude “la punibilità quando l’uso del vaccino è… ” ( meglio sarebbe stato “sia”, essendo l’enunciato ipotetico, non assertivo!), essa non esclude il reato (!) – la non punibilità suppone il reato, insieme a qualcos’altro che blocca la ragione della punizione-.
2.2 Ma supponendo il reato, suppone la notizia di reato, quindi la sua iscrizione! Anche perché dovendo, la non punibilità, essere accertata -unitamente al reato- in processo, questo non è pensabile senza notizia di reato iscritta ( radice unica di qualunque processo!).
2.3 Quindi, la disposizione (in questione) non ha risolto il problema che ha suscitato la diatriba. Essa ha placato (sine die) l’ansia, del procuratore della repubblica, di proclamare che il suo è “atto dovuto”; e rassicurato gli iscritti (a registro notizie…) che quell’atto non comporta ascrizione di colpa. D’altronde, ha anticipato espressamente che essi non saranno punibili “quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”.
3.Tuttavia, cosi facendo, è andata oltre.
Perché se la non punibilità, per morte (e lesioni) , segua la vaccinazione conforme alle ordette “indicazioni”, va ricordato che, già in art. 599 sexies cp,, morti (e lesioni) non sono punibili quando la condotta medica sia stata “conforme alle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali”.
Non sono punibili, tuttavia (come è noto per la disputa interpretativa che ha fatto rumore) , se la condotta medica sia stata “imperita” ! Cioè, conforme a “linee guida” e, a causa dell’imperizia, difforme da esse? L’assurdo?
Eppure (almeno) letteralmente esso l’art 599 sexies cit. ha messo in circolo, costringendo ad interpretazioni che lo scongiurassero o limitassero, o che, in Cassazione (celebre sentenza Mariotti) ha portato a convertire una previsione di “non punibilita” in una di iperpunibilita!
Ma come che sia (non ci si inoltra nella disputa):
3.1 Quell’assurdo non è contenuto nella disposizione “scudo penale”. Perché, qui, la conseguenza della “non punibilità” di morte o lesioni, conforme che fosse la condotta medica alle “linee guida”, discende pianamente, e si impone giuridicamente (autonoma, come è, da quella in art 599 sexies cit. ).
4.Ma, cio’ posto, va notato che, in essa, le “linee guida” fungono da “regole cautelari” (le regole che governano le attività sociali pericolose di danni a persone o a cose, e tuttavia ammesse – anzi dovute come l’attività sanitaria-, perché “socialmente adeguate” (cioè discioglienti, nella loro socialità stracolma di benefici, le eventualità avverse).
4.1 Ed è la difformità, delle attività, dalle regole cautelari, che istituisce il rapporto di causalità (art 41 cp) tra esse e morti o lesioni (o altri eventi). 4.2 Mentre la conformità, della attività, esclude quel rapporto.
Ebbene
4.3 Poiché il rapporto è “elemento essenziale del fatto” – componente la “notizia di reato” da iscriversi nel registro ex art 335 cpp-:
4.4 se l’elemento non appare – e paia evidente la conformità della condotta alle “linee guida”, come nel caso della mera somministrazione del vaccino-, quegli eventi non richiedono iscrizione nel registro delle notizie di reato. Per lo meno a Modello 21 –se mai la richiedono nel registro delle “non notizie di reato” Modello 45.
E dunque

5.Che cosa segue (penalisticamente) da ciò?
5.1 Che la disposizione “scudo penale” erra a siglare in termini di “ punibilità esclusa”, non punibilità”, l’effetto giuridico della conformità della attività medica alle “linee guida”. Perché la sigla suppone fatto e reato (vd sub 2.1). Tuttavia insussistenti quando manchi il rapporto di causalità tra “l’azione e l’evento” (le formule conclusive dei processi siglano la mancanza dicendo : “il fatto non sussiste”).
5.2 Che cosa segue civilisticamente (e ciò risponde ad una delle domande poste dall’avvocato Sechi)?
5.3 Se non sussiste il fatto reato, non sussiste il fatto illecito civile (non è prevedibile conseguenza civile risarcitoria o restitutoria).

6. Quanto ora scritto, non esclude , ovviamente, che, violate regole cautelari (anche d’indole pubblico-amministrativa) nella fabbricazione validazione distribuzione assegnazione conservazione, (ogni altra attività ) fino alla somministrazione (esclusa) del “vaccino”, non sia ravvisabile il rapporto di causalità tra esse e morte o lesioni del vaccinato.Potrebbe esserlo certamente, integrandolo, fino all’evento, la somministrazione stessa, quale (concausale) atto materiale (indipendente dalla sua ascrivibilità giuridica al somministratore).

ALBERTO CRESPI IN CARCERE

Regista di film in difesa di detenuti derelitti relegati reietti sventurati sciagurati azzerati – “Spes contra spem” (il suo titolo più noto), significante (paolinamente e, poi, pannellianamente): essi siano, piuttosto che abbiano, speranza-, è stato interrato (vivo) ad Opera (Milano), in esecuzione di pena di oltre sei anni di reclusione.
Condannato da Cassazione penale – da “giudice di legittimità”, guardiano della applicazione (propria e altrui) delle leggi della repubblica-, per reato di “concorso esterno in associazione di tipo mafioso” (avrebbe procurato voti politici ad uno sconosciuto mobilitando sconosciuti!).
Non (nemmeno!) un “reato associativo”- formato (esclusivamente!) di insiemi di persone, di persone associate che pensano malaffari, un reato di pensiero malo collettivo (!)- , ma un “reato di contiguità”, all’or detto, secondo neologismo che ha tentato di camuffare l’aborto logico (della contraddizione in termini) del “concorso esterno” di una persona ad un reato.
Ha cioè tentato di dissimulare il collasso della mente compositiva, che la regola (millenaria) del concorso di persone nel reato – le quali, commettendolo, non potrebbero che farlo dal di dentro, non dal di fuori (in corcorso interno, mai esterno!-, mai avrebbe (neppure) ipotizzato, Condannato da Cassazione, quindi, Crespi, per un reato non solo nominalmente assurdo (oltre che, fattualmente, pericolosamente aperto a qualunque scorribanda identificatoria, e, pertanto, inquisitoria), ma inesistente; e per conseguenza, condannato ad una pena inesistente (poiché, se non c’e reato non c’è pena, sua inseparabile appendice), nella legge penale vigente!.
Condannato perciò fuori, contro, senza, la legge, quindi, in (mortale) affronto al “principio di legalità del reato e della pena” (art 1 codice penale: se chiunque o qualcuno del popolo debba penare per reato, lo stabilisce il Popolo, in Parlamento con propria legge, non altri, non Cassazione con propria sentenza !).
Condannato quindi illegalmente, dinanzi alla legge comune, e, di più, alla legge costituzionale. La quale ultima, (anche) per impedire alla prima (che potè farlo nell’ “Era Fascista”) di annullare (perchè di pari forza e grado) il principio in art 1. cit., , la sollevò (1948) al proprio rango, imponendole irrevocabilmente di vietare, a chiunque, di punire per reato senza che una legge lo prevedesse.
Condannato quindi, Crespi, con illegalità non solo comune ma anche costituzionale, a supremo spregio della norma fondamentale della repubblica!
Ma la vicissitudine sua, e del diritto (e della scienza) penale, e dello “Stato di diritto” è ben lungi dal finire qui.
Cassazione (oramaI) condanna per “concorso esterno” a “reato associativo” dall’anno 1994 (circa) –d’altronde, che il reato non esista se non nei suoi Massimari (a malgrado delle sedute medianiche -evocative- tenute da legulei facinorosi), lo ha detto a chiare lettere la CEDU (corte europea diritti uomo) che ha disposto riabilitazioni e risarcimenti di condannati per “fatti” (di “concorso esterno”) precedenti il 1994, poiché non previsti (non solo dalla legge ma nemmeno) dalla giurisprudenza italiana prima di quell’anno!-.
Sono quindi centinaia (se non migliaia) gli innocenti, intangibili, inviolabili per legge, tuttavia interrati nelle carceri, avulsi dai contesti esistenziali e sociali, espulsi dalla convivenza civile, disfatti, annichiliti.
E con loro i vicini, congiunti o no.
E son 26 anni che le istituzioni contigue (Militari o di Polizia o di Media) vi partecipano; che altre istituzioni guardano a ciò insensibili.
E che una istituzione sopratutte, dovendo vietarlo, lo permette. Il Parlamento, facitore del diritto, custode d’esso (mallevadore della separazione dei Poteri: Cassazione legislatrice?! ), il quale, ben conscio della sottomissione di sé medesimo al “principio di legalità penale” – quando voglia punire reati, deve farlo con legge -, conscio quindi della irrinunciabilità che alcuno punisca se non per legge, non potrebbe ammettere che alcuno (financo, come Cassazione, assolutamente privo del potere di legiferare), si ribelli al principio, lo sovverta, e facendo legge e giustizia da sé, imperversi nell’ordinamento giuridico nazionale.
Al suddetto Parlamento, peraltro, basterebbe poco per vietarlo:
l’emissione di due righe di “legge di interpretazione autentica” che (all’incirca) suoni: il reato associativo non puoi fertilizzarlo col reato concorsuale; gli articoli 110 e 416 bis cp (a altri simili), oggi connubenti, divorzino!.
Ma se continuerà nell’inerzia, dovrà confessare che la sovranità non appartiene al popolo e per esso al Parlamento, essa appartiene a Cassazione…
pietro diaz

SULLA PRESCRIZIONE DEI REATI

1. Se la prescrizione fosse preposta alla accelerazione dei processi,sarebbe una norma processuale. Laddove l’art 157 del codice penale, oltre che ubicarla tra le norme di diritto penale- insieme a tante altre certo non accelerative del processo (si pensi alla sospensione condizionale dela pena, art 163 cp!)-, ne dice che “estingue il reato”.
Cioè la pone nella costellazione delle norme operanti nel reato.
Inoltre
2. Se la prescrizione fosse preposta allaaccelerazione dei processi, sarebbero (tendenzialmente) inspiegabili, oltre la notevole variazione dei suoi termini temporali in relazione a singoli reati (o a categorie di reati):
l’incidenza, sulla variazione, della loro gravità (espressa nella pena, a sua volta indice, pur non equivoco, della loro gravità sociopolitica);
l’assenza di termini temporali (reati imprescrittibili).
2.1 E se la variazione dei termini (finali, ma anche iniziali, in rapporto a talune forme di reati: reato abituale. reato permanente..) della prescrizione ha fondamento sostanziale:
da un lato, logicamente, non può averlo processuale ( quindi, la coincidenza -peraltro solo tendenziale -fra termini processuali e sostanziali, vede i primi quale effetto, non quale causa, di questi;
da altro, giammai potrebbe averlo, perchè se la variazione (dei termini) sta nella gravità dei reati, è ovvio che, essa, almeno essenzialmente, non possa influire sui tempi del processo.
3. Ma se la variazione dei termini della prescrizione ha fondamento sostanziale, allora sostanziali sono le ragioni che li determinano. E nel competente ambito vanno ricercate.
3.1 All’origine dei “sistemi giuridici penali”, tutti menomativi o distruttivi, sempre invariabilmente offensivi, del soggetto coinvolto, si rinviene la moderazione della inimicizia bellica – di un gruppo sociale ad un altro – alseguito della vittoria dell’uno sull’altro.
3.2 La supremazia conseguente evolve, organizzativamente, nella trasformazione della inimicizia originaria, bellica, in inimicizia “correzionale” ( poliziaca, non più militare, fatta di singolari punizioni più o meno corporali , imprigionamenti, soppressioni etc), moderatrice della precedente, ritualizzatae e formalizzata come inimicizia giudiziaria.
3.3 La quale, inoltre, è riproducibile continuamente, non solo con laattuazione dei presupposti dati, ma anche con la rinnovazione di questi. Così che anche gli eventuali ritorni (istintivi) della inimicizia originaria si stemperino nella espansione di quella successiva.
D’altronde, va assiomatizzato che, il reato non esiste in sé (quale spontanea espressione del divenire sociale), ma esiste in quanto appositamente prefigurato e predisposto.
3.4 Cioè, esso è il mezzo del prolungamento della forma bellica della inimicizia nella forma giudiziaria; del prolungamento del comando militare nel comando poliziaco-.
3.5 Tutto ciò, conformemente ad una “legge fisica”, di natura, e quindi universalizzante il suo prodotto.
4. Se, difatti, si da uno sguardo a qualunque parte del mondo -comunque costituita sociopoliticamente istituzionalmente giuridicamente, culturalmente (!)-, si coglie il medesimo passaggio, dalla inimicizia bellica a quella giudiziaria. Si rinviene la processualizzazione della prima attraverso l’organizzazione della seconda ( è ciò conferma irrefragabilmente la universalità della legge suddetta!).
4.1 D’altro canto, il movimento in avanti, trasformativo della inimicizia bellica, può andare anche all’indietro. E ritornare ad essa, sia verso il medesimo gruppo, sia verso altri gruppi (contemporaneamente o successivamente).
Con ineluttabilità ciclica, d’altronde coerente alla fisicità del fenomeno, allasua legge.

Ebbene

5. Storicamente, insieme ed al modo della inimicizia bellica,anche l’inimicizia giudiziaria ha avuto tregue, pause, “armistizi”, paci.
Entrambe, sembra, in concomitanza della deassolutizzazione, della relativizzazione dei “comandi supremi”, (quindi) della decrescita delle sudditanze, (se si vuole) della crescita delle “democrazie”.
5.1 E tregue pause armistizi paci,nella inimicizia giudiziaria hanno assunto forma di Grazie, Indulti (estinzioni dei pene ) Amnistie, Remissioni (didenunce o querele), Prescrizioni (appunto).
5.2 Tutte modernamente, nel diritto italiano, definite fattori di estinzione dei reati ( o delle pene). Tutte mezzi di interruzione o mitigazione della inimicizia giudiziaria- che hanno anche inteso marcare (talvolta ostentatamente ) occasionali beneficii sovrani ( Amnistie o Grazie),piuttosto che sottosistemi interruttori o mitigatori (come la sospensione condizionale della pena, o il perdono giudiziale , e ) come la prescrizione!

Quindi

6. La “prescrizione dei reati”ha voluto assegnare un termine (temporale) alla inimicizia giudiziaria, sia pure calibrato sulla reità del soggetto avversato.
8. Percio la prescrizione, funzione di modificazione progressiva del suesposto fondamento culturaledel diritto penale, va tutt’altro che rimossa, quale causa di diseducazione del condannando.
Va all’opposto mantenuta quale fattore di rieducazione del condannante.

7.1 D’altronde, non pregiudicando alcun diritto alla riparazione del danno della vittima (oggi, peraltro, è crescente il numero dei reati senza vittima: droga etc.); sempre esercitabile nella giustizia civile.

pietrfo diaz

CAUSALITA DELL’ILLECITO COLPOSO (MEDICO). CONCETTUALIZZAZIONE (E FUNZIONE) GIURIDICA DELLE “LINEE GUIDA” DELLA ATTIVITA’ MEDICA 

ATTO GIUDIZIARIO DI DI REPLICA  DELL’INDAGATO AD OPPOSIZIONE DELLA PERSONA OFFESA A RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DEL DELITTO DI OMICIDIO COLPOSO

(In corsivo, oltre che virgolettato,  l’atto di  opposizione)


1. “Le persone offese, in data …., presentavano al Commissariato di … la denuncia già in atti, rappresentando che la loro congiunta M era deceduta in data  in seguito ad intossicazione da “metformina”, espressamente prescritta durante tutto il periodo di ricovero presso il Presidio Ospedaliero….

1.1 Quindi, fin dall’atto introduttivo del procedimento, quella sub 1  e non altro è la causa del decesso, così iscritto d’altronde  a Registro notizie di reato ex art 335 cpp.   


2. “A loro giudizio, il Dr.  N finisce per riconoscere, seppur contraddicendosi in diversi punti, la validità delle osservazioni già esposte da questi difensori all’udienza del …, in Camera di Consiglio, presieduta dal Dr…..

Infatti, il Dr.  N, seppur smorzandone i toni, riconosce che “… la condotta dei sanitari (dell’Ospedale di…) divergeva in diversi aspetti rispetto a quelle da ritenersi come ideali … (pag. 20 della relazione)”, ed ancora, a pag. 22 della stessa relazione, “… l’analisi del caso, tuttavia, ha dimostrato delle divergenze rispetto ad una condotta improntata su diligenza, prudenza e perizia”. In merito, il Dr. Ni sostiene infatti: “… in primo luogo sin dal momento della diagnosi, considerato che il trapianto epatico rappresentava l’unica possibilità di ottenere una evoluzione positiva, si sarebbe dovuta indirizzare la M verso un centro di riferimento regionale per trapianti epatici in modo da garantire una gestione ottimale del caso …

2.1 Ora, a parte l’aggiunta, a quella sub 1,  di una ulteriore (presunta) causa del decesso (aggiunta che evidenzia multivocità, se non equivocità, dell’accusa  delle PO):
2.1.1 gli “ideali” delle condotte non sono tradotti, dal ctpm ( e tanto meno dalle PO)  in regole cautelari concrete – e, in verità sono ignoti (nominalmente) anche al (repertorio del)le regole cautelari astratte-.
2.1.2 Non sono tradotti, dai predetti, in  regole cautelari concrete nemmeno “diligenza, prudenza, perizia”, essendo queste, nominalmente, non più che modelli astratti, non concreti,  di regole cautelari (di origine esperienziale).

2.1.3 Dunque le PO (né il ctpm) non adducono regole cautelari concrete, la cui inosservanza avrebbe cagionato il decesso.
2.2 Pertanto non adducono causazione dell’evento penalmente ascrivibile agli autori della condotta.
Noto essendo, peraltro,  che, nell’illecito colposo, da un lato, al precetto primario (in questo caso: non uccidere) è aggiunto il precetto secondario (non uccidere trasgredendo regole cautelari concrete).
Da altro lato, in quell’illecito (a differenza dall’illecito doloso, preterintenzionale, “oggettivo”), il rapporto causale (artt. 40, 41 cp) tra condotta ed evento è inconfigurabile se non evolva dalla trasgressione di regole cautelari concrete (art 43.3 comma cp)


3. “Dalle conclusioni del P.M., supportate dalle contraddittorie valutazioni del Dr. N, rispetto alle stesse, nei sottoscritti difensori nasce spontanea una sola e terribile considerazione: “poiché la malattia della signora M rientra fra quei casi in cui la percentuale di mortalità tocca anche picchi dell’80%, da dette conclusioni sembra di capire che per il Dr. N ed il P.M. la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia dei medici curanti non abbiano affatto influito sulla morte della signora M, né avrebbero potuto salvarle la vita, a loro dire, irrimediabilmente destinata a morire”;
3.1 “Sembra di capire” esattamente.
Precisato che, “negligenza” etc  “non (hanno ndr) influito sulla morte” perché non consistenti, per quanto sub 2.1.2, di regole cautelari concrete inosservate, consistendo solo, come detto,  di (modelli astratti  di) regole cautelari. : ,
3.2 La “ conclusione” (sub 3 ndr) sarebbe “assolutamente inaccettabile per questi difensori, che in armonia con l’ormai costante giurisprudenza (per tutte: Cass. Civ. Sez. Ili,13.04.2007, n. 8826; Cass., 19.10.2006, n. 22390; Cass., 24.05.2006, n. 12362; Cass., 19.04.2006, n. 9085; Cass., 26.01.2006, n. 1698; Cass., 28.05.2004, n. 10297; Cass., 21.07.2003, n. 11316; Cass., 14.07.2003, n. 11001; Cass., 11.03.2002, n. 3492; Cass., 10.09.1999, n. 9198; Cass., 22.01.1999, n. 589; Cass., 02.12.1998, n. 12233; Cass., 27.07.1998, n. 7336; Cass., 11.04.1995, n. 4152; Cass., 27.05.1993, n. 5939; Cass., 04.08.1988, n.’ 6707; Cass., 01.03.1988, n. 2144; Cass., 08.03.1979, n. 1716; Cass., 21.12.1978, n. 6141) e le recenti leggi, dalla n. 40/2004 alla n. 24/2017. nonché ai diversi decreti legge, ritengono, per contro, che la negligenza, l’imperizia e l’imprudenza siano stati elementi determinanti per la morte della signora M, al punto da spingerli a denunciarne la palese responsabilità dei medici dell’Ospedale di… che la tenevano in cura.
3.2 1 Senonchè, in assenza, perché non riportati,  dei testi delle “sentenze”,  delle “leggi” dei “decreti legge” (convertiti in legge?) che mostrino attinenza al caso specifico ed alle sua ragioni (fattuali, mediche, giuridiche), il rilievo (immotivato fisicamente, o, se motivato “per relationem”, inutilizzabile quando non esponga il relatum, come è  noto!) non può essere preso in considerazione.
Se non,  comunque, per rilevare (a priori e per i principii sub 2 ss esposti in tema di illecito colposo)  l’impossibilità che,  essi (sentenze,  leggi, decreti legge), suffraghino che “la negligenza, l’imperizia e l’imprudenza siano stati elementi determinanti per la morte della signora M”. Giacchè,  se “determinanti”  stesse per “causali” ex art 40, 41 43 citt, per le ragioni sub 2  esposte, è da escludere che lo siano stati.

4. “A tal fine, in riferimento alla condotta dei sanitari, il Dr.  Ni asserisce nella propria relazione che “… nel caso di specie la presenza di ittero in una paziente che riferiva anamnesticamente una epatite cronica di tipo B, trattata per 30 anni e per la quale da due anni si erano interrotte le cure richiedeva prima di tutto una diagnosi differenziale. Questo fu quello che correttamente e diligentemente fecero i sanitari di … effettuando una serie di esami quali colangio RMN, monitoraggio degli enzimi epatici e del pannello immunitario oltre che i dati ematochimici suggestivi di possibili complicanze”; salvo poi contraddirsi affermando: “… la condotta dei sanitari divergeva invece in diversi aspetti rispetto a quella da ritenersi come ideale. Il primo concerne un contatto con il centro trapianti di riferimento regionale non appena terminata la diagnostica (…) per l’organizzazione della valutazione della condizione della M. Il secondo concerne la somministrazione della metformina che, nonostante non esistono delle linee guida a riguardo, a scopo prudenziale si sarebbe dovuta evitare in una paziente con un quadro di insufficienza epatica.
4.1 Qui, le PO, ripercorrono quanto già percorso, ritornano sui loro passi, nulla aggiungono a  quanto già detto, e si riespongono alla critica difensiva già sviluppata.

 5. “E’ palese e privo di pregio il modo con cui il medico cerca di giustificare il comportamento dei sanitari dell’Ospedale di …. nella parte in cui sostiene (pag. 20 della relazione): “per quanto concerne il primo punto (contatto con centro trapianti), considerata l’evoluzione rapidamente progressiva della patologia, non è certamente possibile affermare che una differente condotta avrebbe salvato con criterio di certezza la vita della M…”. Per quanto il secondo caso, non vi sono evidenze forti in grado di collegare l’aggravarsi dello scompenso (già in essere al momento del ricovero) all’assunzione di metformina…”.
La tesi del Dr. N, a giudizio di questi difensori, non trova, come detto, alcuna valida giustificazione”.
5.1 Senonchè la questione posta in questo commento non è incentrata  sul giudizio causale “controfattuale”:
cosa sarebbe accaduto in assenza delle condizioni date?  se, alle nuove condizioni, si sarebbe (ugualmente) avuto l’evento dato…

E’ incentrata, invece ( o prima) , come detto  sub 2 ss , sulla configurabilità della causalità dell’illecito colposo in assenza di trasgressione di regole cautelari concrete, e financo di queste.
Questione cui è da darsi risposta (assolutamente) negativa.  

6.”Contrariamente a quanto cerca di far intendere il Dr. N, la signora M non era affatto in cura da circa trenta anni per una epatite cronica di tipo “B”; non aveva subito ricoveri in tal senso, limitandosi ad assumere l’insulina per una grave forma diabetica;
a)   La signora M si recò in ospedale unicamente per effettuare dei controlli, come faceva spesso e a titolo cautelativo, perché alla data del ricovero aveva le “piastrine basse”;
b)  A dimostrazione della superficialità dei sanitari, nella perizia si evidenzia che la paziente veniva dimessa il … in “condizioni compromesse, con necessità di terapie di supporto e quella di interessarsi di effettuare gli esami e le valutazioni necessarie per essere inclusa nella lista dei trapianti”. Successivamente, dopo tre giorni, in data …, avveniva una crisi ipoglicemica con conseguente ricovero di urgenza presso l’Ospedale di … e trasferimento il giorno successivo presso l’Ospedale …., essendo sopraggiunto un aggravamento delle condizioni cliniche. Già da questo resoconto, non v’è chi non veda come emergano una serie di carenze nell’assistenza prestata alla paziente di cui non si può non tener conto nel determinismo dell’infausto esito finale. Innanzitutto, la dimissione, avvenuta in “condizioni compromesse” avrebbe necessitato di una particolare attenzione nella puntuale indicazione ai familiari dei bisogni essenziali di una paziente così fragile e, soprattutto, nella predisposizione dei servizi sanitari dedicati all’uopo, ben noti e vigenti da parecchi anni.
Nella fattispecie che ci riguarda, infatti, non sono state messe in atto le procedure di attivazione dell’A.D.I. (assistenza domiciliare integrata), attraverso la quale si realizza l’assistenza infermieristica specializzata per ipazienti dimessi dall’ospedale in condizioni precarie, allo scopo di effettuare tutte quelle terapie di supporto, citate anche in perizia, necessarie per garantire un’adeguata idratazione, adeguato supporto nutrizionale, possibilità di richiedere l’effettuazione di esami ematochimici a domicilio per monitorare l’evoluzione del quadro clinico.
c)    In definitiva, grazie all’ADI, che in questi casi può essere attivata anche durante il regime di ricovero, in fase di predimissione, in modo da garantire la continuità dell’assistenza senza soluzione di continuità con quella fornita in ospedale, è possibile attuare una presa in carico globale dei bisogni assistenziali di un paziente al di fuori dell’ospedale, comportando il vantaggio di un notevole risparmio per la spesa sanitaria ma, soprattutto, l’enorme beneficio di essere assistiti da infermieri professionali nel proprio ambiente domestico con il supporto dei propri familiari.
Senza un tale servizio, è facile comprendere come i familiari si trovassero ad affrontare da soli e senza le competenze necessarie le difficoltà relative ad una condizione clinica come quelle della signora M, la cui assistenza si era rivelata assai impegnativa da tutti i punti di vista per il personale medico ed infermieristico dell’ospedale, a maggior ragione sarebbe risultata del tutto sproporzionata rispetto alle capacità di familiari senza alcuna preparazione specifica.
In perizia infatti si evidenzia come “il paziente epatopatico con diabete presenta delle importanti difficoltà della gestione” in particolare nel paziente diabetico assume una particolare importanza il controllo della glicemia che deve essere effettuato anche tenendo presente i possibili picchi ipoglicemici”.
Da questo assunto appare evidente come la gestione clinica di un paziente con tali comorbidità non potesse essere delegata in toto ai familiari senza un supporto assistenziale quale appunto quello rappresentato a livello territoriale dal servizio A.D.I. 

6.1, Senonchè, quanto sopra, accumula fattualità (presunte) condizionalità concausalita causalita (sviluppatesi sia in ambito ospedaliero che in ambito domestico, e nell’interazione fra essi), anzi tutto in se discutibili come tali,
Comunque decampanti nettamente, non solo dall’oggetto originario della denunzia (sub 1), e da quello integrato (sub 2.1), non solo dall’oggetto profilato dalla (seconda)  richiesta di archiviazione, puntualizzativo di quello profilato dalla ordinanza gip dispositiva di  ctpm, ma, anzitutti, da quello focalizzato dalla ctpm, le divergenze da “ideali” o da “diligenza prudenza perizia”, le uniche materializzanti questo (secondo) giudizio procedimentale.
6,1.1 Oggetto (cumulativo), quindi, quello sopra evocato dalle PO,  esogiudiziale,  comunque, privo di qualunque copertura probatoria procedimentale (anche solo possibilistica), e,  quindi, se atto (in tesi) ad aprire altro procedimento, del tutto inadatto a chiudere  questo.

7. “Per quanto riguarda l’altro punto saliente, l’utilizzo cioè del farmaco ipoglicemizzante Metformina, il cui effetto epatotossico viene ampiamente descritto in perizia e viene altresì indicato, in sede di diagnosi formulata dai sanitari dell’Ospedale …i, come agente causale del gravissimo quadro clinico riscontrato in seguito ad un’intossicazione. Nella perizia si evince che “pur essendo il meccanismo previsto dalla letteratura (meccanismo con cui provoca il danno al fegato) non risulta in cartella un dosaggio del farmaco a partire dalla prima assunzione avvenuta l’8 maggio”. Questo fatto risulta determinante per capire la concatenazione di eventi patologici che hanno condotto al gravissimo quadro terminale caratterizzato da acidosi lattica, grave ipoglicemia e successivamente all’exitus. A dispetto di quanto affermato dal Dr. N, è il caso di affermare che qualsiasi somministrazione di un nuovo farmaco ad un paziente va attentamente valutato complessivamente nel suo rapporto rischio/beneficio in quanto è risaputo che accanto agli effetti terapeutici esistono gli effetti secondari o collaterali, la cui gravità va commisurata secondo vari criteri tra cui le condizioni cliniche del paziente rappresentano i più importanti. Soprattutto nel caso in questione, la grave epatopatia di cui il Dr. N sostiene era affetta la signora M, una cirrosi epatica di stadio avanzato secondo tutti gli score utilizzati allo scopo (Child Pugh stadio “C”, Maddrey’s score pari a 78, Lille score pari a 0,91) avrebbe dovuto suggerire ai sanitari dell’ospedale …… una particolare prudenza nel suo utilizzo, prudenza che non avrebbe dovuto prescindere quanto meno da un dosaggio periodico del farmaco anche in considerazione dei gravi effetti collaterali ampiamente descritti in letteratura come ad esempio l’acidosi lattica, evento che caratterizzò il quadro biochimico terminale. Il processo patologico alla base del grave quadro clinico che ha determinato l’exitus della paziente non è quello genericamente riconducibile ad un’evoluzione catastrofica di un processo cronico quale quello cirrotico, definito in perizia come “insufficienza epatica acuta su cronica”, bensì esso è riconducibile all’intossicazione da metformina come correttamente rilevato dai sanitari dell’Ospedale , che ha innescato una gravissima complicanza, ben nota in letteratura scientifica, chiamata con l’acronimo MALA (Metformin Associated Lactic Acidosis), oltre che la gravissima ipoglicemia. L’acidosi lattica da intossicazione da metformina è un gravissimo squilibrio dell’equilibrio acido-base dell’organismo, che comporta una riduzione del pH del sangue (come rilevato appunto all’Ospedale ….., in cui il pH ematico della paziente risultò pari a 7,071) ossia un’acidosi, gravata da elevata mortalità soprattutto in quei casi in cui coesistono altre potenziali cause di scompenso come ad esempio un’insufficienza renale, anche questa rilevabile dalla creatininemia della paziente, determinata durante il secondo breve ricovero a Lanusei, risultata pari a 2,9 mg/dl. A tal fine, i dubbi espressi in perizia sul ruolo della metformina quale determinante il quadro di acidosi lattica e di ipoglicemia si fondano su due asserzioni entrambe confutabili; nella prima, dove si afferma che non è descritto un aggravamento a partire dalla prima assunzione avvenuta l’8 maggio ma l’aggravarsi dei sintomi appare sin dall’inizio del ricovero rapidamente progressiva”, chiaramente occorre distinguere tra una somministrazione iniziale di un farmaco e la sua possibilità di accumulo fino a causare un’intossicazione. Tale evenienza risulta inevitabilmente legata ad una minor clearence del farmaco come avviene ad esempio in caso di deficit della funzione renale, principale organo di eliminazione dello stesso, evento che la stessa perizia correttamente identifica tra le possibili evoluzioni della malattia cirrotica, definendola “sindrome epato-renale”.
Pertanto, appare evidente che un accumulo di metformina potesse facilmente verificarsi in un paziente cirrotico stante la facilità con cui si verifica un deterioramento funzionale progressivo di vari organi, testimoniato dall’elevato valore di creatininemia riscontrato nel secondo ricovero a …, indicativo per un’insufficienza renale che aveva appunto innescato il grave accumulo del farmaco.
L’altra asserzione riguarda il punto in cui si afferma non è pienamente spiegabile neppure il manifestarsi delle crisi ipoglicemiche in seconda giornata del ricovero al  …. ad oltre 30 ore dall’ultima somministrazione del farmaco. Questo appare in contraddizione con il dato concernente l’emivita della metformina che in letteratura è quantificata in 1.5-3 h in pazienti epatopatici”.
Anche questa apparente incongruenza con il dato dell’emivita del farmaco metformina risulta spiegabile proprio in ragione della sua ridotta eliminazione dall’organismo a causa del deficit della funzionalità renale e quindi del suo conseguente accumulo che ha determinato un eccessivo effetto ipoglicemizzante.

7.1 Ora.
-A parte le risposte in tema,  date nella memoria personale dell’indagato 15 12 2020 , nella memoria personale dell’indagato … , nel  parere pro veritate prof   ( già in atti).
-A parte che la ctpm, nel giudizio causale controfattuale sulla  permanenza dell’evento alla omissione (o alla  differente dimensione) della somministrazione del farmaco, dice che, esso,  non è emettibile.
-A parte che, sulla causalità per irregolarità (trasgressione di regole cautelari concrete) della somministrazione del farmaco valgono  i rilievi sub 2..
-A parte che,  comunque,  non  è  risultato  in alcun luogo etiologico ( di ricerca di cause) del procedimento, che la somministrazione abbia escluso la “sufficienza”, alla causazione dell’evento”, da “sole” (art 41.2 cp),,  delle cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, ad essa;
mentre è noto che solo l’esclusione di quella sufficienza (di quelle cause)  permette,  al  fattore supposto causale,  di essere (se non causale) concausale ; e, quindi,  di partecipare del complesso causale determinativo dell’evento (ad altre condizioni, il fattore non è nemmeno condizionale!).

A parte tutto cio’:

 la somministrazione della metformina ( ed anche il contatto col Centro Trapianti), ricalcarono  Linee Guida,  Raccomandazioni, Buone Pratiche clinico-assistenziali… ?
Se la risposta è affermativa, non foss’altro che alla stregua delle dimostrazioni nei luoghi (qui,  primo cpv) indicati, allora:

8. La Legge 8 marzo 2017, n.24, “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”,  prevede che “gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle Raccomandazioni previste dalle Linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco“. (art. 5).
8.1 Ciò implica (ma  già prima “decreto Balduzzi”: L. n. 189/2012) che le categorie di regole cautelari, dette “leggi… ordini o discipline”, in art 43.3 cp; o la categoria della diligenza professionale in artt.1176, 2236 c.c., rinvengono  matrici e (formulatori di) regole cautelari concrete (rispettivamente) negli enti istituzioni e società…,  e nelle Linee Guida e Raccomandazioni (in art 5 indicato).
8.1.1 ed implica,  inoltre,  che anche “le specificità del caso concreto” possono essere matrici e (formulatori di)  regole cautelari concrete (non predeterminate), in un insieme,  integrativo dl quello appena detto, al quale è attribuità la facoltà (ed imposta la doverosità) di derogare a questo, ove ciò comporti la cautela estrema.
8.1.2 ed implica, infine, che quando le “specificità del caso concreto” patiscano l’assenza del primo e del secondo  insieme, la condotta medica abbia facoltà ( e dovere) di ricorrere a “buone pratiche clinico-assistenziali” (le quali non sono altro che  regole cautelari concrete, espresse, allo stato delle conoscenze, da diligenza,  prudenza,  perizia di origine esperienziale (peraltro,  matrici ammesse, a regolare la condotta dell’operatore,  in artt.43.3 prima parte cp, 1176, 2236 cc).

9. Regole cautelari concrete (eterogenee)  , che sono parse  pienamente ricalcate (in dissenso sul punto da ctpm), nel parere  pro veritate (agli atti) e negli altri luoghi sub .7.1 primo cpv…
E va sottolineato:
9.1 che l’osservanza delle regole cautelari  concrete, poiché negativa della colpa dell’evento (che postula, appunto, ì’inosservanza e la dipendenza dell’evento da essa), esclude la responsabilità del fatto.
 La esclude già in base alla teoria generale dell’illecito colposo (penale e civile).

………………

Pietro Diaz

Risposta ad una domanda, giornalistica, sul ruolo della “presunzione di non colpevolezza” (art 27 costituzione) nella durata del processo penale

Esso dipende dall’uso che della presunzione sia fatto.

1. Se essa  regola la valutazione della prova sia di accusa che di difesa, e comporta che la prima,  ad esempio una informazione testimoniale o una testimonianza (quale che ne sia la fonte)-,  sia dubbia se non verificata;  e comporta che la seconda, ad esempio la dichiarazione dell’accusato, sia indubbia anche se non verificata, allora:

1.1 la fase  delle indagini (preliminari) potrebbe  andare rapidamente ad archiviazioni o a proscioglimenti, quando contenga la prima  con o senza la seconda (e ovviamente quando non abbia nemmeno la prima).

1.1 D’altronde, potrebbe andarvi,  ad archiviazioni  o proscioglimenti,  senza dispersione degli interessi  accusatori, perché, quella fase,  potrebbe essere riavviata quando lo stato della prova di accusa cambiasse.

1.2 Nella stessa fase – ove per lo più (in prassi)  sono assunte le decisioni sulla liberta personale dell’accusato (fortemente incidenti, perché aggravanti, sui tempi del processo)-,  influirebbero assai la prova di accusa e di difesa regolate dalla “presunzione” come detto (sub 1).
Essa deflazionerebbe  l’applicazione delle “misure cautelari” e ridurrebbe quella della pena senza “condanna definitiva” (art 27 cost), applicazione che, pochi lo negano, innesca la collisione più stridente con la  presunzione in discorso.

2. E quanto alla  fase dei giudizi, essa  potrebbe avviarsi rapidamente ad assoluzioni  alle  suesposte condizioni, della prova di accusa e di difesa.
Tanto più che la presunzione  è, lì,  rafforzata dalla regola che ogni prova di accusa è dubbia se non sia andata “al di là di  ogni  ragionevole dubbio” (al di là dove  l’accusato “risult(i )colpevole” e sia perciò condannabile: art 533.1 cpp).

2.1 E anzi, se a quelle condizioni “risult(i)” che il fatto non sussiste,  che l’accusato non  lo ha commesso,  che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato,  la fase dovrebbe pronunciare immediata assoluzione,   per  l’acceleratore  in art. 129.1 cpp .

3. Altrettanto (sub 1 ss.) potrebbe dirsi per qualsiasi altra prova di accusa non verificata:
ad esempio un “corpo del reato” (sostanza attiva, arma efficiente, dubbiamente tali se non verificate);
o (ad esempio) una “cosa pertinente al  reato” (impronta digitale o genetica dubbiamente attribuibili se non verificate). 

4. Peraltro, eccettuati i casi  dei giudizi che assolvano perchè il fatto non sussiste o perchè l’accusato non lo ha commesso, ogni altra assoluzione non intacca gli interessi giuridici delle persone offese che fossero costituite parte civile (a parte che un numero sempre più  esteso di reati, oggi,  è “senza vittime”, non ha persone offese né private né pubbliche!).
E anzi, quando non siano costituite parte civile,  nemmeno le assoluzioni su specificate intaccano  i loro  interessi. Esse sono completamente libere di chiederne tutela  giudiziaria.

4.1 Va peraltro rimarcato, in proposito, che le richieste  di pene esemplari  avanzate (anche mediaticamente) dalla  parti suddette, sono giuridicamente illegittime, perché esse,  nel processo penale,  possono avere ad oggetto esclusivamente diritti,  privati,  a risarcimenti del  danno o a “restituzioni” (ripristini delle situazioni antecedenti i reati). 

 E’ superfluo  notare che  archiviazioni o proscioglimenti della fase delle indagini nemmeno sfiorano  la tutela dei diritti or detti, del tutto illimitata.  


E tuttavia

5. Nella prassi,  la regola della presunzione di non colpevolezza  è inoperante. Tanto che è pensabile  operi la presunzione inversa.

Se ne ha conferma in taluni processi, ad esempio di  usura (che hanno dato avvio alla domanda nel titolo),  dove nemmeno la completa e manifesta frana,  a dibattimento,  della prova di accusa (Il mendacio del denunciante usura è diffusissimo, egli,  debitore inadempiente,  cerca riparo  in esso, anche nella  prospettiva di  lucrare i benefici  economici della “vittime dell’usura”),  spinge il giudice alla immediata pronuncia assolutoria.

E quando ciò, come spesso accade,  porta il reato oltre i termini della prescrizione, il giudice, nondimeno,  la preferisce, alla pur concorrente pronuncia assolutoria, che egli potrebbe, e dovrebbe,   emettere,  per art 129.2 cit.

pietro diaz

TAIANI ed il “vincolo di mandato”.

Con solito piglio militaresco:

…porre “vincolo di mandato” , all’eletto con un partito, che ne impedisca l’esodo… .

Ecolalia (reiterazione compulsiva di detti), scrosciante particolarmente dall’avvento del Grillo, timoroso ( et pour cause) di vie di uscita laterali dalla sua compagine.

Quindi: art 67 della Costituzione (esplicitamente evocato) e pretesa di sua riforma.

Ma la locuzione, concettualmente stravolta dai due suddetti (e da innumeri “pari”), ha poco a che fare con quanto ne prospettino.

Giacchè, tecnicissima per il po’ po’ di giuristi (reali) che la scrissero:
conferito il mandato, dall’ elettore all’eletto, ad agire politicamente in parlamento, non gli fu posto vincolo di contenuto, che fu tenuto libero e discrezionale, nei mezzi e nei fini, (ovviamente) presunti coerenti alle attese dell’elettore.
Né, ove incoerenti, fu previsto “richiamo” (revoca del mandato) dell’eletto, salva la sanzione, elettorale, alla scadenza, del mancato rinnovo.

Quindi assenza di (”senza”: art 67 cit) vincolo (di contenuti) dell’ azione del mandatario. Nulla a che vedere con la libertà (o l’arbitrio) del “cambio di casacca”, col transito da un partito ad altro.

Che riguarda altro rapporto.

Non quello tra elettore ed eletto (che di fatti, “cambiando casacca”, resta parlamentare), ma quello tra associazione (partito) candidante, e associato (anche occasionalmente); comunque, tra organismo candidante e (in ogni modo) candidato (l’”indipendente”, ad esempio).

Che è rapporto di candidatura, con le sue (eventuali) regole, anche giuridiche anche obbligatorie, la cui inosservanza potrebbe arrecare sanzioni.
Mai, tuttavia, tangenti il mandato politico, scorrente esclusivamente nel rapporto elettorato eletto.

E se, per sanzionare il “cambio di casacca”, si operasse sull’art 67 ( imponendo vincolo contenutistico alla azione dell’eletto), si uscirebbe dalla (quasi) totalità delle “democrazie rappresentative”, si entrerebbe nella sfera delle democrazie illiberali o autoritarie, al meno peggio, delle policrazie.

pietro diaz

EPIDEMIA COLPOSA?

Recita l’articolo 438 cod pen :
Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo.
Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena di morte (oggi l’ergastolo).
Recita d’altronde l’art 452 cod pen:
Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:
1) con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte;
2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo;

  1. E quando uno stesso fatto (di reato) è punito sia per dolo che per colpa, esso è identico nella materialità, cambia solo nella “normatività” – perché il secondo aggiunge, al comando del primo, un’altro, una regola “cautelare” del comportamento ( posta in parametri di diligenza prudenza perizia o di conformità a leggi regolamenti ordini o discipline: art 43.3 cod pen)-:
    allora il fatto colposo va interpretato, nella materialità, al modo del fatto doloso, alla stregua degli elementi che lo enunciano.
  2. Ora, questi dicono che è reato il cagionamento di una epidemia mediante la diffusione di germi patogeni.
    Quindi dicono che, del reato, ne è “evento” l’epidemia, ne è “azione” il suo cagionamento, ne sono “mezzo” germi patogeni, ne sono “modo” la loro diffusione.
    Ed è ovvio che la mancanza (anche solo d’uno) degli elementi, o la mancanza della connessione causale (transitiva genitiva…), d’essi, esclude il reato.
    2.1 E’ ovvio nell’epidemia dolosa e colposa, con l’unica differenza (ripetendo con altre parole quanto sub 1), che la determinazione dell’evento avvenga (oltre che materialmente ) anche (normativamente) “a causa di… per” (art 43.3 cit.) inosservanza delle regole cautelari (c.d generiche e specifiche) sopra indicate.

Ebbene

  1. Il profilo materiale della azione del cagionamento mediante diffusione di germi patogeni, è intuitivo.
    E comunque è prefigurato già nella lavorazione del Codice, dal Guardasigilli A. Rocco :
    “Si è riconosciuta la necessità di prevederlo nel Codice, in rapporto alla enorme importanza che ormai ha acquistato la possibilità di venire in possesso di germi, capaci di cagionare una epidemia e di diffonderli”.
    Esso evidenzia possesso, di germi – non nel senso della incorporazione (dell’essere, il reo, “posseduto”, da germi), ma- nel senso civilistico della detenzione, di germi, che passi alla loro diffusione verso la epidemizzazione.
    3.1 Il contrario di quanto vorrebbe taluna Cassazione, inadempiente alla lettera alla logica e alla storia della legge, vogliosa della sua espansione in cerca di maggiore punibilità.
    Anche perché, fosse come pretende, dato che la diffusione del germe, il contagio, va da persona a persona (vd infra), pare arduo ritenere la condotta del primo responsabile di quella dell’ultimo (della popolazione progressivamente contagiantesi), scandente l’evento di epidemia.
    E sia per dolo, ovviamente, che per colpa (giacchè estraneo, quell’evento, ad ogni prevedibilità e prevenibilità dal primo).
    E tanto più perchè la catena causale seguente la condotta del primo sarebbe da sola sufficiente a determinare l’evento, escluderebbe, cioè, il rapporto causale tra quella e questo (art 41.2 cp).
    Il che non esclude, ovviamente, che l’autore del fatto possa (con dolo o per colpa) diffondere germi manovrando (per azione o per omissione), persone infette.
    3.2 Intuibili (esperienzialmente) sono anche i germi patogeni (mezzo della azione, oggetto della diffusione), microrganismi capaci di innescare malattia infettiva.
    E comunque, secondo lo ISS (Istituto Superiore Sanità): “patologia causata da agenti microbici che entrano in contatto con un individuo si riproducono e causano una alterazione funzionale” (non sempre ravvisabile, invero, questa, ad esempio, negli innumerabili “positivi sintomatici” al Covid, tanto meno negli “asintomatici”).
    3.3 Così come è intuibile la “diffusione” (potenzialmente) epidemica. Quella che determini una propagazione rapida per un numero significativo di persone.
    3.4 Ed è intuibile anche l’epidemia.
    Che, spiega ISS (anche per esclusione):
    “in base alla suscettibilita della popolazione e alla circolazione del germe, [è] una malattia infettiva [che] può manifestarsi in una popolazione in forma epidemica endemica o sporadica”.
    Ove è palese che, essa, è esclusa nella terza forma e nella seconda (che suppone una malattia permanente, stabilita nella popolazione) .
    3.4 Mentre non è subito intuibile ( anche perché è stato oscurato dalle dissertazioni correnti), la potenza della patogenesi del germe la cui diffusione sia epidemizzante.
    Perché è da commisurare, attentamente, alla “deriva(bilità)” (art. 438.2 co pen), dalla epidemia, della “morte di più persone” (non una ma più persone!).
    Cioè, alla sua letalità.
    Ed è da commisurare alla potenza delle pene (che manifestamente la significano); come visto in avvio:
    l’ergastolo, quando l’epidemia dolosa non induca le morti.
    La pena di morte (poi nel 1944 tramutata in ergastolo) quando le induca.
    La reclusione fino a dodici anni quando l’epidemia colposa induca le morti; o fino a cinque anni quando non le induca.
    Potenza, delle pene, implicativa di grandezze di offesa (del bene giuridico della “incolumità pubblica”: Libro II Titolo VI cod pen) cagionativa (almeno) di alterazioni funzionali (vd sopra sub 3.2), quando non induca le morti (che d’altronde, e ciò accresce quelle grandezze, sono ascritte oggettivamente, debbono essere non volute, nella epidemia dolosa- giacchè, se fossero volute, erigerebbero reato di Strage ex art 422cod pen-).
    3.5 Morti, d’altronde, che, se supposte derivate da un germe (ad esempio il Sars-CoV-2, che, invero, secondo gli ultimi dati pubblicati dall’OMS, esibirebbe una letalità complessivaintorno al 2,08%: valore inferiore al 9,6% osservato per il SARS-CoV, coronavirus che si è diffuso da novembre 2002 a luglio 2003 in 30 paesi/regioni infettando 8.098 persone e uccidendone 774; e decisamente inferiore al 34,4% registrato per il MERS-CoV, altro coronavirus che si è diffuso in 27 paesi/regioni da settembre 2012 a settembre 2019, infettando 2.494 persone e uccidendone 858): dovrebbero esserlo secondo l’etiologia penale per la quale, o il rapporto causale (concreto) vanta un modello astratto (ricavato dal fatto che sempre, o quasi sempre, il germe è letale), o non è affermabile.
    E se supposte, le morti, derivate da altri fattori (preesistenti simultanei sopravvenuti) coesistenti con un germe, o, questo, esclude la “sufficienza” (art.41.2 cod pen), di quelli, alla derivazione delle morti, è cioè (con)causale (è causale il fattore che contenga l’evento e, sollecitato, lo espella; causale, in specie, è il germe letale secondo il modello).
    Oppure è fenomenico, non ne responsabilizza il diffusore.
    3.5.1 Sebbene implicito, è opportuno ribadire che il suesposto excursus causale materiale è comune all’epidemia dolosa e colposa, differenziandosi, rispetto a questa, solo (come cennato) per l’aggiunta della inosservanza di una regola cautelare, selezionante gli estremi della causalità rilevante, particolarmente, il rapporto tra l’azione e l’evento (i quali non potrebbero non essere quelli che la regola cautelare ha previsto e si è proposta di evitare).
  2. Poichè si è cennato sopra all’epidemia da Covid, non è inopportuno vedere come ne illustri la diffusione lo ISS. “Secondo l’OMS la trasmissione delle infezioni da coronavirus, incluso il SARS – CoV-2. avviene attraverso contatti ravvicinati tra persona e persona per esposizione delle mucose buccali o nasali o delle congiuntive di un soggetto suscettibile a goccioline contenenti il virus emesse con la tosse, gli starnuti il respirare e il parlare di un soggetto infetto. Il virus può anche essere trasmesso per contatto indiretto come ad esempio attraverso le mani contaminate che toccano bocca, naso, occhi, ovvero con oggetto e/o superfici posti nelle immediate vicinanze di persone infette che siano contaminate da secrezioni (es. saliva, secrezioni nasali, espettorato). I dati disponibili portano ad escludere la trasmissione per via aerea, a parte situazioni molto specifiche, di interesse ospedaliero (formazione di aerosol durante manovre di intubazione, tracheotomia, ventilazione forzata).”
    Dove, quindi, distanza interpersonale ed igiene delle parti anatomiche esposte al contatto di corpi contaminati da escreti infetti, parrebbero sufficienti alla prevenzione (attiva e passiva) della infezione.
    La esclusione della trasmissione per via aerea della infezione, d’altronde, influisce sul “RO”, il parametro della malattia infettiva (esordiente), il numero di riproduzione di base, “il numero medio di infezioni secondarie, prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile, cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente”. Chiarisce lo ISS che “RO è funzione della probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una persona infetta ed una suscettibile, del numero dei contatti della persona infetta e della durata della infettivita’”).
    Influisce, si diceva, perché germi aerotrasportati avranno un potenziale epidemico ben più elevato di altri trasferiti per contatto.
    Dunque
  3. rispondendo all’interrogativo del titolo (in relazione alla epidemia “evento del reato”):
    Se è infettabile e poi epidemizzabile una popolazione “suscettibile” (cioè non infetta), non è epidemizzabile una popolazione epidemizzata (tanto meno pandemizzata).
    Quindi, ipotizzare (così come paiono inclini a fare taluni inquirenti), epidemie dolose o colpose in territori endemizzatiati, è ardito, temerario, sia sostanzialmente che probatoriamente.
    Di fatti:come pensare e provare, e anzitutto individuare, l’evento della azione particolare se esso, addirittura massificato, le preesiste?
    E, reciprocamente, come pensare e provare, e anzitutto individuare, l’azione, causale rispetto al proprio evento?
    5.1 E’ chiaro che per pensare, e provare, azione ed evento epidemizzaanti, in epidemia (o pandemia), è necessario che la diffusione del germe inneschi un distinguibile focolaio di infezione, cagionativo per estensione di distinguibile epidemia, in popolazione (ISS sopra) “ completamente suscettibile, cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente”.
    Un esempio potrebbe rinvenirsi nella realtà carceraria: 77 su 190 (circa) istituti sono stati invasi da Covid, con distinguibile (azione)focolaio, cagionante, diffondendosi, distinguibile (evento) di epidemia, su “popolazione suscettibile”.
    5.2 In mancanza di tale condizione, la “alterazione funzionale” dell’infettato, dolosa e colposa, va (rispettivamente) in artt. 583, 590 cod, pen. La morte dell’infettato, dolosa e colposa, va (rispettivamente) in artt. 575, 589 cod pen.
  4. Alcuni organi di Polizia hanno minacciato di accusare di “epidemia colposa” chi trasgredisse “il divieto assoluto [in art 4.6 DL 25 marzo 2020 n 19 ndr] di allontanarsi da propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus”.
    In realtà, il trasgressore è accusabile di contravvenzione, punibile , ex art 260 RD 1265,1934 (Testo unico delle leggi sanitarie),
    Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a 800.000.
    pietro diaz