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Sull’ art.195 c.p.p.

1. Tizio è imputato del delitto di cui all’art. 372 c.p. “perché, escusso come testimone davanti al Tribunale per i Minorenni di Beta nell’udienza dibattimentale affermava il falso dicendo che Caio non entrava nello spogliatoio della palestra per cambiarsi”;

2. Tizio, professore di educazione fisica di Caio, nel corso dell’anno scolastico X/Y ha deposto sulla modalità di svolgimento del cambio abiti degli studenti durante l’ora di ginnastica e, in particolare, sul comportamento del Caio e sulla frequentazione dello spogliatoio della palestra da parte di costui;

2.1. si osservi che Tizio è stato professore di Caio per solo nove mesi (anno scolastico X-Y), mentre negli altri due anni indagati nel procedimento ove le false dichiarazioni sarebbero emerse, insegnante di educazione fisica di Caio è stato Sempronio, anche egli sottoposto a indagini per il medesimo reato ex art. 372 c.p. per avere affermato che Caio non entrava negli spogliatoi della palestra, con successiva archiviazione del procedimento;

3. il Tribunale per i Minorenni, nella motivazione della sentenza di condanna (per reato di violenza sessuale ai danni Caio) ha rilevato “la sostanziale inattendibilità” della testimonianza di Tizio (ma altresì di Sempronio e di altri) nel passaggio in cui escluderebbe che Caio entrasse nello spogliatoio della palestra per cambiarsi;

3.1. in specie, la sentenza de qua, con riferimento, tra gli altri a Tizio, afferma:

3.2. “Tutti e tre, evidentemente consapevoli che l’asserito svolgimento dei fatti all’interno degli spogliatoi della palestra prima e dopo lo svolgimento dell’ora di educazione fisica, implicava l’omesso controllo di quanto accadeva all’interno dello spogliatoio, ed in particolare i tempi di accesso dei ragazzi alla palestra, sono incorsi in incaute affermazioni, smentite persino dagli stessi compagni degli imputati”;

ora, preliminarmente si osserva:

4. il codice di rito regolamenta il procedimento che deve essere osservato quando appare che il testimone violi l’obbligo di rispondere secondo verità e, in specie, allorché il Giudice ravvisi indizi di reato di falsa testimonianza in sede di valutazione complessiva del materiale probatorio raccolto;

4.1. in particolare, quando reputi che il teste abbia reso dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il Giudice, con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, ne informa il Pm, trasmettendogli i relativi atti;

4.2. in altre parole, la rilevazione della notizia di reato, la formazione del suo contenuto, la trasmissione (diretta o indiretta) all’organo della azione penale, nel caso di specie,  appartengono alla “competenza funzionale” del Giudice della deliberazione della sentenza di merito;

4.3. orbene, nella sentenza de qua, non solo il decidente non esplica tale “competenza”, in nessuna delle sue componenti, ma nemmeno (incidentalmente) ravvisa la falsità della testimonianza, tanto meno per “affermazione del falso” (come in imputazione), giacché si limita a notare che la dichiarazione dell’interessato sarebbe stata “sostanzialmente inattendibile”, qualità bene altra rispetto a quella tipizzata in art. 372 c.p.;

4.4. per cui la “notizia di reato” è rilevata da altri, per iniziativa lesiva di quella competenza, e nella misura in cui ciò rifletta anche (essendone condizione) sulla iniziativa della azione penale, la difformità di questa dal modello legale ne comporta invalidità ex art. 178, co. 1 lett. b) c.p.p. (d’altronde l’assenza del potere dell’atto porta alla inammissibilità di esso);

5. d’altronde, se la “competenza funzionale” del Giudice si fosse esplicata ex art. 207, co. 2 c.p.p. (rilevando formando trasmettendo la notizia di reato) si sarebbe esplicata ancor prima ex art. 207, co. 1 c.p.p. (avviso al teste, avvertimento di cui all’art.497, co. 2 c.p.p.); anzi non avrebbe potuto esplicarsi quella senza questa (la norma, emersi “indizi di reità” in capo al teste, impone al Giudice di far rilevare a costui che le sue dichiarazioni sono contraddittorie, incomplete o contrastanti con altre risultanze, rinnovandogli eventualmente l’avvertimento dell’obbligo di dire la verità);

5.1. questa, con quella, oltretutto, volte al perseguimento di altri scopi, quelli di rimozione della falsa testimonianza in giudizio, mediante induzione, con gli avvisi e i richiami e le sollecitazioni in art. 207,co. 1 c.p.p., della ritrattazione di essa;

5.2. ritrattazione peraltro integrante causa di non punibilità ex art. 376, co. 1 c.p.;

5.3. della quale il testimone avvisato di falsità, peraltro, aveva il diritto di avvalersi (“non oltre la chiusura del dibattimento”);

6.4. testimone che quindi aveva diritto di non essere incriminato se non a stregua e a seguito del procedimento indicato;

6.5. diritto assistito processualmente dalla comminatoria di invalidità degli atti che lo violassero ex art. 178, co. 1, lett. c) c.p.p.;

inoltre, nel merito si osserva:

7. Tizio è imputato del delitto ex art. 372 c.p. nella forma, secondo la lettera dell’imputazione, della “affermazione del falso”, ma in verità addebitando a costui non la difformità positiva tra  dichiarazione e scienza, cioè di avere finto una percezione sensoria che realmente non ha avuto, bensì di avere occultato (difformità negativa tra dichiarazione e scienza) un fatto che si assume a lui noto (“dicendo che Caio non entrava nello spogliatoio della palestra per cambiarsi”);

7.1. tuttavia, il reato imputato, nella forma de qua, sussiste materialmente allorché il testimone neghi che un fatto o una circostanza, realmente avvenuti in determinate circostanze di tempo e di modo, e a lui note, siano avvenuti in quel tempo e in quel modo (Manzini);

8.  difetta, allora, in specie, la materialità del fatto delittuoso imputato a Tizio, se costui, interrogato genericamente in merito alla presenza di Caio nello spogliatoio e non rispetto a un giorno e a un episodio specifico ad essa connesso, ha fornito risposte di tipo ponderale, aspecifiche, descrittive di una condotta consuetudinaria, peraltro mutata nel tempo, ben lungi dal contenere, le risposte cennate, una esclusione assoluta della circostanza che l’imputazione assume negata;

                                                                               Carlo Manca e Simona Todde con Pietro Diaz