Archivio mensile:Ottobre 2014

“Attività diversiva”, per di più “senza tempo”, della PA e “atto del suo ufficio” ex art 328.2 cp

1. la disposizione in art. 328 cp dà, mediante lo strumento penale, impulso alla “attività”,  della PA, doverosa, affinché non sia rifiutata né omessa;
1.1 nel perseguimento degli interessi pubblici che la PA abbia in gestione;
1.2 mentre nel primo comma la doverosità della attività è “solo” “endogena”, è “solo” interna alle norme di questa e genera da sé, quando maturi (alle  condizioni previste), il “rifiuto” di essa;
1.3. nel secondo comma la doverosità della attività  è anche  “esogena”, è anche esterna alle norme di questa e, quando maturi (alle condizioni previste), genera la “omissione” di essa anche mediante la sollecitazione di chi (non immancabilmente soggetto privato) vi “abbia interesse”;
1.4 la omologia (infra)sistematica or cennata, per cui è l’adempimento della doverosità della attività della PA (pur nella differenza delle condizioni “genetiche”) l’oggetto della “garanzia penale”, impone di ritenere:
1.4.1 la stessa doverosità, della attività, sia nel primo che nel secondo comma della disposizione;
1.4.2 lo stesso adempimento, quale  compimento della attività ;
1.4.3 lo stesso inadempimento, quale non compimento della attività (benchè sotto specie di “rifiuto”,  nel primo comma,  di “omissione” nel secondo comma);
1.5 d’altronde, la chiarezza espressiva di essi è pari:
1.5.1 non è rifiutata e non è omessa (soltanto) l’attività compiuta;
1.5.2 la prima entro il termine “endogeno”, la seconda entro il termine “esogeno”, “di trenta giorni decorre(nte) dalla ricezione della richiesta…” (termine che suppone il decorso di quello “endogeno”, il “ritardo”, quindi, del compimento della attività);
1.6 dalla premessa dovrebbe desumersi (rettamente) che  la (non infrequente in taluna prassi) sostituzione della (particella) congiuntiva “e” (posta nella disposizione: “non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo…”) con la (particella) congiuntiva “o”, sia  interpretativamente impropria:
1.6.1 per quella premessa, cioè, si avrebbe omissione di attività, quando essa non sia compiuta “e” non siano “espo(ste)  le ragioni del ritardo…(del compimento), già corrente;
1.7.1 se così fosse, nella specie:
1.7.2 la attività non sarebbe stata compiuta entro il termine “endogeno” e non sarebbe stata  compiuta entro il termine  “esogeno”;
1.7.3. entro il termine “esogeno” non  sarebbero state  (neppure) esposte le ragioni del ritardo del compimento;
di fatti (e ben altrimenti):
1.7.4 è stata compiuta attività (la indizione della “conferenza…”) non corrispondente a quella dovuta e richiesta;
1.7.4.1 né corrispondente alla esposizione delle ragioni del ritardo: esposizione che consta di una informazione esplicativa, non consta neppure implicitamente di “attività” amministrativa; integra l’adempimento di un debito procedurale, tra parti, interagenti e intercomunicanti, di un procedimento, del procedimento amministrativo “a partecipazione totale”, da ogni interessato (agente o petente o paziente), non per caso  coevo (1990) della legge relativa (“la 241”);
1.8 d’altronde, la attività “diversiva” (la indizione della “conferenza”… era illegittima:
1.8.1 non solo proceduralmente (essendo attuabile in fasi nettamente anteriori a quella di specie);
1.8.2 ma anche sostanzialmente  (per le cause sub 2);
1.8.3 come non adempiva l’atto dovuto, non adempiva (nemmeno) la esposizione delle ragioni del ritardo:
-non solo perché neppure implicitamente “comportamento” informativo, tenuto nondimeno, giuridicamente, ad essere esplicito (“espo”sitivo, informativo ex sé non esortativo alla interpretazione di sé)…
– ma anche perché, illegittimo ut supra, invalido, inabile a contenere e a dare “ragioni….”;
1.8.4 per cui, congiuntiva o anche disgiuntiva (al contrario di quanto sub 3.6) la particella “e”, quel comportamento (che origina direttamente, in questo caso, dalla disposizione penale, indirettamente dalla legge del procedimento amministrativo), ha omesso la esposizione or detta;
ed il reato è pienamente integrato.

P. Diaz

“Denunciante delitto di falsa testimonianza non sarebbe persona offesa?”

CORTE DI CASSAZIONE

Dichiarazione e motivi di ricorso per cassazione del decreto di archiviazione emesso dal G.I.P. del Tribunale di Sassari in ordine al procedimento n. ……. per il reato di cui all’art. 372 c.p., a carico di …………., proposto nell’interesse del sig. …….., persona offesa dal reato.

Nel decreto di archiviazione oggetto di ricorso si assume come inammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dall’interessato, poiché in relazione al delitto di cui all’art. 372 c.p. l’opponente non rivestirebbe la qualità di persona offesa.

Tale esclusione in fatto del privato offeso dalla soggettività passiva prevista e protetta nella fattispecie astratta di falsa testimonianza si traduce in una inosservanza della legge penale nei termini che seguono:

1. l’interpretazione restrittiva che il GIP di Sassari ha fatto propria, inattaccabile per quanto attiene ai delitti di falso “in senso stretto”, quelli contro la fede  pubblica di cui  Tit. VII c.p., si traduce nel caso del delitto di cui all’art. 372 c.p., – che delinea tutt’altro tipo di falso, per sua natura strumentale  al perseguimento di un evento offensivo concreto a direzione individuale, mediante l’alterazione del corso ordinario e del corretto funzionamento dell’attività giudiziaria, – in una rivisitazione espansiva coerente con il sistema processuale (-penale) del codice Rocco, ma contrastante ad oggi con il sistema accusatorio delineato nel 1988 e, soprattutto, con il nuovo assetto internazionalistico assunto dal nostro sistema costituzionale-penale, il quale si trova a doversi adeguare al frenetico intervento giurisdizionale-normativo della Corte EDU.

1.1 Il disconoscimento operato dal GIP di Sassari della qualità di persona offesa nell’offeso in concreto dal reato di cui all’art. 372 c.p. appartiene al tempo del modello inquisitorio ante-Costituzione e ante-Riforma cui si attagliano oltre alla tutela in sé e comunque del corretto funzionamento dell’attività giudiziaria di cui al Tit. III Capo I c.p., ……….

Marta Diaz