1. Una paralogia tende a fagocitare, in prassi, la norma giuridica, divulgando che:
1.1 poiché l’art. 74 cpp ammette alla azione civile in processo penale il “soggetto al quale” il reato abbia “recato danno”, non la “persona”, alla quale il reato abbia fatto altrettanto, ammessa in vece dall’abrogato art. 22 cpp, allora:
1.2 il primo sarebbe altro, dalla seconda, e (per ciò) avrebbe un diritto altro o ulteriore o diverso, da quello della seconda, tale (altro ulteriore diverso) anche da quello difeso dal reato, del quale senz’altro è titolare la “persona” (per ciò “offesa” dal reato: art. 120 cp );
2. è certo che la divulgazione, prima di esordire, né si è interrogata sul senso e le ragioni di quelle variazioni nominali (dall’art. 22 all’art. 74 citt.), né, tanto meno, ha prestato ascolto ai LLPP dell’art. 74; se avesse compiuto l’uno o l’altro atto, avrebbe tosto appreso che, la variazione lessicale era stata studiata:
2.1 per risolvere l’antica disputa se “persona” potesse essere, oltre quella fisica – individuale, quella collettiva non giuridica (potendo certamente esserlo quella giuridica, “persona giuridica”) e si era deciso di chiamarla “soggetto” perché meglio generalizzante, comprensivo,
2.2 e per risolvere l’antica disputa se “erede” (dell’art. 22) potesse essere anche il “successore” della persona collettiva giuridica o non giuridica (come si sforzava di sostenere, al limite del lessico, la giurisprudenza del tempo), e si era deciso di chiamarlo “successore universale”, perché meglio generalizzante, comprensivo.
2.3 e, quando lo avesse appreso, avrebbe evitato di alienarsi alla interpretazione ed alla norma; o di farlo con rimarcabili eccessi.
3. ad esempio, si è giunti a rilevare che tra i “soggetti” del processo (si suppone quelli del Lib. I TT. I ss cpp), altra sarebbe la “persona offesa”, altra la “parte civile”, per cui, questa non si identificherebbe in quella, potrebbe identificarsi in altro soggetto;
3.1 il quale quindi, necessariamente, non avrebbe le facoltà e i diritti (art. 90 ss cpp) della persona offesa (talora, perfino, garantiti da sanzioni processuali di nullità e di inutilizzabilità, a segno della loro rilevanza), non li avrebbe nè rispetto al “procedimento” né rispetto al “processo”!
3.2 contemporaneamente la “parte civile”, che dovrebbe esordire nel “processo” preparandosi nel “procedimento”, preparare quello passando per questo, non discendendo da quella “persona”, essendo “soggetto” altro dalla persona offesa, dovrebbe venire al processo uscendo dal nulla, entrare nell’agone impreparata, gettarvisi temerariamente….;
3.3 effetto che non pare apprezzabile, raziocinante: o la parte civile, soggetto al quale il reato ha recato danno, è persona offesa, e si identifica in questa, oppure sarebbe ospite, in vece che attore, del processo penale: (esemplificando) non avrebbe diritto a citazione, né all’eventuale giudizio preliminare né a qualsiasi giudizio di merito (per “citazione diretta”, “presentazione” dell’imputato a giudizio direttissimo…); conseguentemente, quando si affacciasse ai giudizi, lo farebbe per “intervento volontario” ( tuttavia, processualmente previsto solo per il responsabile civile): ignoto al processo perché ignoto al diritto, penale, che va al processo soltanto con soggetti noti, a sé stesso, e tali in quanto siano espressi nelle sue fattispecie incriminatrici, sul lato della soggettività attiva e su quello della soggettività passiva (eventualmente plurima, in fattispecie “plurioffensiva”), purchè espressamente tale, anche se per fattispecie accessoria circostanziale [si pensi al proprietario dell’abitazione nella quale sia derubato un abitante: artt. 624, 625 cp)]; espressamente tale, a scongiurare immigrazioni clandestine, clandestini, “soggetti passivi” ignoti alla fattispecie penale improvvisamente materializzantisi in quella processuale in (mentite) spoglie di soggetti ai quali il reato avrebbe recato danno!);
3.3.1 ed evitato il quale (effetto) riprende a consonare ( penalisticamente), che chi stia nella soggettività passiva del reato perché in rapporto giuridicamente qualificato col bene difeso, è persona offesa; che è “persona offesa” il soggetto al quale il reato ha recato danno; che è parte civile chi agisca civilmente in processo penale per la restituzione da, o il risarcimento di, esso;
3.4 nei limiti soggettivi delle fattispecie incriminatici, limiti, d’altronde, anche della cognizione del giudice penale, che è ammesso a conoscere la fattispecie incriminatrice sia nella parte attiva, quella che ha commesso il reato, sia nella parte passiva, quella che ha subito il reato, e quando queste due parti si soggettivassero, come per lo più accade (esclusi i reati senza offesa o ad offesa soggettivamente indeterminata: offesa del “pubblico”, vd infra), egli, dicevasi, sarebbe ammesso a conoscere di costoro, non di altri, perché di altri, e dell’altro relativo, conoscerebbe altro giudice, di altro sub-ordinamento, di altra giurisdizione ( se la parte passiva, con la sua soggettività, si protendesse oltre l’ambito di offensività della fattispecie penale, cadendo in altre fattispecie, solo il giudice di queste, non di quella, sarebbe competente).
3.5 d’altronde, le ammissioni al procedimento ed al processo penale sono determinate dal pubblico ministero, che ha obbligo di ammettere l’ammissibile, a pena di nullità del subprocedimento inammettente (con la conseguenza che le ammissioni sono fatte riparatoriamente anche dal giudice che annulli quel subprocedimento o che “rinnovi” una citazione, su eccezione di parte o di ufficio) e di non ammettere l’inammissibile (con la stessa conseguenza, a termini più o meno invertiti).
3.6 per conseguenza starebbero dalla parte passiva del reato, e attiva del procedimento o del processo coloro che fossero lì ubicati dal pubblico ministero, il quale, peraltro, non potrebbe appellarli se non persone offese o loro successori. Appellarli così fin dalla iscrizione nel registro delle notizia di reato, su per gli atti adducenti alla imputazione, fissandoli qui insindacabilmente, sia in quanto destinatari che in quanto emissari di atti processuali, destinatari tutti d’altronde di posizioni giuridiche passive ed attive, animanti e formanti la intera vicenda processuale;
4. ciò stigmatizza anzitutto la pretesa di Figc, ignota quale soggetto passivo dell’evento alla imputazione ed al reato in capo G, tanto da essere nota ad esso quale soggetto passivo della condotta (generativo, appunto, di danno ricadente su altro soggetto, il Coni), ignota come tale financo alla fattispecie incriminatrice astratta, in art. 640 bis cp, che conosce soltanto Stato ed Enti pubblici (diversi da esso), e che esattamente lo ha indicato al PM quale elemento della (soggettività passiva della imputazione),
4.1 mentre Fi stessa, nell’atto di costituzione, si qualifica come associazione con personalità giuridica di diritto privato, cooperante l’attività dell’Ente pubblico ma non pertanto assumentene la qualità soggettiva e funzionale, e neppure condividente essa ( i tentativi di profilare una accessorietà soggettiva e funzionale mutuativa delle qualità dell’Ente acceduto non conseguono il fine per riconoscimento tacito dell’attore medesimo), in somma Figc, associazione privata di diritto privato non ente pubblico di diritto pubblico, che tuttavia pretende di essere (non piè eloquentemente che) “danneggiato materiale” e “non materiale e/o di immagine”, e di agire quale parte civile nel processo per esso (d’altronde, che il reato contro il patrimonio de quo difenda l’”immagine” del leso patrimonialmente, al pari del reato contro la persona, è asserto che marca platealmente l’inaderenza al sub-ordinamento di specie).
Pietro Diaz